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Jansibal Otharr sospirò esasperato. «Perché, nel nome di tutti gli dei, deve accadere proprio adesso

Terminò di fare i suoi bisogni, si voltò con la brachetta elaborata penzolante, guardò con desiderio la donna che l’attendeva nel letto, e poi sospirò e si abbottonò. Conosceva la punizione che l’aspettava se uno dei maghi avesse scoperto che aveva ignorato il loro prezioso campanello d’allarme per una scappatella.

«Rimani», le ordinò, «ma non approfittare troppo del vino, Chlasa. Tornerò presto». Allacciandosi la spada ingioiellata, uscì dalla stanza.

Il corridoio illuminato dalle torce, nella parte del castello riservata ai visitatori nobili, era solitamente deserta, eccezion fatta per qualche servo frettoloso. In quel momento era invece molto affollato: guardie del corpo in livrea che correvano di qua e di là, un delegato in tabarro athalantino, e Thelorn Selemban, il suo odiato rivale. Thelorn stava avanzando a grandi passi verso di lui, la sua sottile spada filigranata in pugno.

Jansibal divenne scuro in volto, e si mise ad armeggiare per sguainare a sua volta la spada prima che Selemban lo raggiungesse – in un tale caos, gli «incidenti» accadono fin troppo facilmente.

Gli occhi di Thelorn scintillarono beffardi quando giunse vicino a Jansibal. «Buona sera, mio adorato», salutò lievemente, sapendo che il riferimento alla scena imbarazzante accaduta al Bacio della Fanciulla avrebbe fatto infuriare l’unico rampollo della nobile casata degli Otharr.

Jansibal ringhiò e sguainò la spada – ma Thelorn l’aveva già oltrepassato con una risata di scherno, e stava scendendo di corsa un’ampia rampa di scale, diretto alla sottostante sala delle guardie. Un sorriso contorto e beffardo solcò il viso di Jans, e il bellimbusto profumato si affrettò a seguire il suo rivale. Gli incidenti possono accadere, sì, specialmente da tergo…

«Che cosa succede?», Nanue Trumpettower ripose il bicchiere, lo sguardo allarmato. Ah, pensò Darrigo allegramente, la fanciulla è un fiore tanto delicato… pensandoci bene… è sprecata per il giovane Peeryst.

Il vecchio si alzò pesantemente in piedi. «Bene», borbottò, «sono i campanelli d’allarme, che radunano le guardie. Penso che…»

«No, zio», lo interruppe grandiosamente Peeryst, sguainando la spada con uno svolazzo. «Ho portato con me la mia spada, andrò io a dare un’occhiata. Proteggi Nanue finché non ritorno!»

Spinse da parte Darrigo senza attendere una risposta, mascelle serrate e occhi scintillanti. Già, non perdeva occasione per pavoneggiarsi di fronte a sua moglie, pensò Darrigo, e quando Peeryst aprì bruscamente la porta, il vecchio allungò una mano per evitare che la porta sbattesse contro un tavolo di cui, probabilmente, i signori maghi andavano fieri.

Quasi immediatamente, il giovane emise un grido di sorpresa. Darrigo vide un soldato di corsa scontrarsi con il giovane, barcollare, e continuare per la sua strada. Peeryst non fu tanto fortunato; sbatté il naso contro il muro e gemette.

Darrigo grugnì. Naturalmente, il becco superdelicato di quell’idiota si mise a sanguinare e, naturalmente, la piccola Nanue si sarebbe alzata e sarebbe corsa a vedere che cosa era accaduto a quella fraschetta di suo marito. Infatti, Nanue lo oltrepassò con un gran fruscio di sottane, e si mise a gridare.

Darrigo guardò fuori giusto in tempo per vedere un nobile ben vestito scostare la donna con la spada, ringhiando: «Spostati, puttana! Non senti l’allarme?» Nanue cadde all’indietro contro la soglia con un singhiozzo di paura. La spada le aveva ferito un braccio, e il sangue le colava lungo le gonne. Darrigo non ci vide più dalla rabbia.

In due passi fu accanto a Peeryst, con una mano strappò la spada piccola e delicata dalla mano del nipote, con l’altra spinse la giovane speranza dei Trumpettower verso sua moglie. «Fasciale la ferita», ringhiò, incamminandosi lungo il passaggio dietro al nobile frettoloso.

«Ma… come?» gli gridò Peeryst disperatamente.

«Usa la tua camicia, uomo!», rispose Darrigo.

«Ma, ma… è nuova, e…»

«Allora usa i pantaloni, testa di legno», ruggì Darrigo, mentre si lanciava lungo una rampa di scale facendo tre gradini per volta.

Giunse in fondo alle scale ansimante e barcollante, ma riuscì a raggiungere l’uomo. La sua preda stava giusto alzando la spada, con tutte le intenzioni di piantarla nelle costole di un altro bellimbusto che lo precedeva di poco lungo corridoio. Darrigo lo colpì sulla nuca, e fortunatamente l’arma minuta del nipote non si ruppe. Il nobile si voltò di scatto, lasciando nell’aria una zaffata di profumo.

«Osi toccarmi, vecchio?» La spada del bellimbusto si accinse a colpirlo alla gola prima ancora che Darrigo potesse pronunciare una risposta.

Ringhiando, il vecchio la spostò da parte con la sua e avanzò. «Usare la spada contro una giovane Trumpettower? E per giunta disarmata! Non meriti di vivere tre secondi di più!»

Jansibal balzò indietro appena in tempo. La spada ornamentale del vecchio sibilò accanto al suo naso. Subito gli passò la voglia di ridere… il vecchione faceva sul serio!

Una nitida risata risuonò alle sue spalle: Thelorn, che gli dei lo maledicano! Jans ringhiò e scartò, superando il vecchio per togliere la sua schiena indifesa dalla portata del suo rivale.

«Ora attacchi i vecchietti, Jansibal? I più giovani iniziano a rifiutarti?» chiese Thelorn con interesse. Colto da furia improvvisa, il nobile si lanciò contro Darrigo. Le spade si incrociarono – una volta, due, e tre… e la brachetta di Jansibal cascò sul pavimento, entrambe le minuscole bretelle recise.

Il vecchio gli rivolse un sorriso freddo. «Pensavo che magari fossi riuscito a muoverti un po’ più rapidamente senza tutto quel peso laggiù», commentò, avanzando nuovamente.

Jansibal lo guardò attonito, poi la piccola spada si avventò nuovamente su di lui, e fu costretto a cimentarsi in una serie di parate frettolose. Thelorn rise nuovamente, godendo dell’umiliazione del rivale. Jans ringhiò e attaccò, e quasi casualmente la lama del vecchio superò la sua guardia e tracciò una riga sul suo naso e sulla guancia.

Otharr imprecò rabbiosamente e indietreggiò. Darrigo avanzò pesantemente verso di lui, e il bellimbusto profumato si voltò e si mise a correre per il corridoio scuro, allontanandosi. Il vecchio alzò incredulo un sopracciglio. «Fuggire una sfida? E ti credi nobile

Jansibal Otharr rispose annaspando, e un attimo dopo Darrigo capì il motivo. Una lancia gli fuoriusciva dalla schiena, scura per il sangue del nobile. La lama vibrò e Jans cadde in ginocchio sul pavimento, spinto da uno stivale, e si accasciò silenziosamente.

«Quello è un nobile di Athalantar?», esclamò un vecchio guerriero malconcio con in mano la spada insanguinata. «Avremmo dovuto ripulire prima questo luogo!»

Thelorn Selemban fece qualche passo avanti, oltre il vecchio sbalordito. «E voi chi siete?» domandò.

Helm Spadadipietra guardò la camicia di seta del nobile, aperta sul petto, e le sue maniche a sbuffo adornate di numerosi draghi striscianti.

«Un cavaliere di Athalantar», grugnì, «ma dal vostro aspetto, avrei fatto meglio a farvi da sarto».

«Un cavaliere? Che idiozia è questa? Non ci sono…» gli occhi di Selemban si assottigliarono. «Siete fedeli a Re Belaur e ai signori maghi?»

«Ho paura di no, ragazzo», rispose Helm avanzando. Dietro Thelorn vi erano più di dieci guerrieri nelle più svariate armature.

Selemban sguainò la spada con gesto elegante. L’arma scintillò alla luce delle torce quando esclamò eccitato: «Non avvicinatevi, ribelli, o morirete!»

«Oggi è la giornata dei grandi discorsi», rispose Helm, senza fermarsi. «Vediamo se con la spada te la cavi meglio del tuo profumato amico…»

«Amico?» sbuffò Thelorn. «Non era un mio amico, nonostante ciò che abbiate potuto udire. Ora indietro, altrimenti…»