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El serrò gli occhi un paio di volte per abituarsi al cambiamento di luce, respirò a fondo l’aria umida, e si guardò intorno: era lieto di essere finalmente uscito dalla torre, ma fu presto assalito da cattivi presagi. Il Maestro aveva forse assistito al suo incontro con Mystra, o lo aveva visto nella sua mente? Nell’apparizione la dea era distesa quasi nella sua stessa posizione.

La radura aveva un non so che di strano; misurava un centinaio di passi in larghezza, era di forma semicircolare e spoglia, completamente spoglia, solo terra e roccia, non un ceppo, non un lichene a ravvivarla.

El guardò il mago e sollevò un sopracciglio con fare interrogativo.

Il Maestro puntò un dito verso il basso. «Questo è l’effetto di un incantesimo che ti insegnerò ora».

Elminster osservò ancora per qualche istante quella desolazione, e poi si rivolse al Mascherato, il viso inespressivo come pietra. «Già. È qualcosa di potente, non è vero?»

«Qualcosa di molto utile. Se usato nel modo giusto, può rendere l’autore quasi invincibile». Il mago elfo mostrò i denti in un ghigno e aggiunse, «Come me, per esempio». Poi si sollevò dalla sua posizione distesa ed esclamò: «Sdraiati qui, dove termina la radura e inizia la foresta. Faccia a terra, le braccia larghe. Non ti muovere».

Quando il Maestro parlava con quel tono, non era il caso di esitare o di discutere. Elminster si gettò immediatamente a terra.

Percepì il tocco glaciale delle dita del mago sulla nuca: erano tanto fredde solo quando gli inculcavano un incantesimo nella mente, senza bisogno di studiarlo o di ricevere istruzioni per l’uso o…

Per tutti gli dei! Quella magia avrebbe alimentato ogni incantesimo che già possedeva, raddoppiandone l’effetto o duplicandolo. Per far ciò, essa succhiava forza vitale da un albero.

O da un essere senziente.

Ed era tanto facile. Certamente ci voleva un mago molto capace per sferrarlo, ma l’atto in se stesso era terribilmente semplice, e lasciava dietro di sé l’aridità più assoluta. Erano stati proprio gli elfi ad elaborare tale incantesimo?

«Quando», domandò El al muschio sotto il suo naso, «potrei mai utilizzare una simile magia?»

«Durante un’emergenza», rispose tranquillamente il Maestro, «se la tua vita, o il tuo regno o il tuo castello fossero estremamente in pericolo. Quando tutto il resto è perduto, l’unico atto immorale è non fare qualcosa che sai potrebbe aiutare la causa. Ecco a cosa serve tale incantesimo».

Il principe azzardò un’occhiata all’elfo mascherato. La sua voce, per la prima volta in vent’anni, aveva un tono appassionato, quasi famelico.

Mystra, pensò El, quest’elfo ama l’idea di distruggere i nemici, a qualsiasi costo!

«Immagino, Maestro, che non sarò mai abbastanza sicuro del mio giudizio da osare sferrare quest’incantesimo», affermò lentamente Elminster.

«Sicuro, no: nessun essere pensante e attento lo sarebbe, sapendo ciò che può causare questa magia. Tuttavia capace, sì, puoi diventarlo. È per questa ragione che siamo qui. Ora alzati».

El si rimise in piedi. «Devo fare pratica?»

«In un certo senso, sì. Sferrerai l’incantesimo contro un nemico di Cormanthor. Per decreto del Coronal, tale magia dev’essere utilizzata solo per la difesa diretta del regno o di un elfo anziano in pericolo».

El fissò la maschera incantata del Maestro, domandandosi forse per la millesima volta quali fossero i suoi veri poteri, e che cosa avrebbe trovato dietro di essa se mai si fosse azzardato a strappargliela.

Come se quel pensiero avesse attraversato la mente dell’elfo, il Mago Mascherato indietreggiò bruscamente e affermò: «Hai appena visto la nostra rete distruggere una casa. Era un’abitazione usata da alcuni cospiratori del regno che desiderano trattare con i drow. Bramano tanto la ricchezza e l’importanza che gli elfi delle tenebre hanno loro promesso che intendono tradirci e diventare vassalli di qualche matrona del Sottosuolo».

«Ma di sicuro…», iniziò Elminster, per poi interrompersi. Nulla era sicuro di quella storia tranne il fatto che il Maestro stesse mentendo. Sul pascolo Mystra gli aveva conferito tale capacità di discernimento, e ora capiva quando la voce fredda e sottile del mago si allontanava dalla verità.

«Presto», continuò l’elfo, «andremo in un luogo che è ha protezioni specifiche contro di me, dove potrei entrare solo distruggendone tutte le barriere, e quindi annunciando a tutti il mio arrivo. Non voglio sprecare tanta magia».

Il mago puntò il dito verso El. «Tu, invece, potrai entrare senza problemi. La mia magia ti fornirà un orco incatenato, un malvagio saccheggiatore di villaggi umani ed elfi che abbiamo catturato mentre arrostiva allo spiedo bambini per cena. Alimenterai il tuo incantesimo con le sue energie, e poi scaglierai la tua antimagia – naturalmente aumentata per dimensioni ed efficacia dall’incantesimo che ti ho insegnato – nella casa che ti indicherò. Poi radunerò alcuni armathor fedeli armati di spade, e il gioco sarà fatto. I traditori moriranno e Cormanthor sarà al sicuro ancora per qualche tempo. Dopo tale azione sarai finalmente pronto per essere presentato al Coronal».

«Al Coronal?», Elminster si sentì eccitato quasi quanto avesse lasciato intendere il tono della sua voce. Effettivamente sarebbe stato bello rivedere Lord Eltargrim. Ciò, tuttavia, non dissipò la strana sensazione che aveva riguardo l’intera faccenda. Chi avrebbe ucciso in realtà?

Il Mascherato vide il disgusto sul volto di El. «Nella casa che colpirai vive un mago, un mago molto potente», aggiunse lentamente. «Tuttavia spero che i miei assistenti affrontino i veri nemici con la stessa efficienza con cui trasformiamo funghi velenosi ed evochiamo la luce nei luoghi oscuri. Il vero mago non si permette mai di essere intimorito dalla magia quando la usa».

Il mago saggio, pensò tra sé Elminster, ricordando le parole di Mystra, finge di non sapere nulla della magia.

E quando raggiungerà la vera saggezza, saprà che non stava fingendo, completò ironicamente «Sei pronto, Elminster?», gli domandò pacato il Maestro. «Sei finalmente pronto a intraprendere una missione importante?»

Mystra? Domandò El silenziosamente. Una visione apparve subito nella sua mente: il Mascherato aveva il dito puntato verso di lui, proprio com’era accaduto un attimo prima, e nella visione El sorrideva e annuiva entusiasta. Era tutto chiaro.

«Sono pronto», esclamò El, sorridendo e annuendo in maniera entusiasta.

La maschera non nascose il lento sorriso che segnò il volto del mago.

L’elfo sollevò le mani e mormorò: «Allora andiamo». Fece un singolo gesto in direzione del principe, e il mondo scomparve in un fumo vorticante.

Quando il fumo si dissipò rendendo nuovamente visibili l’umano e il mago, essi erano in una valle boscosa, situata da qualche parte a Cormanthor, a giudicare dall’aspetto degli alberi e dal sole sopra di loro. Erano in piedi su una collinetta, accanto a un pozzo e, oltre un piccolo avvallamento che racchiudeva un giardino, si ergeva una casa bassa e tortuosa, fatta di alberi uniti da stanze di legno dal tetto spiovente. Se non fosse stato per le finestre ovali visibili nei tronchi d’albero, avrebbe potuto benissimo essere una casa abitata da uomini.

«Colpisci rapidamente», mormorò il mago all’orecchio di Elminster, dopodiché svanì, e al suo posto comparve un orco in pesanti catene. La bestia lo fissava, scongiurandolo con gli occhi, come se tentasse freneticamente di dire qualcosa attraverso lo spesso bavaglio che gli avvolgeva bocca e zanne. Ma tutto ciò che riuscì a emettere fu un debole ma acuto piagnucolio.

Un divoratore di bambini e un saccheggiatore, eh? El serrò le labbra, disgustato da ciò che doveva fare, e toccò l’orco senza esitazione. Il Mascherato lo stava sicuramente osservando.