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«Ci sta già lavorando», concluse Mladris.

Bhuraelea fece una smorfia. «Probabilmente ha iniziato appena ha messo piede fuori dalla Camera della Corte», rispose. «Lady Oluevaera mi ha riferito che quando è intento a perseguire uno scopo, è come se avesse i paraocchi. Potremmo danzare nude attorno a lui e cantargli seducenti canzoni all’orecchio, ma egli si limiterebbe a mormorare quanto sia piacevole avere intorno una tale energia e ci chiederebbe di passargli per favore questa e quella polvere!»

«Oh, dei», implorò Mladris roteando gli occhi «fate che non diventi tanto vecchia da ridurmi in quel modo».

«Il tuo desiderio sarà esaudito», esclamò compiaciuta una voce glaciale.

Un istante più tardi Faerûn esplose in un numero infinito di fulmini scoppiettanti e luminosi che sfrecciarono feroci nell’aria fino a colpire le maghe vacillanti e ammutolite, per poi proseguire la loro corsa. Mladris e Bhuraelea furono scalzate dai loro stivali finemente lavorati e scagliate in mezzo ai rovi; dalla bocca usciva loro fumo e dagli occhi fiamme intermittenti.

Persino Elminster fu colto di sorpresa: come aveva fatto a non vedere il mago elfo dalla faccia crudele, quella colonna vendicativa di nebbia che ora si stava solidificando sopra il giardino intricato? Nuvole luminose provenienti da ogni direzione si univano alla forma del mago, sempre più consistente. Mentre cresceva in altezza e diventava più solido, continuava tranquillo a colpire le sue due vittime, ora gementi, con una successione di fulmini sfrigolanti, non lasciando loro tempo di riprendersi o di fuggire.

Il mago avanzò a mezz’aria con andatura spavalda e una pioggia di scintille gli fuoriusciva dalle mani. El sentì un dolore pungente quando esse attraversarono il suo corpo immateriale. Aggirò allora il mago, avventandosi su di lui e gridando inutilmente.

La barriera più interna non era affatto una barriera, ma la forma vigile e nebulosa del mago, in attesa di aiuto, intenzionale o meno!

«Haemir Waelvor, al vostro servizio», esclamò l’elfo rivolto alle due signore, quando i loro corpi escoriati e tremanti furono tanto avvolti dai fulmini da non potersi nemmeno muovere. «Gli Starym sembrano essere in ritardo; forse volevano che facessi il lavoro sporco prima di degnarsi di apparire. Poco importa, ora che le vostre energie vitali nutrono il mio scudo. Siete qui per proteggere quel rammollito del vecchio Mythanthar, scommetto? Che peccato: sarete proprio voi la sua morte».

Bhuraelea riuscì ad emettere un grugnito di protesta; piccole fiamme nere le fuoriuscirono dalla bocca. Il corpo di Mladris penzolava flaccido, gli occhi scuri, aperti e fissi nel vuoto. Solo la pulsazione della sua gola indicava che era ancora viva.

El sentì un impeto di rabbia crescere dentro di lui come una marea purpurea, impaziente di riversarsi all’esterno. Si voltò pesantemente, lasciò che la rabbia si trasformasse in energia distruttrice, e finalmente esplose in una lunga e silenziosa carica, che lo portò attraverso i fulmini che immobilizzavano le due maghe, diritto verso Waelvor.

A metà strada si inarcò e si mise a strillare silenziosamente per il dolore e la sorpresa. Riusciva a sentire i fulmini! E anche il mago poté vedere e sentire il suo contatto; Haemir socchiuse gli occhi vedendo i suoi fulmini improvvisamente oscurati. Perché si comportavano in quel modo?

Waelvor serrò forte le labbra. Era il vecchio Mythanthar, o qualche altro ficcanaso? Poco importava. Ringhiò alcune parole, e agitò la mano per formulare un rapido incantesimo che mandò una decina di spade roteanti verso l’interferenza.

El guardò le spade apparire e cozzare a terra dietro di lui, al che si sollevò sopra i fulmini, dolorante ma esilarato. Parte della loro energia stava vorticando dentro di lui, solleticandolo spiacevolmente, facendogli uscire scintille dagli occhi e dalla bocca.

Waelvor spalancò gli occhi per la sorpresa quando percepì la sagoma indistinta, attraversata dai fulmini, di un elfo – o di un umano? – un attimo prima che questa si abbattesse su di lui.

El colpì con tutta la sua forza, sferzando e squarciando, nel tentativo di sopraffare Haemir Waelvor con la semplice ferocia. Quando «toccò» il mago, non percepì solidità, bensì solo formicolio mentre i fulmini uscivano dal suo corpo immateriale, poi avvertì un dolore bruciante quando gli incantesimi intrecciati del suo mantello cercarono di farlo a pezzi.

Quando Elminster rotolò nell’aria gridando silenziosamente dal dolore, Waelvor scosse il capo, ruggendo, e i suoi stessi fulmini gli uscirono arrotolati dalla bocca. Le sue pupille si fecero improvvisamente biancastre e luccicanti come un opale bianco: uno sguardo che El aveva veduto l’ultima volta anni addietro, negli occhi di un mago caduto vittima del suo stesso incantesimo.

El scosse a sua volta la testa e gridò ancora, cercando di riacquistare il controllo sulla sua forma distorta dal dolore. Dunque era in grado di far male, o almeno di generare confusione e dolore alla gente che attraversava, possibile?

Rabbrividì e volò verso un punto d’osservazione distante, consapevole di non poter far nulla per aiutare le due maghe, che giacevano inerti, ma finalmente liberate dai fulmini.

Doveva assolutamente sapere quanto tempo sarebbe occorso a un mago per riprendersi, e se passare attraverso il suo corpo mentre sferrava un incantesimo avesse rovinato il sortilegio.

Mystra, fa che quest’elfo impieghi tanto tempo a riprendersi, mormorò Elminster in fervente preghiera. Ma sembrava che Mystra, quel giorno, gli fosse avversa, o per lo meno che fosse dura d’orecchie: Haemir stava già barcollando e imprecando debolmente, una mano tesa per saggiare i dintorni, e una sulla testa. Il principe fantasma fu molto tentato di farsi coraggio e di lanciarsi nuovamente nel mago, ma doveva assolutamente conoscere che tipo di danno gli aveva causato. E quell’elfo borioso non aveva forse accennato all’imminente comparsa degli Starym? Sarebbe stato meglio non rendersi chiaramente visibile se fosse arrivato un gruppo di maghi crudeli, in cerca di guai.

Waelvor scosse piano il capo per schiarirsi le idee, e le sue imprecazione si fecero più forti.

Sembrava stesse per riprendersi, mentre El era ancora molto dolorante in ogni parte del corpo.

Che Mystra lo maledicesse. Avrebbe ridotto in cenere le due maghe mentre l’ultimo principe di Athalantar stava a guardare sopra di lui, senza speranza di poterlo fermare!

Naturalmente, rifletté con ironia Elminster, un istante più tardi le cose avrebbero potuto peggiorare, e molto. In quel momento, per esempio.

Una dopo l’altra, le barriere esterne vennero meno: si spaccarono in un punto con un’esplosione silenziosa di scintille, e da li scomparvero verso l’esterno. Il centro e la causa di tale distruzione era qualcosa di simile a un’alta fiamma nera, che prontamente si divise oltrepassando l’ultimo campo magico, e svanì per rivelare tre elfi di alta statura e dai lineamenti fini, avvolti in tuniche, le cui fasce di seta color fiamma recavano il simbolo dei draghi gemelli. Gli Starym erano arrivati.

«Salve, Lord Waelvor», esclamò uno di loro con tono vellutato, mentre le tre figure avanzavano insieme, calpestando l’aria con fare languido di fredda superiorità. «Che cosa ti ha disturbato, in questa notte vuota? Quelle signore hanno tentato di difendersi?»

«Un fantasma guardiano», sibilò Haemir, gli occhi rossi di dolore e di rabbia. «Ha atteso, e mi ha colpito. L’ho respinto, ma il dolore resta. E voi come state, signori miei?»

«Siamo annoiati», rispose uno di loro senza tanti complimenti. «Ma forse il vecchio pazzo ci farà divertire un po’ prima di finire ridotto in polvere. Vedremo».

Il mago che aveva appena parlato avanzò, e gli altri due Starym lo affiancarono e lo seguirono, effettuando potenti incantesimi di battaglia. Superarono Waelvor e i corpi mal ridotti delle maghe. El si portò accanto ad Haemir, temendo che potesse sfogare la rabbia sulle donne, e guardò gli Starym colpire.