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Elminster si allontanò rotolando. Frecce e lance da entrambe le estremità della forra si incrociarono nell’aria sopra il soldato morto, dove il ragazzo era stato poco prima inginocchiato. A tentoni nella neve, Elminster uccise l’uomo che stava ancora stringendo la sua mano sanguinante. «Per mia madre Amrythale!»

Ansimando, prese la balestra dell’uomo e si abbassò dietro la roccia per riprendere fiato e caricare l’arma. Ora i suoi stivali erano pieni di pugnali di scorta e l’arco fu subito pronto. Si accucciò, lo sollevò tra le braccia e aggirò l’ultima roccia con le dita sul grilletto.

Non c’era nessuno. Elminster rimase immobile per un istante e poi si inginocchiò. Un’altra freccia di un fuorilegge gli sibilò accanto per cadere nella neve sotto il dirupo. El la guardò scomparire e sollevò lo sguardo. Avrebbe potuto arrampicarsi fin sul bordo della gola e vedere dall’alto dove erano andati i soldati; la neve aveva smesso di cadere e il vento era cessato, e le colline erano imbiancate di neve fresca.

Certo, per arrampicarsi avrebbe dovuto uscire allo scoperto… ma d’altronde Tyche metteva un pizzico di rischio nella vita di tutti.

Elminster sospirò, estrasse la freccia e se la infilò in uno stivale. Lasciò l’arco carico, se lo mise in spalla e risalì il pendio.

Aveva percorso pochi passi quando una freccia colpì la neve a una spanna dalla sua testa. El la afferrò, si staccò dalle rocce innevate e dall’erba ghiacciata, e si lasciò scivolare giù per la scarpata, fingendo d’essere morto. Cadde con la faccia nella neve, cercando di mantenere la balestra intatta.

Le lacrime lo accecarono per un momento, ma a quanto pareva non si era rotto il naso. Batté le palpebre, sputò la neve dalla bocca e controllò l’arma: era intatta; emise un gemito per coprire il rumore e la caricò.

Un soldato con una seconda balestra spianata, spuntò da un boschetto innevato lì vicino, cercando l’uomo che aveva colpito. I due si intercettarono nello stesso istante. Entrambi spararono; ed entrambi mancarono il bersaglio. Elminster balzò in piedi quando la freccia sibilò accanto… avrebbe corso per sempre intorno al dirupo, ansimando e scivolando?… afferrò i pugnali dai suoi stivali e corse verso il boschetto, una lama luccicante in entrambi i pugni. Temeva che il soldato avesse un terzo arco pronto a colpire…

Non si sbagliava. Il soldato sbucò di nuovo con un ghigno trionfale in volto ed Elminster gli lanciò un pugnale. Il sorriso dell’uomo si trasformò in una smorfia di paura e sparò di fretta.

Il dardo sfrecciò verso Elminster, che si lanciò disperatamente all’indietro. Mentre cadeva a terra, il suo coltello incrociò la freccia con un fragore e una scintilla. Il pugnale schizzò via e il dardo lo sfiorò, ferendogli il mento e facendogli voltare la testa. El urlò di dolore e cadde in ginocchio, sentendo lo scricchiolio degli stivali del soldato che si dirigeva correndo verso di lui. Il ragazzo si voltò, scuotendo la testa e grugnendo per il dolore. L’uomo era a pochi passi da lui, la spada alzata pronta a colpire, quando El gli lanciò in faccia il pugnale che teneva nell’altra mano. L’arma rimbalzò innocuamente sul paranaso dell’elmo, ma la spada dell’uomo mancò il giovane e colpì il suolo innevato e le rocce sottostanti; il guerriero urlò e cadde pesantemente sopra la mano sinistra di Elminster.

Questi urlò. Per tutti gli dei che dolore! L’uomo rotolò sopra la sua mano, cercando di far presa nella neve con gli stivali.

Il ragazzo singhiozzò e tutto divenne prima verde, poi giallo… una gran confusione. Si portò la mano libera alla cintura. Nulla di utile. L’uomo grugnì ed El sentì il suo respiro caldo quando questi si voltò e si trovarono faccia a faccia. Il soldato cercò di abbassare la spada su di lui e il suo peso spingeva la Spada del Leone, avvolta nelle pelli, contro il petto del giovane.

Disperato, Elminster strappò il collo del suo giustacuore. Le sue dita trovarono l’elsa della spada. Nelle lunghe notti del suo primo inverno sulle colline aveva affilato il moncone di spada fino a farlo diventare appuntito e tagliente, ma ciò nonostante l’arma non era nemmeno lunga quanto la sua mano. Ma proprio le sue ridotte dimensioni furono la sua salvezza. Mentre il volto del soldato lo fissava a distanza ravvicinata e il suo gomito si sollevava per assestare il colpo di grazia, Elminster gli conficcò la Spada del Leone in un occhio.

«Per Elthryn, principe di Athalantar!» sibilò, e quando il flusso di sangue caldo lo investì, si ritrovò a sprofondare in un’oscurità rossa, umida…

Era sospeso in un luogo buio e silenzioso. Udiva intorno a lui sussurri indistinti e un rumore sordo, lento e ritmico… Elminster percepì il dolore alla mano e un malessere diffuso. Nella sua testa? Sì, ora ecco crescere e pulsare un bagliore bianco… quello che vedeva quando si concentrava. Il bagliore aumentò e il dolore diminuì.

Ah, così! Elminster sforzò la mente e la luce bianca si affievolì. Si sentì un po’ stanco, ma il dolore era diminuito… si sforzò ancora, e di nuovo si sentì debole, ma ora non sentiva più quasi alcun male.

Ancora. Riusciva a respingere il dolore. Poteva veramente curare se stesso? Elminster si distrasse… e improvvisamente tutti i suoi mali tornarono, e sentì il suolo freddo e duro sotto le spalle e il sudore appiccicoso che gli ricopriva tutto il corpo. Dal luogo dei sussurri, tornò nuotando in superficie, e si ritrovò nella luce…

Il cielo era azzurro e senza nuvole. Elminster era sdraiato sulle rocce innevate, irrigidito dal freddo e dolorante. Cautamente, rotolò su un lato e si guardò intorno. Non vide nessun movimento, meglio così; la testa gli girava e gli pulsava, e dovette riabbassarsi per prendere fiato. Nuovamente, l’oscurità lo chiamò… e lui si sentì tanto bene, la sua testa era tanto pesante…

Poco dopo, si destò. Gli avvoltoi volavano in circolo nel cielo sopra il dirupo, sbattendo pesantemente le ali ed emettendo versi minacciosi.

L’ultimo soldato giaceva morto accanto a lui, con la Spada del Leone conficcata nella faccia. Elminster trasalì alla vista, ma afferrò la spada, gli girò l’impugnatura e la estrasse. Mentre la puliva nella neve, guardò furtivamente il cielo che si stava offuscando nuovamente, era di un color grigio acciaio nell’ultima luce del giorno, e si alzò. Aveva un compito da portare a termine se voleva continuare a vivere.

Si sentiva debole e un po’ intontito. Nello spazio aperto di fronte alla Caverna del Vento, otto o più soldati e una ventina di fuorilegge giacevano morti, la maggior parte infilzati da frecce che spuntavano dalle sagome immobili. Gli avvoltoi volavano in circolo, alti nel cielo, e presto sarebbero arrivati i lupi. Probabilmente avrebbero trovato abbastanza cibo senza bisogno di entrare nelle grotte, dove i più deboli avrebbero fatto la guardia fino all’arrivo di nuove pattuglie assassine. Avrebbe dovuto uccidere altri soldati per impedire che ciò accadesse… era stanco d’uccidere. El sogghignò debolmente mentre scendeva per il dirupo, distogliendo lo sguardo dai morti sparsi qua e là. Era proprio un fuorilegge impavido!

All’imbocco del dirupo c’era una vasta zona calpestata, che mostrava tracce di un andirivieni di cavalli. I soldati dovevano aver dato per morti i loro compagni. El rilassò le spalle. Non poteva raggiungere i cavalli con la neve tanto alta. Lui e gli altri superstiti erano condannati… a meno che non raccogliesse tutte le balestre e le spade che poteva, non le portasse agli ultimi banditi in attesa nell’oscurità, e non trasformasse le grotte in una trappola mortale per i soldati. Ma qualcuno sarebbe certo sopravvissuto e avrebbe potuto identificare il covo per attacchi successivi, e inoltre, che cosa sarebbe successo se avessero iniziato a lanciare sfere di fuoco nelle caverne? No.

Elminster si lasciò cadere su un masso per riflettere. Il suo movimento improvviso gli salvò la vita; una freccia di una balestra gli passò a pochi centimetri dalla testa e scomparve in un cumulo di neve vicino. Il più giovane principe di Athalantar, forse l’ultimo principe di Athalantar, si tuffò rapidamente nella neve, di faccia, e si dimenò nella sostanza gelida fino a rannicchiarsi dietro la roccia. Sbirciò nella direzione da cui era giunta la freccia.