Dapprima, l’ultimo principe di Athalantar era rimasto sbalordito dai sortilegi potenti che l’anonimo mago elfo gli permetteva di imparare, ma in fin dei conti, perché mai questi avrebbe dovuto preoccuparsi se poteva, con un solo gesto, ridurre all’obbedienza il corpo che aveva dato all’apprendista umano? Elminster sospettava che lui e Nacacia fossero tra i pochi apprendisti di Cormanthor a non lasciare mai la dimora del maestro, e probabilmente gli unici a non avere puro sangue elfo nelle vene; per giunta, non era mai stato insegnato loro come creare il proprio mantello difensivo.
Talora El pensava ai primi giorni tumultuosi trascorsi nel regno, e si domandava se la Srinshee e il Coronal lo credessero morto, o se pensassero mai a lui. Si chiedeva spesso che era stato della giovane Symrustar, che aveva abbandonato nei boschi, impossibilitato a difenderla e a chiamare aiuto. E che fine aveva fatto Mythanthar, col suo sogno di un mythal? Il Maestro li avrebbe certamente informati se tale mantello spettacolare fosse stato già creato, e se la città fosse stata aperta ad altre razze. Ma perché mai avrebbe dovuto riferire notizie del mondo esterno a due apprendisti che teneva praticamente prigionieri?
Recentemente era cessato persino l’attento insegnamento della magia. Il Mascherato si assentava sempre più spesso dalla torre, oppure si rinchiudeva in stanze impenetrabili a scrutare eventi che accadevano altrove. Giorno dopo giorno di quell’ultimo inverno lasciava soli gli apprendisti a sbrigare liste infinite di compiti che apparivano scritte a caratteri infuocati su un muro: lavori di fatica, e la messa a punto di piccoli incantesimi per tener pulita e in ordine la torre del maestro. E tuttavia li controllava: esplorazioni non autorizzate del luogo o un’intimità eccessiva fra loro, scatenavano dal nulla rapidi incantesimi di punizione. Solo una decina di giorni prima Nacacia aveva sfiorato la spalla di Elminster con un bacio mentre passava, e una frusta invisibile l’aveva colpita sulle labbra e sulla faccia, malgrado i tentativi frenetici del principe di scacciarla mentre la ragazza indietreggiava gridando. Il mattino seguente si era svegliata completamente guarita, ma con una fila di spine pungenti attorno alla bocca, che avrebbero impedito qualsiasi bacio, e che scomparvero solo dopo una settimana.
In quei giorni, quando il Mago Mascherato faceva una delle sue rare apparizioni nelle stanze dei due apprendisti, era per un aiuto magico; solitamente si trattava di impiegare parte delle loro energie vitali per un incantesimo arcano che l’elfo stava sperimentando, o per creare una rete magica.
Una rete come quella a cui stavano lavorando in quel momento. Erano costruzioni incredibili, costituite da linee di forza luminose, sulle quali si poteva camminare come su un’ampia trave di legno, anche capovolti o fortemente inclinati. Nel tessuto di tali reti o gabbie potevano essere inclusi molti incantesimi, in punti particolari e per ragioni specifiche, cosicché il collasso della struttura avrebbe scatenato un incantesimo dopo l’altro, in un ordine ben preciso.
Il Maestro rivelava raramente tutte le magie disposte in una rete prima che il suo innesco ne rivelasse la vera natura, e non aveva mai insegnato agli apprendisti come iniziarne una. El e Nacacia non conoscevano nemmeno lo scopo primario, o il bersaglio, della maggior parte delle reti a cui lavoravano, e il principe sospettava che il Mascherato si avvalesse dell’aiuto dei due apprendisti ignoranti semplicemente per rimanere nascosto, cosicché gli incantesimi che colpivano un rivale distante non avrebbero recato tracce dell’autore.
In quel momento l’elfo si voltò, gli occhi fiammeggianti dietro la maschera che non abbandonava mai. «Elminster, vieni qui», gli ordinò freddo, indicando con un dito un punto particolare della rete. «Dobbiamo tessere insieme un incantesimo mortale».
18.
Nella rete
Arriva sempre il giorno in cui, persino il più paziente ed esigente dei traditori diventa impaziente e svela il suo tradimento. Da allora in avanti deve affrontare il mondo com’è in realtà, con le sue reazioni, non come lo vede o desidera che sia nelle sue trame e nei suoi sogni. È a questo punto che molti tradimenti falliscono.
Il mago noto come il Mascherato non era, tuttavia, un traditore ordinario, se mai si riesca a concepire un «traditore ordinario». Lo storico di Cormanthor vi è riuscito, e, andando indietro nel tempo, ha identificato molti tradimenti ordinari, dei quali però quello in questione non fa parte, essendo degno di una triste ballata di morte.
Elminster scosse il capo per cercare di riprendersi dalla stanchezza mentale: aveva filato incantesimi con un’altra mente, più fredda, per troppo tempo, e quasi vacillò nella rete, immersa in ronzante attesa.
«Ora spostati», gli ordinò all’orecchio la fredda e sottile voce del Maestro, nonostante l’elfo fosse sospeso nell’aria all’estremità opposta della stanza. «Nacacia, tu vatti a sedere su quel divano nell’angolo. Elminster, qui con me».
Sapendo che il mago aveva poca pazienza, entrambi gli apprendisti s’affrettarono a ubbidire, lasciandosi cadere agilmente dalla rete non appena furono abbastanza in basso da saltare senza distruggere nulla.
El non aveva ancora raggiunto il luogo indicato dal mago che questi sibilò qualcosa e usò un dito per colmare la distanza fra due punti sporgenti all’estremità delle linee luminose della rete. Tale gesto scatenò il sortilegio, che esplose con una miriade di scintille, innescando una catena di incantesimi, mentre la rete si dissolveva lentamente. Il mago elfo guardò in alto, con atteggiamento di attesa, ed El ne seguì lo sguardo fino a un punto nell’aria, che si animò improvvisamente, dando vita a una scena fluttuante, simile a un arazzo brillante appeso nel vuoto, via via più luminoso.
Era l’immagine di una casa che El non aveva mai visto, una delle abitazioni dalla forma irregolare tipiche delle campagne elfe. Una casa viva, ampliata lentamente col passare dei secoli. Quella doveva avere più di mille estati, a giudicare dall’aspetto, e si trovava nel cuore di un boschetto di vecchie e imponenti querce, da qualche parte nel cuore della foresta. Una casa antica e fiera.
Una casa che sarebbe esistita solo per pochi istanti ancora.
El osservò arcigno mentre le magie scatenate dalla rete distruggevano gli scudi, annientavano gli incantesimi d’attacco e li costringevano a colpire il cuore della vecchia casa, strappando guardiani e destrieri dai pali a cui erano legati, per poi scaraventarli contro i muri.
In pochi minuti la fiera abitazione dai rami possenti e dalle foglie lussureggianti venne trasformata in un cratere fumante, fiancheggiato da due frammenti scheggiati di tronco annerito. Strane cose, forse corpi straziati, stavano ancora piovendo intorno alla casa distrutta quando la rete magica inglobò la scena, e l’aria divenne nuovamente scura.
Elminster stava ancora battendo le palpebre quando una nebbia improvvisa lo avvolse, e non ebbe nemmeno il tempo di gridare che si ritrovò in un altro luogo. I suoi stivali poggiavano su un terreno soffice e su foglie morte, e tutt’intorno si sentiva il profumo degli alberi.
Era in piedi in una radura nel cuore della foresta e il Mascherato se ne stava disteso nell’aria accanto a lui; nessuna traccia di Nacacia, né di abitazioni elfe.