«Che gli dei maledicano tutti i maghi!» La voce trasportata dal vento sembrò essere sorprendentemente vicina.
E così anche la risposta. «Potresti dire di meglio».
«Io sì, ma non i miei piedi congelati. Preferirebbero trovarsi accanto a un fuoco scoppiettante, di nuovo a…»
«Tutti i nostri piedi vorrebbero essere là. E presto sarà così, dei permettendo. Ti scalderai uccidendo qualche fuorilegge, se hai la vista abbastanza aguzza da individuarli. Ora taci!»
«Forse», commentò tranquillamente El, sapendo che il vento avrebbe smorzato le sue parole, «gli dei hanno altri progetti».
Fece appena in tempo a sentire una risata in risposta, proveniente dalla sua sinistra: Sargeth. Un attimo dopo udì un forte scricchiolio sulla neve, e il nitrito acuto di un cavallo spaventato. I fratelli avevano attaccato. Arghel colpì per primo, e poi Baerold lanciò il grido…
Si udì un ruggito simile all’urlo di trionfo di un lupo, come solo Baerold riusciva a fare. I cavalli si impennarono, nitrirono e recalcitrarono nella neve alta in ogni direzione. Si trattava di una pattuglia a cavallo.
Elminster spuntò dalla neve come uno spettro desideroso di vendetta, con la spada sguainata. Rimanere immobili poteva significare essere schiacciati e travolti dai cavalli. Vide un guizzo di luce attraverso il vorticoso candore, quando il soldato più vicino estrasse la sua arma.
Un istante più tardi, la lancia di Engarl, sobbalzando sgraziatamente, colpì il soldato alla gola. Questi annaspò, gorgogliò e, quando il cavallo si slanciò in avanti, cadde con la testa penzolante, portando con sé la lancia. Elminster non si curò dell’uomo morente; un altro soldato era sbucato da destra e stava cercando di passare oltre il ragazzo, attraverso la fenditura.
El corse nella neve scivolosa più veloce che poté, nel modo insegnatogli dai banditi, oscillando goffamente da un lato all’altro per evitare di slittare. Tutti i briganti sembravano orsi ubriachi quando correvano nella neve alta. Ma se lui era lento, il cavallo lo era ancor di più; i suoi zoccoli scivolavano nelle buche che segnavano la pista, e tra uno scalpitio e l’altro il cavaliere rischiò più volte di essere disarcionato.
Il soldato vide Elminster e si protese per colpirlo. Il ragazzo si abbassò, lasciò che la spada sibilasse oltre la sua testa, e si avventò contro la gamba dell’uomo, aggrappandosi con una mano mentre, con la spada nell’altra, bloccava un secondo colpo del cavaliere.
L’uomo con l’armatura perse l’equilibrio, emise un grido disperato, agitò selvaggiamente il braccio libero nel vano tentativo di trovare un appiglio e cascò pesantemente dalla sella, ruzzolando nella neve ai piedi di Elminster. Il giovane bandito gli conficcò la spada nel collo, mentre uno spruzzo di neve ricopriva ancora il viso dell’uomo, rabbrividì sentendo gli spasmi provocati dalla sua spada e poi si lasciò cadere fiaccamente nella neve. Quattro anni prima aveva scoperto che non gli piaceva uccidere… e non aveva ancora superato la sua repulsione.
Tuttavia, sulle colline frequentate dai fuorilegge, o si uccideva o si veniva uccisi; Elminster si allontanò rapidamente dall’uomo, guardandosi attorno in quella confusione di neve vorticante e di cavalli agitati.
Alla sua sinistra si udì un grugnito, un ruggito di dolore, e il tonfo pesante di un corpo e di un’armatura che urtavano il suolo ammantato di neve, subito seguito da un lamento che cessò improvvisamente. El rabbrividì ancora, ma cautamente tenne la spada sollevata. Talvolta accadeva che i banditi si stancassero di qualche membro della banda e decidessero di compiere un errore, con la scusa della tempesta, eliminando qualcuno che non era affatto una guardia di Athalantar.
El non si aspettava tale tradimento dai compagni… ma solo gli dei conoscevano il cuore degli uomini. Come la maggior parte dei briganti delle Colline del Corno, perlomeno, quelli che riverivano Helm Spadadipietra e odiavano i signori maghi, non attaccavano la gente comune. Non volendo che la collera dei maghi ricadesse sui contadini, i cui fienili rappresentavano talora un giaciglio caldo e le cui radici congelate, dimenticate sotto terra, erano un cibo prezioso per gli uomini affamati, i banditi evitavano ogni contatto con i loro vicini delle colline. Ma ciò nonostante questi ultimi non avevano imparato a fidarsi di loro. I soldati di Athalantar pagavano cinquanta pezzi d’oro a testa a chi li avesse condotti dai banditi. E più di un fuorilegge era stato preso per eccesso di fiducia.
La dura legge consisteva nel non fidarsi di alcun essere vivente, dagli uccelli alle volpi la cui fuga allarmata avrebbe potuto attirare l’attenzione delle pattuglie, ai mercanti ambulanti che in cambio di oro avrebbero potuto parlare di fuochi o di sentinelle incontrati nel cuore delle colline, noto nascondiglio dei briganti.
Sargeth avanzò a grandi passi tra i fiocchi di neve che cadevano incessanti, perpendicolari per l’assenza improvvisa del vento. Stava sogghignando sotto la nuvola di vapore che gli fuoriusciva dalla bocca. «Tutti morti, Eclass="underline" una decina di soldati… e uno di essi portava un sacco pieno di cibo!»
Elminster, Eladar per i banditi, borbottò: «Nessun mago?»
Sargeth ridacchiò e gli posò una mano sul braccio. Lasciò tracce di sangue, il sangue coagulato di qualche soldato ora immobile nella neve. «Pazienza», esclamò. «Se sono i maghi che vuoi uccidere, cominciamo dai soldati e, per tutti gli dei, vedrai che i maghi si faranno vivi».
Elminster annuì. «Che altro?» Intorno a loro il vento aveva ripreso a soffiare con nuovo vigore, ed era difficile vedere attraverso la tormenta.
«Un cavallo è ferito. Lo macelleremo e lo avvolgeremo nei loro mantelli. Ora sbrighiamoci; i lupi sono affamati quanto noi. Engarl ha trovato una decina di pugnali e almeno un elmo decente. Baerold sta raccogliendo stivali, come al solito. Vai ad aiutare Nind a tagliare la carne».
Elminster tirò su col naso. «Lavoro di sangue, come sempre».
Sargeth rise e gli batté una mano sulla schiena. «Dobbiamo farlo tutti per vivere. Fai finta di preparare tanti banchetti, e prova a non masticare troppa carne cruda, come fai di solito… a meno che non ti piaccia congelarti il culo nella neve…»
Elminster borbottò e si diresse nel punto indicato da Sargeth. Un grido di felicità lo indusse a voltare improvvisamente il capo. Era Baerold, che conduceva per le redini un cavallo sbuffante. Ottimo; avrebbe potuto trasportare per un po’ il loro bottino prima di essere ucciso, per non lasciare più tracce di zoccoli sulla neve.
Intorno a loro, il sibilo del vento si affievolì e anche la nevicata si fece meno intensa. Da ogni parte giungevano imprecazioni; i banditi sapevano che avrebbero dovuto lavorare velocemente se il tempo si fosse rasserenato, poiché perfino i maghi più incapaci, appostati nei castelli dei dintorni, erano in grado di individuarli quando il cielo era limpido.
Col favore degli dei, si levò un’altra bufera subito dopo aver lasciato la fenditura, e anche se qualcuno fosse già stato sulle loro tracce non sarebbe più stato in grado di seguirli. I fuorilegge procedettero a fatica, seguendo Sargeth e Baerold, che conoscevano ogni pendio di quelle colline perfino nella violenta tormenta. Quando giunsero alla sorgente profonda, che non gelava mai, un luogo che sapevano essere sottoposto agli incantesimi dei maghi lontani, Baerold sussurrò poche parole di conforto al cavallo e poi affondò la sua ascia da guardiaboschi con forza brutale e si allontanò rapidamente dagli zoccoli recalcitranti dell’animale.
I banditi abbandonarono i resti fumanti della carcassa affinché li trovassero i lupi; poi si rotolarono nella neve per ripulirsi un po’ dal sangue e proseguirono il loro cammino. Si diressero a nord nella bufera incalzante, arrampicandosi su per le forre anguste e buie, fino alla Caverna del Vento, dove le brezze gelide sussurravano incessantemente in una fessura senza luce. Uno alla volta si chinarono per passare dalla stretta apertura, attraversarono al buio la caverna accidentata, e raggiunsero la pietra debolmente illuminata che segnava l’imboccatura del passaggio successivo. Procedettero lungo la cavità scura finché non videro il bagliore pallido di un’altra pietra. Sargeth bussò lentamente sul muro per sei volte, fece una pausa, e poi bussò un’ultima volta. Giunse un colpo di risposta, l’uomo fece due passi e svoltò in un passaggio laterale nascosto. I banditi lo seguirono nella galleria stretta, che odorava di terra e di pietra umida, e scendeva ripida sotto le Colline del Corno.