Dai palmi stretti a coppa di uno dei maghi fuoriuscì un fuoco bianco, che salì verso le stelle in una sinuosa spirale, per poi formare tre lunghi colli serpentini, alle cui estremità spuntarono enormi fauci di drago. Le tre teste si agitarono selvaggiamente, poi si piegarono e morsero la vecchia torre di pietra. A contatto con i loro denti, la roccia svaniva silenziosamente, fondendosi col vuoto, mettendo a nudo le stanze dietro di essa.
Dalle dita del secondo mago eruppero lance rosse di fuoco, che si avventarono sulle stanze di Mythanthar e colpirono alcuni oggetti magici. Alcuni di essi esplosero, scuotendo Starfall Turret e scagliando frammenti di roccia nell’oscurità crescente. Altri liberarono impetuose fiamme rosse, che si trasformarono in girandole vorticanti.
Dalla mano del terzo Starym si levò una nuvola verde, dalla quale, con incredibile rapidità, spuntarono denti e molte membra artigliate. La nube volò nella torre, alla ricerca di Mythanthar.
Un istante dopo che si fu tuffata nella Starfall Turret, qualcosa si illuminò di rosso vivo e dalle profondità di quelle pietre distrutte si sprigionò un fulmine brillante, che disseminò in ogni dove gli artigli del mostro verde. Haemir Waelvor li guardò precipitare nel giardino incolto e imprecò per la paura.
I tre Starym trasalirono e indietreggiarono dalla torre, facendo eco alle sue maledizioni, mentre il bagliore purpureo esplose formando tre dita enormi che presero a inseguirli.
I loro mantelli protettivi divennero improvvisamente visibili; uno dei maghi s’irrigidì, allargò le braccia quando il suo mantello svanì in un fumo nero e porpora, e poi cadde violentemente sulla faccia, restando immobile.
Gli altri due maghi si voltarono e si urlarono qualcosa che El non riuscì a cogliere, la voce stridula e distorta dal terrore. Sembrava che il vecchio pazzo li stesse facendo divertire più di quanto non si aspettassero.
Il corpo dello Starym abbattuto emise scintille e sbuffi scoppiettanti, indicativi di incantesimi morenti, mentre la vita lo abbandonava per sempre. La sua testa rimase piegata contro il vecchio moncone a un’angolazione assurda, ma il resto del corpo si sciolse lentamente sul terreno.
Waelvor lo guardò con la bocca spalancata, ma i due Starym sopravvissuti non prestarono attenzione al parente e continuarono a fare magie. Le loro dita gesticolarono rapide, e l’aria intorno ai due elfi crepitò e fluì, come olio che scivola in un vaso pieno d’acqua. Minuscoli granelli di luce scintillarono qua e là quando i maghi si lanciarono in un lungo e complicato incantesimo.
Una volta terminate le magie gemelle, due nuvole pulsanti di bagliore verde pallido apparvero sopra la testa degli Starym, emanando luce sufficiente da mettere in risalto il sudore luccicante sui loro colli tesi e sulle loro mascelle in costante movimento.
Poi, con uno svolazzamento silenzioso, una delle nuvole confluì in una sfera e cominciò a roteare. La seconda la seguì un istante più tardi, e i due globi di forza rimasero sospesi sopra gli elfi all’opera.
Haemir imprecò nuovamente, le sue fattezze affilate e bianche, come fossero scolpite in un marmo eburneo.
Una nebbia rossa fuoriuscì dalla torre semidistrutta e, in un’onda lunga e inesorabile, si diresse verso gli intrusi che, con movimenti frenetici, si misero a estrarre dalle loro fasce scettri, bacchette magiche, gemme e vari oggetti piccoli e scintillanti, per poi gettarli dentro le sfere sopra la loro testa, dove iniziavano a vorticare pigramente.
La nebbia rossa era a pochi centimetri di distanza quando uno degli Starym pronunciò rapido una parola – o forse era un nome – e tutti gli oggetti magici ospitati nella sfera esplosero simultaneamente, squarciando l’aria e creando una spaccatura che risucchiò la sfera, gli oggetti, la nebbia rossa, e gran parte del giardino e della facciata della torre, prima di svanire con un gemito acuto.
L’altro mago Starym scoppiò in una risata trionfale, poi pronunciò la parola che risvegliò gli oggetti della sua sfera.
Questi si sollevarono come uno sciame di mosche scacciato da una carogna in un giorno d’estate, e sputarono una scarica mortale di raggi luminosi dentro la torre, che si spaccò rumorosamente a metà, scatenando una pioggia di pietre tutt’intorno e rilasciando una nube di polvere color cremisi.
La spaccatura creata da tali raggi era di piccole dimensioni e risucchiò solo gli oggetti e la sfera che li aveva contenuti, dopodiché scomparve; senza dubbio era accaduto ciò che prevedeva l’incantesimo, né più né meno.
I due Starym sopravvissuti agitarono ancora le mani compiendo sortilegi non familiari, ma apparentemente potenti, lo sguardo fisso sulla torre. Dalla loro espressione Mythanthar doveva essere visibile ai loro occhi, e ancora vivo e attivo.
El prese una decisione. Volando basso attraverso il giardino ormai buio, acquistò velocità e investì Waelvor. Questa volta l’impatto fu violento; a Elminster sembrò di esser stato colpito al petto da un pesante tronco d’albero e d’un tratto gli mancò il fiato. Passò attraverso il corpo del mago e si lanciò nella testa dello Starym più vicino come una lancia.
Il colpo lo mandò a gambe all’aria nella notte. Il dolore fu tanto straziante che gli tolse nuovamente il respiro; dopodiché una dorata foschia di stordimento iniziò a turbinare attorno a lui.
Ebbe, tuttavia, la soddisfazione di vedere il mago rotolare per terra con le mani sulla testa. L’altro Starym guardò il collega, incredulo, perciò non vide la figura annerita e affumicata che si trascinò fuori dalla torre dietro di lui. Un elfo che poteva essere solo Mythanthar.
Il vecchio si voltò e guardò le minuscole fiamme che si levavano da ogni pietra della sua torre distrutta. Scosse la testa, sollevò un dito verso il mago ancora in piedi e, un istante prima che lo Starym si voltasse, svanì.
Un attimo più tardi una sfera dorata apparve nell’aria, tagliò nettamente il mago in due, a livello del torace, e inglobò la parte superiore.
Quando la sfera implose, portò con sé il torace del fiero mago elfo, lasciando solo due gambe tremanti. Esse vacillarono per un istante, poi si divisero, e caddero a terra in direzioni opposte.
«Tu!»
Il grido era nel contempo furioso e spaventato. El si voltò, ancora dolorante e confuso, e si rese conto che lo Starym sopravvissuto, nel frattempo rialzatosi da terra, chiamava proprio lui. L’elfo poteva vederlo!
Ora, se solo fosse riuscito a sopravvivere per raggiungere la Srinshee e dirle…
Il mago ringhiò qualcosa di malvagio, e sollevò le mani per scagliare un incantesimo che Elminster aveva già osservato prima: un sortilegio umano chiamato «sciame di meteore».
«Mystra, non mi abbandonare ora», mormorò l’ultimo principe di Athalantar, quando quattro sfere di fuoco scaturirono dalle mani dell’elfo, si posizionarono attorno a lui, ed esplosero.
L’ultima cosa che El vide fu il corpo di Haemir Waelvor ridursi in cenere mentre ruzzolava impotente verso di lui, sospinto da fiamme voraci che stavano consumando il mondo tutt’intorno. Faerûn si capovolse, roteò pazzamente, e poi scomparve turbinando in un fuoco furioso.
16.
Maghi mascherati
La Gente guardava Elminster Aumar, ma non comprendeva ciò che stava vedendo. Egli era il primo ospite del nuovo vento mandato da Mystra. E Cormanthor era come un vecchio e possente muro, che si oppone a tali venti di cambiamento, secolo dopo secolo, finché persino i suoi costruttori non ne scordano l’esistenza ed esso non resta che una barriera inflessibile. Ma sarebbe giunto il giorno in cui tale muro sarebbe crollato, mutato dai venti invisibili e impalpabili. È ciò che accade sempre.
Per il fiero regno di Cormanthor quel giorno venne quando il Coronal nominò l’umano Elminster Aumar cavaliere del regno, ma il muro non seppe di essere stato distrutto e attese che le pietre si schiantassero a terra per degnarsi di notare l’accaduto. Il crollo corrispose all’attuazione del Mythal. Ma le pietre del muro, essendo pietre elfe, indugiarono nell’aria per un periodo straordinariamente lungo…