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«Altrimenti mi attaccherai?»

La voce di Helm era carica di sarcasmo, ma si affievolì quando Thelorn si strappò qualcosa dal collo, se lo portò alle labbra, e sogghignò: «Altrimenti vi uccido con questo, traditori! Mi dicono che…»

Fu allora che Darrigo Trumpettower prese la sua decisione. Fece due passi strascicati e conficcò la sua spada nell’orecchio del nobile.

Thelorn gorgogliò, lasciò cadere la spada e ciondolò, vacillò e cadde di faccia.

Darrigo guardò le facce truci degli uomini di fronte a lui. «Helm?» domandò, sbattendo le palpebre. «Helm Spadadipietra?»

«Darrigo! Vecchio leone! Lieto di rivederti!»

Un attimo più tardi i due si abbracciarono, scostando le spade con la disinvoltura di due veterani.

«Ho sentito che eri un fuorilegge; che cosa facevi, Helm?»

«Uccidevo soldati», rispose il cavaliere, «ma ho scoperto che uccidere i maghi è più divertente, ed è proprio ciò che sto facendo. Vuoi unirti a noi?»

«Posso?», grugnì Darrigo Trumpettower. «Grazie, volentieri. Fammi strada».

Helm roteò gli occhi. «Questi nobili», deprecò con aria disgustata, e si incamminò.

I maghi fissarono il Maestro e poi si guardarono l’un l’altro. Nelle loro parole d’assenso vi era una nota di riluttanza, e i loro sguardi erano sospettosi. Quelle facezie non erano ancora terminate, quando l’alta finestra all’estremità più lontana della vasta stanza degli incantesimi di Ithboltar si infranse da cima a fondo.

Dall’apertura entrò la figura imponente di un mago alto quanto due uomini, dalla barba bianca, sulla testa una corona di fuoco. Avanzò deliberatamente verso di loro, camminando sull’aria, in mano un bastone della sua stessa altezza, pulsante e scintillante di luci. Ogni mago gridò un incantesimo, all’unisono – e anche l’aria sembrò andare in frantumi.

La parete esterna della stanza crollò, gettando nel cortile di Athalgard polvere e macerie. Invisibile, dietro di loro, il cristallo di Ithboltar pulsò di vita.

El lasciò svanire nuovamente nell’oscurità il cristallo che Tass gli aveva portato. «Ben fatto, Myr… ognuno di loro ha sprecato un incantesimo potente».

Myrjala annuì. «Comunque non li coglieremo più in quel modo, e ora sono insieme, lontani dalle loro stanze dove i cavalieri e gli amici di Farl potevano sopraffarli».

El alzò le spalle. «E allora dovremo optare per la via più difficile».

I soldati salivano le scale a centinaia. Tass non era molto abile con una balestra, ma era difficile non colpire qualcosa in quel fiume di umanità corazzata. Mentre guardavano, un elfo allargò le mani in un incantesimo, e le guardie nelle prime file inciamparono, si portarono le mani agli occhi, e urtarono ciecamente il muro. I compagni appena dietro di loro incespicarono nelle guardie appena cadute. Si sollevarono cori di imprecazioni, e un ladro si protese dall’alto di una scala per infilare un pugnale in un elmo aperto e urlò: «Ci stanno attaccando!» Un altro ladro emise un grido gorgogliante da qualche parte vicino alla testa delle scale. Pochi attimi dopo, l’intera scalinata era un tumulto di spade sferzanti e di uomini urlanti. Farl li osservava con un ampio ghigno sul volto.

«Come puoi sorridere per ciò che sta accadendo?», lo rimproverò Tassabra, indicando i soldati che si stavano uccidendo erroneamente fra loro.

«Ogni morto è una guardia in meno che ci darà la caccia, Tass – uomini che per anni ho avuto una gran voglia di ammazzare, e non osavo farlo per paura di essere rintracciato dalla magia dei signori maghi. Ed ecco che ora si fanno fuori a vicenda – sono loro i responsabili della loro morte. Lascia che mi diverta, vuoi?»

Braer sorrise lievemente ma rimase in silenzio. La nobile creatura si sentiva più o meno come il giovane, sebbene non volesse ammetterlo nemmeno con se stesso. Qualsiasi cosa fosse accaduta in seguito, avevano comunque inferto un bel colpo alla potenza dei maghi quella notte. No… quel giorno, oramai….

Braer guardò fuori dalla grande finestra il cielo grigio che annunciava l’alba e si irrigidì. Un incantesimo d’allarme che aveva posto lì tre giorni prima era appena stato innescato, e inviava il suo grido alla mente dell’elfo.

«La mia battaglia sta per cominciare, temo», mormorò, e il suo corpo cominciò a gonfiarsi e a scurirsi rapidamente. Dalla schiena gli spuntarono un paio di ali, si ricoprì di squame argentee, brillanti alla luce delle torce, e un drago volò fuori dalla finestra, dopo aver fatto qualche passo per saggiare la sua massa imponente. Vetro e travi di legno schizzarono in tutte le direzioni, e una lunga coda sferzò le pareti della stanza prima di scivolare fuori dalla torre.

Tassabra rimase a guardare a bocca aperta quelle enormi ali sbattere una volta, e il drago in cui si era trasformato Braer si innalzò nel cielo e sparì dalla loro vista. La donna lo seguì con la testa e quando non riuscì più a vederlo roteò gli occhi nelle orbite, emise un lieve sospiro, e si accasciò di lato.

Farl la tirò a sé con un braccio. «Di solito non fa così», si lamentò, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Uno degli elfi – il suo nome era Delsaran, pensò Farl – si protese e la accarezzò teneramente, una volta.

Il volto di Undarl Cavalcadrago aveva un’espressione arcigna mentre Anglathammaroth volava rapido attraverso il regno, diretto ad Athalgard. Era accaduto qualcosa di serio. Signori maghi contro signori maghi, una banda ribelle all’interno del castello… non sapevano quegli idioti che i governanti tanto odiati sarebbero stati attaccati dal popolo se avessero mostrato debolezza? Questo era ciò che accadeva quando si permetteva ai maghi ambiziosi di fare ciò che volevano. Se non fosse stato per Ithboltar, Undarl avrebbe potuto tenerli tutti a freno!

Il mago reale ringhiò di frustrazione mentre il grande drago nero si tuffava verso Hastarl, e poi, d’un tratto, rimase a bocca aperta, quando la luce dell’alba gli mostrò un drago che volava verso di loro!

Un drago argenteo… gli occhi del mago si assottigliarono. Doveva essere qualche trucco di un signore mago che sapeva che sarebbe venuto in città a cavallo del drago… una trappola per intercettarlo. Undarl sorrise a denti stretti e sferrò l’incantesimo più forte che aveva portato con sé. Sfere mortali di fuoco freddo e nero scaturirono dalle sue mani protese, ingrandendosi mentre rotolavano nell’aria verso il nemico.

Il drago d’argento si spostò lateralmente, e le fiamme mortali del mago reale svanirono. Undarl fissò l’aria vuota, incredulo, e poi estrasse una delle sue bacchette magiche e le attivò. Un’abbagliante saetta verde squarciò un fianco del nemico, che rabbrividì e si allontanò. Con una breve risata di soddisfazione, il mago spronò il suo destriero all’inseguimento.

«Per tutti gli dei!», imprecò un carrettiere. La gente intorno a lui seguì il suo sguardo incredulo, e si udirono grida di terrore. Un uomo cadde in ginocchio sui ciottoli e iniziò a balbettare una preghiera; altri decisero di pregare in corsa, e si precipitarono lungo la strada – lontano dalla battaglia che si stava svolgendo sopra le loro teste, fra due potenti draghi che volavano in circolo e ruggivano nei primi raggi di sole del mattino.

Lampeggiò un incantesimo, e il carrettiere ringhiò un’imprecazione amara. Naturalmente uno dei due era il mago reale, non affatto interessato se la morte fosse piovuta sui cittadini sottostanti – ma chi era l’altro? Un drago d’argento, poi! L’uomo sollevò lo sguardo nel sole, e vide il drago nero sputare acido in una nuvola increspata, che si sarebbe riversato sotto forma di pioggia su… sul porto, giudicò, e si domandò se dovesse nascondersi in un luogo più sicuro.

Ma dove? Non vi era alcun luogo che non potesse essere raggiunto dalle due bestie… nessun luogo in cui fuggire. Il carrettiere guardò impotente la casa e le botteghe intorno mentre urla di terrore provenivano dalle finestre. Gli abitanti iniziarono a riversarsi in strada e a correre. Li guardò fuggire in tutte le direzioni, e poi risollevò lo sguardo al cielo. Alzò le spalle. Se una fuga non serviva a nulla, perché non starsene dove si trovava e guardare tutto ciò che poteva? Non avrebbe mai più assistito a una cosa del genere… e se fosse sopravvissuto per raccontarla, avrebbe sempre potuto dire di essere stato là, e di aver guardato tutto fino alla fine.