Qualcosa di dorato scintillò nella sua mente torturata: un filo, un nastro semovente. I suoi occhi non poterono fare a meno di seguirlo, e l’immagine di sé che lo lanciava lo oscurò brevemente. Il nastro si contorse, fino a formare una sagoma così, così! Doveva attaccare il nemico con quella!
I miei ringraziamenti, Mystra, mormorò El di tutto cuore, e si aggrappò saldamente alla sagoma mentre colpiva Uldreiyn Starym con un altro dardo.
L’arcimago s’irrigidì, si voltò lentamente, minaccioso, e sferrò un contrattacco, accompagnato da un messaggio beffardo.
Non sei ancora pazzo, umano? Lo sarai. Oh, se lo sarai.
Oh? Prendi questo, elfo arrogante! ribatté El nella mente di Uldreiyn, e gli lanciò quello che la dea gli aveva fornito.
I presenti sentirono Beldroth dapprima urlare, poi lo videro sfilare la mano da quella della bambina, e portarsele entrambe alla testa, artigliarsi le orecchie e gemere dal dolore.
Lord Nelaeryn Mornmist si contorse in preda agli spasmi e scalciò. La moglie venne scaraventata indietro, e nella caduta atterrò anche due servi che, preoccupati, stavano osservando la coppia. Un altro si precipitò ad aiutare il padrone, che stava strillando come un forsennato. Gocce di sangue gli fuoriuscivano dalla bocca, dagli occhi e da sotto le unghie. Si agitò a mezz’aria come un pesce fuor d’acqua, poi cadde pesantemente al suolo, schiacciando il servo sotto di lui.
Ithrythra Mornmist si rimise in piedi. «Nelaer!», gridò piangendo. «Oh, Nelaer, dimmi qualcosa!» Con mani tremanti lo girò e rimase a guardare il suo volto contratto.
«Chiamate un mago!», sbottò rivolta ai servi fermi e impalati. «Andate tutti! Portatemi venti maghi! E sbrigatevi.»
Si sollevò un grande spruzzo quando le due donne caddero in acqua, una sopra l’altra. Alaglossa Tornglara si risvegliò scioccata quando le acque della Danza del Satiro si richiusero sopra la sua testa. Scalciò per tornare a galla, e si ritrovò fra le braccia un corpo rigido: Nlaea! Dei, che cos’era accaduto?
«Aiuto!»
Il giardiniere sollevò la testa dai suoi fiori. Quella era la voce della padrona!
«Aiuto!»
Si mise a correre e, per la fretta, rovesciò l’annaffiatoio che aveva appena appoggiato a terra. Per Corellon, era un bel pezzo fino alla maledetta piscina! Raggiunse il sentiero, ma dopo pochi passi si fermò sbalordito.
Lady Alaglossa Tornglara, completamente nuda, avanzava a fatica verso di lui, lasciando dietro di sé una striscia di sangue uscente dalle ferite ai piedi, provocatele dalle pietre del sentiero. Lo sguardo disperato, e la serva Nlaea tra le sue braccia. «Aiutami!» ruggì. «Dobbiamo portarla in casa! Muoviti, che Corellon ti maledica!»
Il giardiniere deglutì e raccolse la ragazza dalle braccia della padrona. Corellon, rifletté ironicamente mentre si voltava per mettersi a correre, sarebbe stato molto impegnato quel giorno.
Uldreiyn Starym aprì la bocca sorpreso, in un’espressione da secoli assente dal suo viso.
Un fuoco bianco avvampò nel suo corpo, nella sua mente, non lasciando altro che un involucro vuoto. Una nuova potenza percorse tutto il Mythal, e attraversò le menti di tutti i maghi di Cormanthor, mentre le fiamme fameliche si nutrivano della vita,. dello spirito e del potere dell’arcimago Starym.
I cortigiani ebbero un momento di incertezza, non sapendo dove e come colpire, poi videro il corpo alto e robusto del mago emettere fiamme gialle, come fosse un albero colpito da un fulmine.
Bruciò come una torcia davanti ai loro volti perplessi, mentre la rete di fuoco bianco sopra di loro continuò il suo sereno mormorio. Poi un silenzio profondo piombò nella Camera della Corte. Centinaia di elfi trattennero il fiato, finché il corpo annerito di Uldreiyn non si accasciò e divenne cenere turbinante.
Il contraccolpo scagliò Elminster lontano, facendolo vorticare come una foglia nel vento, mentre il simbolo dorato lo avviluppava come una mano protettrice. Quando smise di turbinare, il simbolo svanì, ed El si ritrovò nell’oscurità.
Fluttuava nel vuoto, di nuovo un essere senza corpo.
Mystra? La prima invocazione fu poco più che un sussurro. Recentemente, a quanto pareva, si era rivolto spesso alla dea e non era stato capace di far nulla senza il suo aiuto o la sua guida.
Lo pensi davvero? La voce di Mystra nella sua mente era calda, gentile, e travolgente. Si sentì amato, completamente al sicuro, e si abbandonò al suo abbraccio, in una gioia infinita, senza tempo. Passarono ore, o forse solo minuti, prima che la dea parlasse ancora.
Hai fatto un buon lavoro, mio Eletto. Un inizio coraggioso, ma solo un inizio: per qualche tempo dovrai abitare a Myth Drannor, per educare e proteggere. Nel frattempo imparerai il più possibile sulla magia da coloro che vorranno unirsi a questa nuova e brillante confraternita. Mi compiaccio con te, Elminster. Ora torna in te.
Improvvisamente si ritrovò altrove, fluttuante in mezzo di numerosi filamenti di fuoco bianco, con le pietre frantumate di una colonna caduta sotto i piedi e, di fronte, il viso insanguinato e segnato dal dolore di Symrustar Auglamyr.
Dagli elfi assiepati nella sala si levò un mormorio eccitato, ma El lo udì appena. Mystra gli aveva lasciato energia magica intorno alle mani, troppa perché riuscisse a serbarla a lungo, e il principe credette di sapere perché.
Il suo corpo straziato penzolante dalla spada era stato tenuto in vita solo dalle magie che ancora fluivano debolmente intorno a lei. Con delicatezza infinita Elminster sollevò l’elfa morente e la sfilò dalla lama insanguinata.
La ragazza ebbe un fremito, aprì la bocca e gli occhi, e poi si accasciò contro di lui. El posò una mano sull’orribile squarcio tra le sue costole e iniziò a trasmetterle energia guaritrice.
Symrustar prese fiato e rabbrividì, osando sperare e respirare, dopo ciò che le era sembrato un’eternità.
Il giovane la voltò a mezz’aria fino a prenderla fra le sue braccia, e lentamente discesero sul pavimento. Quando le sue ginocchia toccarono terra, El percepì la stima di molti elfi, ma si chinò e baciò la bocca insanguinata di Symrustar come fossero stati amanti da sempre. Labbra contro labbra, le infuse forza vitale, lasciando che tutto il potere ricevuto da Mystra fluisse nel suo corpo straziato. Poi le trasmise la sua vitalità, finché, vinto dalla debolezza, dovette alzarsi e finalmente respirare.
Fu allora che la donna parlò per la prima volta, in un sussurro stridulo. «Sei tu, non è vero, Elminster? Ho dovuto aspettare tanto per questo bacio».
El ridacchiò e la tenne a sé mentre la luce tornava nei suoi occhi.
Dapprima le apparve il soffitto squarciato della corte, poi lui. Lentamente, con una smorfia di dolore, Symrustar abbozzò un sorriso. «Ti sono grata, mi stai rendendo più semplice il trapasso, ma sto morendo, non puoi farci nulla. Quella notte, nella foresta, Mystra mi salvò dalla morte che Elandorr aveva progettato per me, perché compissi una missione. L’ho portata a termine, e ora posso morire».
Il giovane mago scosse lentamente la testa, consapevole delle facce vigili e delle mani sollevate di Sylmae e di Holone, pronte a colpire se mai Symrustar avesse tentato un ultimo tradimento.
«Mystra non tratta così gli individui», le sussurrò delicatamente.
La ragazza si contrasse per una fitta di dolore, e un rivolo di sangue scintillante le fuoriuscì da un angolo della bocca. «È ciò che pensi tu, Eletto. Io sono un’elfa, e per di più ho abusato della magia. Ho tentato di renderti mio schiavo: ti avrei rubato tutti gli incantesimi e ti avrei ucciso. Perché dovrebbe interessarle il mio destino?»