«È morto, Lady», osservò severo il Mago Mascherato, «e chiunque lo interroghi potrebbe evocare risposte false mediante incantesimi. Non vedete che ciò rappresenta un problema?»
«Ah, giovane Starym», esclamò una figura esile, appoggiando la mano sulla spalla di Alais affinché la sua voce fosse amplificata, «considera risolto il tuo problema: sono vivo. E non devo ringraziare te».
Llombaerth si irrigidì e rimase a bocca aperta, solo per un istante. Poi esclamò rabbioso. «Che imbroglio è mai questo? Ho visto io stesso l’umano sferrare l’incantesimo. Ho visto i drow sciamare nella casa di Mythanthar! Non può essere sopravvissuto!»
«Così avete progettato», affermò il vecchio mago, avanzando silenziosamente sull’aria, al fianco di Alais. «Così avete sperato. Il problema con voi giovani è che siete tutti tanto pigri, tanto impazienti. Trascurate di verificare i dettagli degli incantesimi, e vi ritrovate con brutte sorprese. Non vi disturbate ad assicurarvi che le vostre vittime siano davvero morte, e come tutti gli Starym, giovane Llombaerth, voi date le cose troppo per scontate».
Mentre parlava, l’anziano mago percorse tutta la lunghezza della sala. Si fermò accanto a Elminster e allungò un piede verso il corpo di Nacacia.
«Vorreste accusare me dell’assassinio della mia apprendista?», urlò il Mascherato, le braccia improvvisamente avvolte da piccoli fulmini. «E di aver tentato di uccidervi? Come osate?»
«Certamente», rispose il mago, toccando il corpo della mezza elfa in catene.
La messaggera asserì formale: «Lord Starym, con la vostra magia state violando le regole della Corte. Qui si discute con le idee, non con gli incantesimi».
Quando la donna ebbe pronunciato tali parole, il Coronal si mosse come per aggiungere qualcosa, e il corpo in catene svanì. Al suo posto, un attimo dopo, si materializzò un’altra forma: una ragazza con lunghi capelli color castano chiaro, in piedi, infuriata, e più che mai viva.
Il Mascherato trasalì e divenne bianco in volto. «Un incantesimo spegnivita è un’arma potente, Starym», osservò Mythanthar, «ma nessun involucro antimagia, per quanto rafforzato, può avere la meglio contro un sortilegio lacerante. Faresti meglio a studiare ancora un po’ prima di definirti mago, sia che indossi o meno la Maschera di Andrathath».
«Tutti zitti!», tuonò Eltargrim. Mentre gli armathor iniziavano a riunirsi accanto alla Piscina, egli si rivolse a Nacacia, che stava abbracciando un Elminster singhiozzante, e le domandò: «Fanciulla, chi è il responsabile di tutto ciò?»
Nacacia puntò il dito contro Llombaerth Starym ed esclamò secca: «Lui. Ha organizzato tutto e la persona che vuole veramente uccidere siete voi, Onorato Signore!»
«Bugie!», gridò il Mascherato. Due fulmini infuocati fuoriuscirono dai suoi occhi e attraversarono la stanza in direzione di Nacacia. La ragazza indietreggiò, ma Mythanthar sorrise e sollevò una mano, deviando i fulmini che colpirono qualcosa d’invisibile e poi scomparvero.
«Dovresti fare di meglio, Starym», esclamò pacato, «ma non credo che tu sappia come. Non riconosci nemmeno una falsa sembianza quando giace davanti a te, in catene, u…»
«Starym!», abbaiò il Mascherato, sollevando le braccia. «È giunto il momento!»
Tra i cortigiani, in tutta la stanza, eruppe magia luminosa. Si udirono grida, poi esplosioni improvvise e, d’un tratto, tutti gli elfi presero a correre per la sala con la spada sguainata.
«Muori, falso governatore!», urlò Llombaerth Starym, girandosi per colpire il Coronal. «Lascia che finalmente regnino gli Starym!»
Il fulmine bianco di magia distruttrice che scagliò in quel momento fu solo uno dei tanti che sfrecciarono verso il vecchio elfo davanti al trono, lanciati da altri maghi Starym da vari punti della sala.
Eltargrim svanì nella conflagrazione accecante causata dagli incantesimi di guerra, e l’aria si squarciò formando spaccature buie; la Messaggera di Corte gridò e si accasciò sul pavimento scintillante mentre lo scudo che aveva evocato attorno al suo governatore veniva sopraffatto. La sala tremò, e molti cortigiani urlanti si ritrovarono per terra. Un arazzo cadde sul pavimento.
Poi la cortina luminosa sopra la Piscina si fece da parte, e rivelò Lord Eltargrim in piedi sul Trono, la spada sguainata tra le mani. «La morte porti con sé i traditori di Cormanthor! Starym, la vostra vita è agli sgoccioli!», grugnì, mentre la luce delle rune risvegliate ondeggiava su e giù per la lama della spada.
Il vecchio guerriero balzò giù dal trono, agitando l’arma come un falciatore di grano e usando gli incantesimi che fumavano e fluivano sul filo della lama per dissipare le fiamme turbinanti e i fulmini luminosi che venivano scagliati contro di lui.
Mythanthar proferì due parole strane, lentamente, e i fulmini e i fumi magici attraverso i quali Eltargrim si stava facendo strada fluirono improvvisamente verso l’alto, sopra la testa del Coronal, dritti nelle fauci di un drago.
L’esplosione che seguì frantumò il tetto della stanza, e rovesciò una delle possenti colonne. I presenti cominciarono a strillare fra le nubi di polvere, ed Elminster e Nacacia, ancora abbracciati, vennero scagliati sul pavimento, mentre i bagliori magici che illuminavano la vasta Camera della Corte si spensero.
Nell’improvvisa oscurità, mentre tossivano e battevano le palpebre, solo una fonte di luce rimase costante: il trono vuoto del Coronal, che fluttuava tranquillo sopra la Piscina della Rimembranza.
Fulmini e saette si infrangevano attorno a esso, e il corpo di una sfortunata signora elfa si schiantò contro lo schienale, imbrattandolo di sangue. La donna cadde come una bambola di pezza nella Piscina sottostante, e la luce che questa emanava si tinse improvvisamente di rosso.
La Camera della Corte venne scossa da un’altra potente esplosione; che distrusse gli arazzi lungo la parete orientale, e fece volare altri corpi spezzati.
«Basta», sbottò una voce nell’oscurità. «Tutto ciò è durato fin troppo».
La Srinshee era finalmente giunta.
20.
Tempesta d’incantesimi a corte
Accadde dunque che una tempesta magica si scatenasse quel giorno nella Corte di Cormanthor. Un vero uragano d’incantesimi è qualcosa di terrificante, uno dei disastri più terribili che si possano immaginare, anche se si sopravvive per ricordarselo. Eppure qualcuno fra la nostra Gente temette e odiò ancora di più ciò che accadde dopo che la tempesta si placò.
Una luce improvvisa avvampò nell’oscurità. Granelli dorati e luminosi si sollevarono dalla mano aperta di una maga che sembrava poco più che una bambina. D’un tratto la Camera della Corte non fu più illuminata solo dal bagliore degli incantesimi, dall’acciaio scintillante della spada del Coronal, e dalle fiamme che consumavano gli arazzi qua e là.
Come un sole nascente, la luce tornò sul campo di battaglia.
Perché tale era diventata la sala di corte. Corpi inerti erano sparsi ovunque, e in mezzo alla polvere sollevata, fra gli squarci del tetto a volta, si intravedeva debolmente il cielo. Frammenti enormi della colonna caduta giacevano dietro il trono fluttuante, e sotto alcuni di essi scorrevano fiumi di sangue scuro.