Il maestro di spada indicò in basso oltre le merlature con una mano inguantata. «Vedete quei tronchi vicino al mulino? Sarà tutto pronto prima di domani mattina; vi fisseremo sopra un paio di baracche, di quelle che servono per coprire i pozzi».
Il mago sorrise lievemente: un serpente che contempla la preda in trappola. «Partiranno domani stesso. Avrete dodici maghi, Maestro di spada, uno di loro sarà Landorl Valadarm».
Il guerriero annuì, domandandosi se Landorl fosse uno stupido o se si fosse semplicemente guadagnato la disapprovazione di Kadeln. Sperava si trattasse del secondo motivo. In tal caso, sarebbe almeno stato utile se quei maledetti fuorilegge avessero attaccato la slitta. I due si scambiarono un sorriso a denti stretti e si voltarono le spalle a vicenda, per mostrare che non avevano alcun timore, poi si allontanarono con fare indifferente. Ogni loro passo gridava al mondo la loro forza e la loro temerarietà.
Le merlature di Sarn Torel si ergevano silenziose, immobili e incuranti, come a ribadire che sarebbero sicuramente sopravvissute alla morte dei due uomini. Ci voleva ben altro per impressionare le mura di un castello!
Elminster stava felicemente soffiando sulle sue dita bruciacchiate, leccando i rimasugli di carne di cavallo, quando una delle sentinelle irruppe nella caverna e gridò: «Pattuglia! Hanno scoperto l’ingresso e ucciso Aghelyn, e probabilmente altri. Alcune delle guardie sono corse subito indietro per riferire dove ci nascondiamo!»
Dappertutto si udirono imprecazioni e tutti si alzarono in piedi, gridando. Sargeth si fece largo tra la confusione e urlò: «Balestre e spade; tutti tranne Mauri. I ragazzi e i feriti stiano di guardia nella grotta illuminata, tutti gli altri con me, avanti!»
Mentre correvano nell’oscurità, imprecando e sbattendo le armi contro la roccia invisibile, nella fretta, Sargeth aggiunse, «Brerest! Eladar! Cercate di evitare la battaglia e inseguite i soldati che stanno tornando dai maghi: tu sei il più veloce a piedi e anche abbastanza grande da brandire una vera spada. Li voglio tutti morti, altrimenti siamo finiti».
«Sì», Elminster e Brerest ansimarono e raggiunsero rapidamente l’imbocco della Caverna del Vento. Un dardo sibilò accanto a loro e colpì la roccia vicino alla testa di Sargeth; una seconda freccia li mancò completamente, ma Elminster si fermò dietro a un masso ricoperto di neve in tempo per vederne un terzo colpire Sargeth nell’occhio, e spingerlo indietro come un sacco di patate, facendolo scivolare dal muro di roccia.
Elminster appoggiò il suo pugnale nella neve, afferrò la vecchia balestra più volte aggiustata, caduta dalle mani di Sargeth e usò tutta la sua forza. L’arma sferragliò rumorosamente, ma i suoi compagni stavano avanzando, tirando con gli archi, e le grida gli dicevano che alcuni dei dardi stavano colpendo il bersaglio.
Finalmente riuscì a caricarla. «Tempus, assistimi», mormorò Elminster sfregando le dita sulla punta del pugnale fino a far uscire sangue per suggellare la preghiera al dio della guerra. Poi posò la balestra a terra, si tolse l’elmo e lo agitò da un lato del masso.
Un dardo gli sibilò accanto. Elminster raccolse l’arco e in un attimo fece il giro del masso. Come si aspettava, il soldato si stava alzando per veder morire il suo bersaglio, ed era sotto tiro, dietro un gruppo di banditi gementi e di soldati che uccidevano freddamente.
El prese attentamente la mira e mancò il bersaglio. Imprecando, balzò indietro, ma Brerest lo oltrepassò con una balestra carica, si preparò e scagliò il dardo.
Il soldato aveva iniziato a ritirarsi, in cerca di riparo. Il dardo lo colpì in faccia, la testa ruotò, e l’uomo cadde barcollando.
Elminster gettò a terra l’arco, afferrò il pugnale e corse veloce nella neve, scansando disperatamente gli uomini che combattevano. Mancavano pochi passi alla prima roccia dietro la quale potersi riparare, quando un soldato spuntò da dietro un secondo masso, e puntò la balestra in direzione della mischia davanti alla caverna. Vedendo Elminster girò rapidamente l’arma verso il ragazzo. Sarebbe stato impossibile mancarlo.
Elminster si arrestò bruscamente, poi cambiò direzione e si gettò nel cumulo di neve più vicino. Atterrò duramente in un turbine di neve, scivolò sulla viscida roccia sottostante e si acquattò aspettandosi di sentire in ogni momento il colpo mortale.
Non accadde nulla. El si ripulì il volto dalla neve e sollevò lo sguardo.
Brerest o uno degli altri era stato fortunato. Il soldato giaceva piegato sulla sommità della roccia, inerme e gemente, con una freccia nella spalla.
«Grazie, Tempus», esclamò Elminster soddisfatto, poi fece due passi di corsa e si lanciò a piedi oltre il primo masso, per atterrare chiunque vi fosse dietro.
Il soldato era in ginocchio e stava armeggiando con la balestra inceppata. Nell’atterraggio, Elminster lo sbatté a terra come una bambola di pezza, poi estrasse il pugnale e lo colpì alla gola. «Per Elthryn, principe di Athalantar!» sussurrò, e si ritrovò a soffocare le lacrime quando il volto di suo padre riaffiorò nella sua memoria.
Non ora, si disse disperatamente, e corse verso il masso successivo. L’uomo ferito lo vide e cercò di spostarsi di lato, grugnendo. Elminster affondò il suo pugnale e ringhiò: «Per Amrythale, la sua principessa!» Poi si abbassò, raccolse la balestra carica dell’uomo e risollevò lo sguardo appena in tempo per colpire un altro soldato, sbucato dal suo riparo con una lancia in mano. Più avanti, un altro soldato fu colpito alla mano da un dardo di un bandito, gridò e cadde dietro alla sua roccia, singhiozzando.
Il frastuono delle armi vicino alla caverna era cessato. El arrischiò un’occhiata, e vide solo uomini morti. Giacevano in mucchi sanguinanti davanti all’entrata… e pochi passi più in là scorse Brerest, a terra con un dardo nel cuore.
Per tutti gli dei! Sargeth, Brerest… e tutti gli altri, se quei soldati riusciranno a raggiungere i maghi. Quanti soldati c’erano? Quattro morti, sicuramente, pensò Elminster mentre correva abbassato, più tutti quelli vicino alla caverna. La gragnola di frecce che sibilavano nel dirupo era cessata… erano tutti morti?
No, rimaneva il soldato ferito alla mano, e forse altri due, che giacevano più avanti dietro a qualche roccia. Dovevano essere almeno due pattuglie, calcolò il ragazzo, e non più di tre soldati per gruppo, forse tre in tutto, erano stati incaricati di far rapporto ai maghi. Per avere qualche speranza di raggiungerli doveva assolutamente trovare i cavalli con i quali erano venuti, e… ma certo! I soldati mancanti, almeno due, stavano di certo badando ai cavalli di sotto.
Elminster strisciò intorno al masso, stando chinato, e prese quattro pugnali e una lancia dai due uomini morti. Una freccia di un bandito sibilò fuori dalla caverna e per poco non lo colpì alle spalle; sospirò e strisciò nella neve.
Aveva quasi raggiunto il soldato singhiozzante, quando ne spuntò un altro da dietro una roccia che si apprestò a prendere di mira l’ingresso della caverna. Elminster scagliò la lancia; era in aria prima che l’uomo potesse vederla.
Il soldato non ebbe il tempo di cambiare il bersaglio. Lanciò una freccia inutile giù per il dirupo mentre la lancia lo colpiva al petto, facendolo precipitare di spalle nella neve, agonizzante.
Elminster raggiunse di corsa il soldato sanguinante e lo colpì ancora con il suo pugnale. «Per Elthryn, principe di Athalantar!» ringhiò, e il soldato sotto le sue ginocchia ebbe il tempo di guardarlo sbalordito prima che la sua vista si offuscasse.