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Capelli color miele scuro turbinarono, mentre il bagliore si trasformò nel suo corpo chiaro, sdraiato sulle pietre. I capelli si agitarono, come disturbati da un’onda impetuosa, e rivelarono il volto familiare e vivace della sua Maestra, e quei grandi occhi scuri. La donna aprì gli occhi e lo guardò.

Elminster la stava fissando, scioccato, con la bocca spalancata, e Myrjala esclamò dolcemente: «Per favore, Elminster… non pronunciare mai più quelle parole, prometti? Per me?»

In silenzio, El cadde in ginocchio, e allungò le mani esitanti, per toccarle le spalle. Erano solide, e lisce, come le mani che gli presero dolcemente la testa e attirarono a sé la sua bocca. L’odore acre di capelli bruciati era forte intorno a loro, e d’un tratto il principe si ritrasse allarmato, sospettando un ulteriore trucco del mago, e fissò negli occhi la maga.

Rimasero a lungo in quella posizione, ed El seppe che la donna era proprio Myrjala. Deglutì, e lacrime calde caddero sul viso della maga. «Io… te lo prometto. Pensavo fossi morta… eri morta, incenerita! Com’è possibile?»

Gli occhi neri fissi nei suoi, si infiammarono improvvisamente; il fantasma di ciò che avrebbe potuto essere un sorriso le solcò le labbra ed esclamò piano: «Per Mystra tutto è possibile».

Elminster la guardò sbalordito e poi, finalmente, si rese conto di chi – di che cosa – fosse in realtà la sua Maestra.

In preda al panico, cercò di allontanarsi. Una nota di tristezza si insinuò negli occhi scuri, ma poi il loro sguardo divenne tagliente e le solide braccia intorno al collo di El lo tennero fermo. La dea Mystra lo tenne prigioniero con i suoi occhi misteriosi ed esclamò dolcemente: «Tempo fa, tu dicesti che avresti potuto imparare ad amarmi». Improvvisamente i suoi occhi gli lanciarono una sfida.

Pallido, ammutolito, Elminster annuì.

«Mostrami, dunque, ciò che hai imparato», lo spronò delicatamente la Signora sotto di lui, e un fuoco bianco e fresco li avvolse entrambi.

Elminster si sentì bruciare tutti gli abiti e li vide innalzarsi fra le fiamme, nel cielo limpido del mattino, al di sopra del muro di pietra in rovina. Poi le loro labbra si sfiorarono, e l’incendio avvampò, mentre un potere mai provato prima gli invase il corpo…

Il carro scricchiolò tanto forte da svegliare anche un morto, come al solito. Bethgarl sbadigliò, mentre lo spingeva sulla salita accidentata che precedeva la lunga discesa verso Hastarl… ma ormai ci era abituato.

«Sveglia, Hastarl!», mormorò, allargando grandiosamente le braccia e sbadigliando di nuovo. «Poiché sta arrivando Bethgarl Nreams, famoso mercante di formaggi, carico di…» qualcosa alla sua sinistra, accanto al cimitero-santuario, si mosse e catturò la sua attenzione. Bethgarl guardò in quella direzione, poi verso l’alto… e un terzo sbadiglio morì per sempre quando la sua bocca si spalancò.

Stava guardando – no, fissando – una sfera di fiamme bianche e blu, tanto brillante che riusciva a stento a tenere aperti gli occhi… ma non aveva distolto lo sguardo, e con occhi brucianti, aveva visto due individui fluttuare seminascosti al centro della sfera! Un uomo e una donna, e stavano…. Bethgarl si sfregò gli occhi, guardò ancora, poi lasciò cadere il carro e si mise a correre per dove era venuto, strillando di paura.

Per gli dei! doveva assolutamente smettere di mangiare quelle lumache! Ammuthe aveva ragione, come al solito… oh, per tutti gli dei, perché aveva dubitato di lei?

Sazi, fluttuarono abbracciati, all’ombra di un vecchio albero per ripararsi dal sole scottante.

Le fiamme bianche erano scomparse, e Mystra sembrava una donna umana, dallo sguardo languido e meravigliosa. Appoggiò la testa sulla spalla di El ed esclamò piano: «Ora devi proseguire da solo, Elminster, poiché più tempo percorro Toril in forma umana, più mi indebolisco. Tre volte sono morta come Myrjala, per proteggerti: qui, nel castello di Ilhundyl, e nella stanza del trono di Athalgard… e ad ogni morte il mio potere è diminuito».

Elminster fissò i suoi occhi scuri, ma quando aprì la bocca per parlare, la dea gli mise un dito sulle labbra, e continuò: «Ma non dovrai essere necessariamente solo – poiché ho bisogno di paladini nei Regni: uomini e donne che mi servano fedelmente e detengano parte del potere della mia Arte. Mi piacerebbe immensamente che tu fossi uno dei miei Eletti».

«Qualsiasi cosa, Signora», farfugliò El. «Comandami!»

«No». Gli occhi di Mystra erano gravi. «Devi decidere di tua volontà e prima di dire qualcosa di avventato, sappi che ti sto chiedendo un servizio che potrà durare migliaia e migliaia di anni. Un cammino duro… un lungo, lungo destino. Vedrai Athalantar, con tutti i suoi abitanti e le sue torri fiere, svanire, ridursi in polvere, ed essere dimenticata».

Quegli occhi lo tenevano prigioniero, e d’un tratto ebbe paura. Guardandolo negli occhi, la dea proseguì: «Il mondo cambierà intorno a te, e io ti comanderò di fare cose difficili, e che ti sembreranno crudeli e insensate. In molti luoghi non sarai ben accetto… e il tuo benvenuto in altri sarà dovuto solo a una paura servile».

Si scostò un po’ da lui e girò entrambi, finché non si trovarono in piedi, faccia a faccia nell’aria. «Ma non penserò male di te, se rifiuterai. Hai già fatto molto di più di qualunque mortale». I suoi occhi si illuminarono. «Inoltre, hai combattuto al mio fianco, fidandoti sempre di me, senza mai tradirmi o cercare di usarmi per i tuoi scopi. È un ricordo che conserverò per sempre».

Elminster ricominciò a piangere, e fra le lacrime mormorò raucamente: «Signora, ti prego, fai di me ciò che vuoi! Mi stai offrendo due cose molto preziose, il tuo amore e uno scopo per la mia vita! Che cos’altro potrebbe chiedere un uomo? Sarei onorato di servirti… fai di me, ti prego, uno dei tuoi Eletti!»

Mystra sorrise, e il mondo intorno a lei sembrò più lucente. «Grazie», esclamò formalmente. «Vuoi iniziare subito, oppure vuoi del tempo per vivere la tua vita ed essere te stesso?»

«Ora», rispose fermamente El. «Non voglio lasciare tempo ai dubbi… lascia che sia ora».

Mystra chinò la testa, gli occhi trionfanti. «Farà male», lo avvisò con aria grave, mentre il suo corpo si riuniva a quello del giovane.

Quando le loro labbra si toccarono, fulmini passarono dagli occhi di Mystra a quelli di El, e il fuoco bianco ricomparve improvvisamente intorno a loro, con un ruggito assordante, penetrandogli fin nelle ossa. Elminster tentò di gridare di dolore, ma si accorse che non riusciva a respirare, poi si sentì torcere, tirare, e spazzar via dalle fiamme, e d’un tratto non gli importava più di nulla…

«Che storie racconti!», Ammuthe si stava innervosendo mentre camminavano. Scosse la testa, e i suoi magnifici capelli scintillarono alla luce del sole. «Sempre quelle fantasie – e così mio marito sogna quando è desto e quando russa! Ringrazio gli dei per questo, e subisco in silenzio! Ma questa volta, un intero carro di formaggi lasciati cadere, alla mercé di chissà chi? È troppo, mio caro maritino! Sentirai qualcosa di più della mia lingua affilata, se tutte le forme di formag…»

Ammuthe si interruppe a metà predica, alzando lo sguardo al santuario sulla collina. Di nuovo tremante di paura, Bethgarl si concesse un breve momento di soddisfazione quando la moglie si mise a gridare, si voltò e gli si avvinghiò al collo.

L’uomo barcollò, ma la tenne salda. «Niente di tutto ciò, ora», esclamò con voce piuttosto bassa, lanciando un’occhiata guardinga alla sfera fluttuante sopra il santuario di Mystra. «Raccoglieremo tutto il formaggio… non mangerò mai più al nostro tavolo finché non vedrò il denaro ricavato, hai detto… bene, a momenti, mia cara moglie, mi verrà fame. Lo so che mi verrà, e…»