Il giovane Starym scoppiò in lacrime, e il vecchio mago si alzò improvvisamente dalla sedia, s’inginocchiò accanto a lui e gli strinse le braccia in una morsa d’acciaio. «Eppure conosco la tua rabbia, il tuo dolore, e la tua irrequietezza, giovanotto», gli sussurrò all’orecchio. «Il tuo bisogno di fare qualcosa, la tua brama di difendere il nome degli Starym. È un bene che in te ardano rabbia e dolore, necessari affinché tu non dimentichi mai la stoltezza di Llombaerth. Sei il futuro della casata, ed è mio compito fare di te un’arma infallibile, un orgoglio impeccabile, e un onore che non dimentica mai».
Maeraddyth si ritrasse sbalordito, e Uldreiyn gli sorrise. Il giovane guerriero fu scioccato nel vedere le lacrime scintillare negli occhi giganti dell’elfo. «Ora dammi retta, giovane Maeraddyth, e fa’ che io sia fiero di te», brontolò l’arcimago.
«Tu e tutti noi…» Il guerriero si rese improvvisamente conto di essere in ginocchio al centro di un anello di volti e che lacrime calde stavano cadendo intorno a lui come gocce di pioggia in una tempesta. «… dobbiamo lasciarci alle spalle questo giorno nero. Non dovremo mai parlarne, tranne che nell’intimità delle nostre stanze, quando nessun servo è presente. Dobbiamo lavorare per ripristinare l’onore della famiglia, testimoniare nuovamente la nostra fedeltà al Coronal non appena sia sicuro farlo e accettare qualsiasi punizione ci aspetti. Se dovremo pagare con ricchezze, o affidare i nostri giovani all’educazione di Corte, oppure assistere all’esecuzione dei guerrieri che hanno combattuto oggi, accetteremo di buon grado. Dobbiamo prendere le distanze dalle azioni di quegli Starym che hanno sfidato il volere del Coronal. Dobbiamo mostrare vergogna, non orgogliosa provocazione: altrimenti, presto non ci sarà più alcuna Casata Starym a cui ridare gloria».
Il vecchio si alzò, trascinando con sé anche Maeraddyth, e guardò le facce silenziose intorno a lui. «Siamo tutti d’accordo?»
I volti annuirono.
«Qualcuno dissente? Che parli ora, affinché possa prendere le misure opportune». Si guardò intorno, lo sguardo duro, ma nessuno, nemmeno il tremante Maeraddyth, osò contraddirlo.
«Bene. Ora non disturbatemi, ma indossate i vostri abiti migliori e attendete il mio ritorno. Chi abbandonerà questa dimora non sarà più uno Starym».
Senza altre parole Uldreiyn uscì dal cerchio e attraversò la stanza con aria solenne.
Alla vista del suo volto, tutti i servi lungo il percorso fino alla torre degli incantesimi fuggirono spaventati. Quando la porta della sua stanza si chiuse, vi appoggiò una mano e pronunciò la parola che avrebbe liberato i due draghi fantasma dallo stemma degli Starym scolpito sulla superficie esterna della porta.
Tutta la notte essi percorsero su e giù il piccolo corridoio, pronti a cacciare chiunque, anche i membri di Casa Starym, ma nessuno giunse a sfidarli. Il che fu un bene, poiché i draghi fantasma sono sempre affamati.
La Piscina della Rimembranza tornò a splendere di luce bianca e il Coronal dall’aria stanca sollevò la mano verso la Srinshee, sospesa in alto accanto al trono. «Nessuno di loro comprende», affermò pacato, toccando la spada scintillante al suo fianco. «Per vent’anni e più i giovani sciocchi delle grandi casate hanno combattuto per il trono. Ma anche se avessero trionfato, il vincitore non avrebbe ottenuto altro che l’opportunità di sottomettersi al rituale della spada». Il vecchio guardò Elmara, ora di nuovo Elminster, tra Nacacia e la messaggera. «Molti possono tentare quel rituale, ma solo uno verrà scelto, dopo aver superato prove di talento, di intelligenza, e di generosità». Eltargrim sospirò. «Sono tanto giovani, e tanto stupidi». Mythanthar ascoltava col sorriso sul volto, e non proferì parola, lo sguardo posato sugli elfi impegnati a ripulire la Camera della Corte dal sangue e dai corpi.
Il Coronal si rivolse tranquillamente alla Srinshee: «Fallo ora. Per favore».
Sopra di loro, l’anziana maga bambina toccò il Trono di Cormanthor, pronunciò un incantesimo, e rimase in piedi tremante, gli occhi chiusi, mentre il grande suono della Chiamata si propagava dal suo corpo, accompagnato da raggi di luce. Questi colpirono numerosi punti del soffitto, delle pareti e dei pilastri, e l’intera stanza risuonò di una crescente melodia.
La musica raggiunse il culmine, poi si affievolì con altrettanta lentezza. Quando ripiombò il silenzio, i capi di tutte le casate del regno erano di fronte al trono, e gli elfi minori erano accalcati sulla soglia.
Eltargrim rinfoderò la spada, si librò nell’aria e si fermò davanti al trono. Quando Oluevaera vacillò in seguito alla potente magia che aveva risvegliato, egli le mise un braccio attorno alle spalle per sostenerla, ed esclamò: «Popolo di Cormanthor, oggi qui è stato compiuto, e punito, un atto grave. Mythanthar dichiara di essere pronto, e io non aspetterò un minuto di più, affinché chiunque desideri controllare il regno come fosse un suo giocattolo personale non abbia il tempo di fare altri tentativi e di sacrificare altri cormanthoniani. Oggi, prima del tramonto, verrà steso il Mythal promesso, sopra tutta la città, dalla Postazione Settentrionale alla Piscina di Shammath. Quando esso diverrà sufficientemente stabile – il che dovrebbe accadere domani intorno a mezzogiorno – i cancelli della città verranno aperti agli individui di tutte le razze che non hanno intenzioni malvagie. Alcuni messaggeri verranno inviati nei regni conosciuti di uomini, gnomi, e halfling, e anche di nani. Da allora in poi, nonostante il regno rimarrà Cormanthor, questa città sarà conosciuta come Myth Drannor, in onore del Mythal che Mythanthar ha creato per noi, e di Drannor, il primo elfo cormanthoniano che sposò una ragazza nana, per quanto ciò sia avvenuto molto tempo fa».
Eltargrim guardò la messaggera, e Alais fece un passo avanti e annunciò grandiosamente: «I maghi sono stati convocati. Che tutti i presenti facciano silenzio e osservino. Ha inizio la stesura del Mythal!»
Epilogo
Il Mythal che venne steso sopra la città di Cormanthor non fu uno dei più potenti, ma gli elfi lo giudicano tuttora il più importante. Fu creato con amore, senza discordie, e i suoi artefici gli conferirono numerosi e strani poteri. Gli elfi li ricordano ancora nelle loro canzoni, e giurano che i loro nomi vivranno per sempre, nonostante la caduta di Myth Drannor: il Coronal Eltargrim Irithyl; la Messaggera Auhaudameira Dree, «Alais» per i menestrelli; l’armathor umano Elminster, Eletto di Mystra; Lady Oluevaera Estelda, la leggendaria Srinshee; il mago umano noto solo col nome di Mentore; il mezzo elfo Arguth di Ambral Isle; il Supremo Mago di Corte Earynspieir Ongluth; i Signori Aulauthar Orbryn e Ondabrar Maendellyn; e le Signore Ahrendue Echorn, Dathlue Mistwinter, conosciuta dai bardi come «Lady d’Acciaio», e la Nobile Signora Alea Dahast. Questi non sono tutti, poiché molti, quel giorno, si unirono alla Canzone, e per grazia di Corellon, di Sehanine e di Mystra, alcuni loro desideri e abilità trovarono vie misteriose nel Mythal. Altri invece non parteciparono, poiché il tradimento non morì mai a Cormanthor, o Myth Drannor, o con qualsiasi altro nome la si voglia chiamare.
Gli armathor, che avevano raggiunto dalle loro postazioni il palazzo del Coronal, si affrettarono a entrare nella Camera della Corte, guidati dalle sei maghe. Truci in volto, sguainarono le spade e formarono un cerchio, spalla contro spalla, rivolti verso l’esterno, sul pavimento davanti al trono.
Nel cerchio entrarono Eltargrim, la Messaggera di Corte, Elminster, Nacacia, Mythanthar e la Srinshee. I guerrieri richiusero l’anello.