Выбрать главу

Finalmente, dopo lungo tempo, l’opportunità di riordinare le idee. Il Mago Reale e almeno tre stregoni erano stati spazzati via in una sola notte, ma la mano di Elminster non aveva preso parte alla loro distruzione. Era rimasto con un pugno di mosche, e non aveva sottratto né un boccone di cibo, né una moneta per ripagare i suoi sforzi.

«Elminster ti ringrazia, Tyche», mormorò nell’oscurità impetuosa. Era riuscito a mantenere la calma in quella stanza di morte, e pensava che ciò fosse una cosa… una cosa che nemmeno i maghi potenti erano riusciti a fare! La prudenza soppresse il grido d’esultanza che improvvisamente gli salì dal profondo, ma fu sufficiente a riscaldarlo, mentre la corrente lo trascinava fuori dall’oscurità, nella debole luce serale, sotto le banchine del porto. Voltò la testa per guardare il profilo scuro delle guglie di Athalgard e abbozzò un sorriso di sfida.

La calda emozione durò finché non uscì dall’acqua e si arrampicò su una banchina in disuso, per poi incamminarsi, intirizzito e gocciolante, verso casa. Se fosse stato Farl, avrebbe riconosciuto gli uomini morti in quella stanza, per poi rubare indisturbato, quella stessa notte, le ricchezze che essi non avrebbero più reclamato, prima che parenti o altri avvoltoi apprendessero dell’assenza degli uomini o del bottino.

«Ma io non sono Farl», esclamò El rivolto alla notte, «e neanche un ladro poi tanto in gamba; piuttosto sono un buon corridore».

A dimostrazione di ciò, superò il soldato che proprio in quel momento voltava l’angolo, alabarda in pugno. La guardia, con un grido di sorpresa, riconobbe il giovane con cui, poco prima, si era quasi scontrato su una scala della casa di Havilyn. L’inseguimento portò i due in una strada ventosa, costeggiata dalle mura dei giardini dei ricchi. Mentre correvano sotto gli alberi sporgenti, un’ombra scura si lasciò penzolare da uno di essi e colpì il soldato in pieno volto con un ciottolo.

L’uomo cadde a terra con uno sferragliamento, e Farl scese agilmente dall’albero chiamando: «Eladar!»

Elminster si voltò alla fine della strada e guardò indietro. Il suo amico se ne stava con le mani sui fianchi e scuoteva il capo.

«Non posso lasciarti solo una sera, vedo», esclamò Farl mentre l’altro giovane si avvicinava col fiato grosso.

Quando lo raggiunse, l’amico era inginocchiato accanto alla guardia, e la stava abilmente perquisendo alla ricerca di portamonete, pugnali, medaglioni e altri oggetti interessanti. «È accaduto qualche cosa di importante», affermò Farl senza alzare lo sguardo. «Havilyn è entrato correndo, senza fiato, e ha detto qualche cosa a Fentarn – e tutti noi siamo stati invitati a uscire dalla casa, scortati dalle guardie – mentre loro sono usciti correndo per recarsi in qualche luogo – correndo, El… non sapevo che mercanti ricchi e potenti ricordassero come si corre…»

«Io ero là quando è accaduta quella cosa importante», esclamò Elminster pacatamente. «È per questo che mi stavano inseguendo».

Farl alzò lo sguardo, gli occhi scintillanti. «Racconta», fu tutto ciò che disse.

«Più tardi», rispose El. «Lascia che ti descriva prima i morti, e una volta che avrai dato loro un nome potremo visitare le loro case».

Farl abbozzò un ghigno crudele. «Penso che faremo proprio come dici, o principe dei ladri». In preda all’eccitazione e nello sforzo di sollevare il corpo del soldato, non notò che Elminster si era irrigidito all’udire la parola «principe».

«Ci siamo allontanati a sufficienza», esclamò Farl con soddisfazione quando furono a distanza di sicurezza dal negozio coperto di assi dov’era nascosto il bottino. «Ora andiamo da qualche parte dove possiamo parlare e non essere visti».

«Di nuovo al cimitero?»

«Va bene… se prima ci assicuriamo che non ci siano amanti».

Così fecero, e lì Elminster raccontò l’accaduto a Farl. L’amico scosse il capo alla descrizione che El fece dell’Alchimista. «Pensavo fosse solo una leggenda», protestò.

«No», rispose l’altro semplicemente, «incuteva timore… ah, ma era magnifico, il modo con cui evitava i loro migliori incantesimi, e la calma con cui giudicava e puniva. Il potere

Farl gli lanciò un’occhiata furtiva. Elminster stava fissando la luna con occhi scintillanti. «Avere un giorno tutto quel potere», mormorò, «e non dover più fuggire dalle guardie!»

«Credevo odiassi i maghi».

«Sì, sì… certamente, quelli malvagi, perlomeno. Ma c’è qualcosa nel modo con cui fanno gli incantesimi, che…»

«Affascina, vero? L’ho provato anch’io». Farl annuì al chiaro di luna. «Ti passerà una volta che avrai provato a maneggiare una bacchetta magica o a ripetere un incantesimo senza che accada mai nulla. Imparerai ad ammirare a distanza e a tenerti lontano, se non vuoi essere ammazzato in un istante. Maledetti maghi». Sbadigliò. «Bene, è ora di andare a dormire… cerchiamoci un riparo sotto Selûne, oppure ci troveranno addormentati da qualche parte quando farà giorno».

«Qui?»

«No, almeno due dei morti hanno le tombe di famiglia proprio qui, e che accadrebbe se i servitori mandati a pulirle fossero tanto paurosi da chiedere una scorta di guardie? No, dobbiamo trovare un altro luogo».

A El venne un’idea improvvisa e sogghignò. «Da Hannibur?»

Farl ricambiò il ghigno. «Il suo russare sveglierebbe un cadavere».

«Esattamente». Risero e si affrettarono per le strade e i viottoli bui della città, evitando le guardie in subbuglio, che si aggiravano senza meta nella notte, alla ricerca di un giovane vestito di nero e di un vecchio mago volante, che nel loro intimo speravano di non trovare.

Mentre la luce soffusa che annuncia l’alba avvolgeva lentamente il fiume e Hastarl, El e Farl si sistemarono sul tetto di Hannibur, domandosi il motivo di tanto silenzio. «Che ne è stato del suo russare?», mormorò Elminster, e l’amico rispose con un’alzata di spalle.

Poi udirono il rumore lieve, segno che il fornaio aveva aperto lo spioncino della porta sul retro. Entrambi alzarono le sopracciglia e si sporsero per guardare lungo la strada, giusto in tempo per vedere Shandathe Llaerin, detta «l’Ombra» per il suo fare silenzioso, forse la donna più bella di tutta Hastarl, incedere leggiadra verso la porta secondaria dell’abitazione di Hannibur. Poi la udirono sussurrare, «Sono qui finalmente, amore».

«Finalmente», brontolò il panettiere mentre apriva guardingo la porta. «Pensavo non venissi più. Vieni nel letto a cui appartieni, svelta».

El e Farl si scambiarono occhiate compiaciute, e si strinsero le mani con immensa gioia nell’oscurità della notte. Poi, messa da parte l’idea di dormire, si misero ad ascoltare ciò che accadeva di sotto.

Ma si addormentarono dopo pochi istanti.

Il sole caldo svegliò i due ladri, esausti e sporchi, nella tarda mattinata… e una volta svegli, il profumo del pane appena sfornato, proveniente dalla bottega di Hannibur, impedì loro di riprendere a dormire.

Con lo stomaco brontolante, i due sbirciarono cautamente nella camera di sotto. Poterono solo scorgere il gomito di Shandathe pacificamente addormentata.

«Non è giusto che debba dormire mentre noi non possiamo», si lamentò Farl, sfregandosi gli occhi.

«Lasciala stare», ribatté El. «Sicuramente è un sonno meritato. Andiamo.» Scesero prudentemente lungo i davanzali fragili e le travi trasversali del retro del negozio accanto e si incamminarono ai bagni pubblici, dove trovarono numerose persone in fila.

«A che si deve quest’improvviso amore per la pulizia, buon uomo?», domandò Farl a un venditore di salsicce che conosceva di vista.

Questi si accigliò. «Non avete udito? Il Mago Reale e una decina di altri stregoni sono stati uccisi questa notte! La processione funebre inizia a mezzogiorno».