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Sferrò l’incantesimo, e si voltò per stendere la mano verso la casa, e disseminare l’antimagia in ogni sua parte, guidandola con la mente nella cantina più profonda, per interdire anche i sortilegi più potenti.

Il lamento dell’orco divenne un gemito disperato; la luce nei suoi occhi scintillò e si spense, e la bestia piegò le ginocchia e si accasciò pesantemente a terra; El dovette farsi rapidamente da parte per non essere sepolto dalla massa incatenata.

Nelle vicinanze l’aria vibrò, e il principe di Athalantar sollevò lo sguardo in tempo per vedere guerrieri elfi in armatura scintillante, dal collare alto, uscire di corsa da uno squarcio nel vuoto. Nessuno di loro portava elmi, ma tutti agitavano spade sguainate, spade incantate che baluginavano di magia saccheggiatrice. Senza guardare né lui né l’ambiente circostante, si precipitarono sulla casa scardinando finestre e porte. Quando le spade violarono tali barriere e gli elfi fecero irruzione all’interno, il bagliore su armi e armature si spense, e iniziarono a udirsi grida soffocate e tintinnii di spade.

Sentendosi improvvisamente male, El guardò di nuovo l’orco e rimase a bocca aperta, inorridito.

Si gettò in ginocchio e allungò una mano per toccare e accertarsi, e d’un tratto ebbe la sensazione che si aprisse una voragine scura intorno a lui. Le catene si erano afflosciate intorno a una forma esile e slanciata., Una forma fin troppo familiare, penzolante fra le sue braccia. Gli occhi di Nacacia, ancora spalancati nella loro supplica triste e vana, lo fissavano, scuri e vuoti. Ora sarebbero rimasti tali per sempre.

El toccò tremante il bavaglio crudele che le chiudeva ancora la bocca delicata, e non poté trattenere un secondo di più le lacrime. Non vide mai il fumo turbinante impossessarsi nuovamente di lui.

19.

Rabbia a corte

Nei racconti e nelle favole degli uomini la Corte di Cormanthor è descritta come una sala enorme, scintillante di meraviglie incantate, nella quale elfi riccamente vestiti, dalle maniere altezzose e dignitose, fluttuavano tranquillamente avanti e indietro. Ciò accadeva per gran parte del tempo, ma un particolare giorno dell’Anno delle Stelle Eccelse costituì una singolare eccezione.

Antarn il Saggio
Da La grande storia della potenza degli arcimaghi faerûniani
Pubblicata approssimativamente nell’Anno del Bastone

«Fermi!», urlò il Mascherato, coprendo il mormorio di voci scioccate. «Consegno un criminale alla giustizia!»

«Veramente», affermò qualcuno con tono severo, «se c’è un…»

«Calma, Lady Aelieyeeva» s’intromise una voce grave ma austera che El ben conosceva. «Riprenderemo i nostri affari più tardi. È l’umano che ho nominato armathor del regno; la questione richiede il mio giudizio».

El guardò il trono del Coronal, fluttuante sopra la luminosa Piscina della Rimembranza. Lord Eltargrim si protese, il volto interessato, ed elfi con splendide tuniche si affrettarono a farsi da parte per sgomberare il pavimento liscio come il vetro fra El e il governatore di Cormanthor.

«Riconoscete l’umano, Onorato Signore?», domandò il Mascherato, e la sua voce fredda echeggiò in ogni angolo della vasta Camera della Corte, piombata nel frattempo in un improvviso silenzio.

«Lo riconosco», rispose il Coronal lentamente con una traccia di tristezza nella voce, poi spostò lo sguardo da Elminster all’elfo mascherato, e aggiunse, «ma non riconosco voi».

Il mago si portò una mano alla faccia, lentamente, e rimosse la maschera, come fosse una seconda pelle. El poté finalmente vedere, dopo vent’anni, quel volto di fredda bellezza: un volto che aveva visto già una volta.

«Sono Llombaerth Starym, Portavoce della mia casata», esclamò l’elfo. «Io accuso quest’uomo – il mio apprendista, Elminster Aumar, nominato da voi armathor del regno in questa stanza, vent’anni orsono – di omicidio e tradimento».

«Perché?»

«Onorato Signore, pensai di insegnargli l’incantesimo spegnivita, per metterlo in condizione di difendere Cormanthor e affinché potesse esservi presentato come mago del regno a pieno titolo. Imparatolo, non ha esitato a usarlo per uccidere l’altro mio apprendista – la mezzo sangue che giace ora accanto a lui, ancora nelle catene in cui l’ha imprigionata – e uno dei maggiori maghi del regno: Mythanthar. Ha avvolto la sua abitazione in un’antimagia, cosicché il nostro saggio e vecchio mago non ha potuto evitare le spade dei drow, alleati con l’umano».

«Drow?», esclamarono terrorizzati i cortigiani allineati lungo la sala.

Llombaerth Starym annuì con aria triste. «Gli elfi delle tenebre temono che la creazione di un mythal possa sovvertire i loro piani. Attaccheranno alla fine dell’estate, presumo».

Vi fu un momento di silenzio, poi si levarono in ogni dove voci eccitate; fra le lacrime che stava cercando di trattenere, El vide il Coronal percorrere la sala con lo sguardo e fare alcuni gesti.

Si udì un suono acuto, come di molte code d’arpa toccate all’unisono, e la voce insistente, magicamente amplificata della Messaggera di Corte rotolò nella lunga stanza aperta. «Calma e ordine, signori e signore. Chiedo nuovamente il vostro silenzio».

Passò qualche istante prima che tornasse la calma, ma quando gli armathor lasciarono le porte della corte e avanzarono espressamente lungo le fila di cortigiani, la richiesta della messaggera venne soddisfatta. L’atmosfera si fece tesa.

Il mago Starym si rimise la maschera, che gli si appiccicò istantaneamente al volto.

Il Coronal si alzò dal trono, le vesti bianche di un bianco accecante, e rimase in piedi nell’aria, guardando Elminster, più in basso. «È stata richiesta giustizia, e il regno l’avrà. Tuttavia nelle questioni tra maghi vi sono sempre state accese dispute, perciò prima la verità, poi il giudizio. La giovane mezzo sangue è ancora viva?»

El aprì la bocca per parlare, ma il Mascherato lo precedette rispondendo con un «no» secco.

«Allora devo chiamare la Srinshee, che può parlare con i morti», concluse serio Lord Eltargrim. «Fino al suo arr…»

«Aspettate!», ribatté rapido l’elfo mascherato. «Onorato Signore, ciò che volete fare non è affatto saggio! Quest’umano non può aver preso contatti con i drow senza l’aiuto di cittadini di Cormanthor, e tutti qui conoscono la lunga serie di rovesci di fortuna che ha subito Mythanthar nella creazione del suo mythal. Una delle poche persone tanto potenti da poter contrastare inosservata il nostro saggio mago, e da poter trafficare con gli elfi delle tenebre e sopravvivere, è Lady Oluevaera Estelda!

La sua voce assunse un tono drammatico. «Se la convocherete qui, non solo dirà falsa testimonianza, ma potrebbe anche colpire voi e altri cormanthoniani fedeli, e cercare di distruggere il regno!»

Il Coronal era pallido in volto, i suoi occhi sprizzavano rabbia per le accuse mosse dal mago mascherato, ma la sua voce suonò piatta e quasi gentile quando domandò: «Chi dunque, secondo voi Lord Llombaerth, potrebbe esaminare la mente dei morti? E di colei che accusate?»

L’elfo mascherato si accigliò. «Ora che la Grande Signora, Ildilyntra Starym, non è più tra noi», affermò lentamente, evitando attentamente di guardare il volto del Coronal divenire ancor più bianco, «non saprei davvero chi scegliere; potrebbero essere tutti corrotti, capite».

Si voltò e, con fare pensieroso, fece qualche passo nell’aria, lungo la fila di cortigiani. Molti di essi si ritrassero, come se avesse una malattia contagiosa, ma il mago non vi prestò attenzione.

«Che cosa dite, Signor Portavoce, se facessimo testimoniare il mago Mythanthar?» Il tono profondo della Messaggera di Corte, ancora in piedi sulla porta in fondo alla stanza, sorprese tutti i presenti. Il Coronal e il Mascherato sollevarono di scatto la testa e guardarono Aubaudameira Dree.