Una figura scura sbucò da sotto il letto, attraversò furtivamente la stanza e si tuffò dietro l’agrippina sulla quale poco prima Peeryst aveva lanciato con abilità gli stivali. L’intruso fu al sicuro prima che altri due ladri in abiti di pelle rompessero le finestre rimanenti, i cui frammenti si aggiunsero a quelli già presenti sui tappeti di pelliccia folta. Peeryst e Nanue si abbracciarono stretti, ignorando la propria nudità, e mugolarono di paura, aggrappandosi l’una alla schiena dell’altro nel tentativo frenetico di scomparire… ovunque fosse stato possibile!
I due nuovi arrivati indossavano la stessa maschera, le stesse pelli attillate e lo stesso distintivo della prima intrusa. Uno era una donna, l’altro un uomo, ed entrambi stavano scrutando con aria feroce la stanza.
«Dov’è andata a finire?»
«Sssh, Minter… sveglierai tutti».
«Non chiamarmi per nome, maledetta la tua linguaccia!»
Estrassero pugnali dagli stivali e si avvicinarono alla coppia terrorizzata sul letto, che urlava e cercava nascondiglio tra le lenzuola di seta bordate di pelo.
«Zitti, dannazione!», Minter tentò di afferrare un piede, ma invano, riuscì solo a bloccare una caviglia e tirò forte. Peeryst si aggrappò disperatamente alle lenzuola e le tolse di dosso alla moglie, che si inginocchiò sul letto e strillò di nuovo, in modo penetrante. Nella stanza, una statuetta di vetro andò in frantumi, facendo retrarre improvvisamente la mano inguantata che stava per afferrarla da dietro il divano.
Peeryst Trumpettower venne trascinato giù dal letto e ritrovandosi sdraiato ai piedi di Minter, iniziò a mormorare parole confuse, terrorizzato.
Minter gli fu subito addosso, pensando brevemente a quanto fossero ridicoli gli altri uomini nudi, e ringhiò: «Dov’è andata?» Poi passò il coltello sotto al naso dell’uomo per sortire un effetto maggiore.
«C… chi?», strillò Peeryst.
Minter indicò con l’arma la compagna Isparla, che, come un turbine, stava raccogliendo cofanetti gemmati e biancheria di seta dal pavimento e dai tavoli circostanti, e stava gettando il tutto su uno dei lenzuoli finiti sul pavimento. Mentre la guardavano, agguantò il cervo, borbottò sorpresa dal peso della statua, perse l’equilibrio, scivolò sul tappeto e cadde sui gomiti sopra il cumulo di bottino. Gemette di dolore e, nel frattempo lasciò andare il cervo che si rovesciò su un lato, proprio sulla sua mano. Urlò nuovamente, questa volta più forte.
«Un’altra come lei che è entrata prima di noi!», grugnì Minter, indicando la collega.
«S… sotto l’armadio», ansimò Peeryst, puntando il dito verso l’armadio. «Le è caduto addosso».
Minter si voltò e vide un rigagnolo di sangue scuro che fuoriusciva da sotto l’armadio, grande come una carrozza e forse altrettanto pesante. L’uomo rabbrividì. E continuò a farlo mentre cadeva sul pavimento, colpito alla testa con una bottiglia di profumo da una figura sbucata da sotto il letto.
Isparla si alzò in piedi, vide la sagoma con la bottiglia rotta in pugno ed esclamò con aria sprezzante: «Velluto! Ancora voi!», poi lanciò il pugnale. La figura lo scansò tuffandosi dietro il letto, e il pugnale sfrecciò innocuamente attraverso la stanza. Poi si udì uno starnuto titanico.
Nanue urlò di nuovo, e la donna in nero le assestò un manrovescio sul volto, mentre tentava di raggiungere l’inafferrabile autore dello starnuto. Nella fretta, inciampò nel cervo e si mise a saltellare e a lamentarsi per il dolore. La statua si rovesciò sull’altro lato e da essa si staccò una scheggia di diamante.
L’individuo misterioso, riparato dietro il letto, stava rannicchiato in preda a starnuti incontrollabili, ma riuscì a lanciare la bottiglia di profumo rotta in faccia alla donna Moonclaw, che lo aveva quasi raggiunto nel suo nascondiglio. Isparla indietreggiò appoggiandosi al letto e Nanue la colpì forte sulla schiena.
La donna mascherata si voltò bruscamente, mostrò i denti, poi si protese, e, a quel punto, la sua faccia sbatté forte contro il vaso da notte di ottone che Peeryst, con mani tremanti, aveva appena sollevato.
Isparla collassò silenziosamente sul letto. Nanue, inginocchiandosi accanto a lei, vide del sangue fuoriuscire dalla bocca della donna e riversarsi sulle lenzuola di seta, al che pensò bene di gridare ancora.
Peeryst vide ciò che aveva fatto e, terrorizzato, lasciò cadere il vaso, che emise un rumore secco quando colpì il cervo e poi un rumore metallico sordo, quando rotolò sul pavimento fino ad arrestarsi. Poi fuggì attraverso la stanza, piagnucolando. Una figura scura sbucò da dietro l’agrippina e si affrettò a intercettarlo.
Peeryst era a pochi passi dalla porta, dietro la quale sarebbe stato in salvo, quando la figura misteriosa gli fu addosso. Cozzarono insieme contro la porta, che si aprì di colpo per l’impatto, e venne subito richiusa dai loro corpi in caduta.
Al piano sottostante, le due famiglie riunite udirono il fracasso, sollevarono le sopracciglia e fecero un altro brindisi.
«Bene», esclamò allegramente Janatha Glarmeir, guardandosi intorno e arrossendo graziosamente, «sembra proprio che… vadano d’accordo, vero?»
«Pare di sì», acconsentì Darrigo Trumpettower con una risata fragorosa, facendole l’occhiolino. «Ricordo che la mia seconda moglie era uguale…»
Elminster si sollevò da sopra la sagoma incosciente del giovane, chiuse la porta col chiavistello e si affrettò a raggiungere Farl che, con gli occhi ancora lacrimanti per il profumo, si stava allontanando vacillante dal letto.
«Dobbiamo andarcene», mormorò, scuotendo Farl per le spalle.
«Dannati Moonclaw», borbottò l’amico. «Arraffa qualcosa per non vanificare questo trambusto».
«Già fatto», rispose El, «e ora filiamocela!»
L’ultima parola si trasformò in un grido eccitato, quando una nuova coppia di ladri in abiti di pelle entrarono oscillando dalla finestra, appesi ad altre corde di seta.
Atterrarono e si misero a correre con i coltelli in pugno. Elminster afferrò un tavolino di vetro, spargendo statuine in tutte le direzioni, e lo lanciò con forza.
Il suo bersaglio si chinò, e il tavolo finì senza danno fuori dalla finestra, proprio mentre una delle statuette gli cadeva pesantemente sul piede.
El si mise a saltellare e a mugugnare dolorante. Uno dei nuovi intrusi gli si avvicinò brandendo una lama luccicante, mentre l’altro si tuffò per afferrare la donna nuda che strillava sul letto.
Il tavolo cadde nel buio e andò in mille pezzi quando raggiunse il suolo. Alcune schegge tintinnarono sulle finestre della sala da ballo e del salotto. I membri più anziani delle due famiglie, impellicciati e ingioiellati, si voltarono all’udire il rumore e si guardarono con aria interrogativa.
«Non staranno litigando, non è vero?», domandò ansiosamente Janatha Glarmeir, facendosi aria per nascondere le sue guance brucianti. «Certo sembrano fare sul serio».
«No», ruggì Darrigo Trumpettower, «è solo… ciò che chiamano… oh, sì, “preliminari”; sai, il divertimento che precede… una stanza grande per rincorrersi…» Sospirò, con lo sguardo rivolto al soffitto, che improvvisamente venne scosso da un altro colpo, gettando una nuvola di polvere nella stanza sottostante. «Vorrei essere più giovane e mi piacerebbe che Peeryst domandasse aiuto…»
Prontamente si udì un grido debole e tremolante: «Aiuto!»
«Bene», esclamò Darrigo compiaciuto, «e non dite che il ragazzo non assomiglia a quel brigante del suo vecchio zio! Dove sono le scale? Spero di ricordarmi come si fa, dopo tutti questi anni…»
Elminster indietreggiò, trasalendo. L’uomo fece un affondo verso di lui, con la lama scintillante, e poi borbottò sorpreso quando Farl si avvinghiò intorno alla sua gamba. Il ladro cadde come un albero abbattuto, e Farl lo accoltellò alla gola prima che toccasse il pavimento. La statua del cervo, incrinata e un po’ più piccola di prima, schizzò via da sotto il corpo dell’uomo.