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Il drago nero ruggì una sfida. Baerithryn della Grande Foresta non sprecò fiato a rispondere. Stava elaborando un incantesimo mentre saliva in una stretta spirale, piegando la coda a destra e a sinistra per evitare i dardi mortali che il mago sparava ripetutamente dalla sua bacchetta magica.

«Fatti avanti e combatti!», ringhiò Undarl. Un attimo più tardi, un dardo colpì alla coda il drago argenteo roteante. Si agitò e precipitò sotto di lui, il vento che gli increspava le ali, seguito dalla risata trionfale del mago reale.

Qualcosa scintillò nell’aria attorno a lui, ma Undarl non accusò dolore. Un incantesimo non riuscito, pensò, alzando le spalle e spronando Anglathammaroth in picchiata. Se i suoi artigli avessero colpito le ali della bestia argentea, la battaglia sarebbe presto finita.

Le ali del drago nero si sollevarono vigorosamente; Undarl esultò nella sua potenza mentre il vento gli sferzava le orecchie. Sì, gli avrebbe dato il colpo di grazia!

Braer stava sbattendo freneticamente le ali, cercando di evitare l’attacco di Anglathammaroth. Undarl spronò il drago a virare, virare, e a non lasciarsi sfuggire il nemico… ma la bestia argentea, più piccola e più leggera, si stava portando proprio sotto di loro. L’avrebbero di certo superata…

Anglathammaroth si voltò violentemente, e solo le redini impedirono al mago reale di essere sbalzato di sella. Le zampe del drago si protesero mentre cercavano di artigliare il nemico almeno una volta, ma Braer inarcò il corpo e si allontanò a distanza di sicurezza. Mentre i tetti di Hastarl si avvicinavano sempre più, Undarl ringhiò di rabbia e puntò nuovamente la bacchetta magica, mirando la faccia del drago. I suoi occhi, fieri e malinconici, incontrarono quelli del mago: sapeva che non poteva mancare il bersaglio.

La saetta verde partì – e si vide un lampo quando colpì una barriera fino ad allora invisibile, una sfera attorno a Undarl che… dei!

Il mago reale emise un gemito di paura quando la saetta rimbalzò contro di lui. Faerûn sembrò esplodere intorno a lui. Le estremità tranciate delle redini gli frustarono la faccia e le spalle, lui si voltò in preda alla sofferenza e sentì un dolore nuovo e più intenso quando una delle altre bacchette magiche esplose nella sua manica, incenerendogli il braccio e sbalzandolo di sella… Poi, pietosamente, Undarl Cavalcadrago perse di vista il cielo, i draghi e i tetti sottostanti…

Il suo destriero gridò, un suono crudo di terrore e agonia, che echeggiò nella città sottostante, svegliando ogni cittadino di Hastarl che stesse ancora dormendo. Il drago si inarcò e si contorse, ma il suo dorso era spezzato, e la carne lacerata, là dove prima c’era la sella, stillava sangue nel vento. Le ali flosce tremavano impotenti. Incapace di voltarsi, Anglathammaroth continuò la sua picchiata verso Athalgard.

L’impatto scosse l’intera città. Volando a fatica, stanco e dolorante, Braer vide quelle ali nere accartocciarsi come quelle di un insetto calpestato – e la torre del castello che avevano colpito, ondeggiò, si crepò, e con un tremendo boato crollò nel cortile sottostante. Le guardie si misero a gridare quando videro la morte avventarsi su di loro; Braer chiuse gli occhi per non vedere la distruzione.

Ora il dolore lo attanagliava. Baerithryn sentì la sua magia scemare, e il suo corpo lacerato e sanguinante iniziò a trasformarsi. Quando le ali tornarono a essere le esili spalle di un elfo, cominciò a precipitare.

I tetti erano molto vicini; non aveva molto tempo per un’ultima preghiera. «Madre Mystra», annaspò, cercando di aprire gli occhi. Vide per un attimo la scia di fumo lasciata dalle sue membra, e poi fu afferrato da qualcosa e cullato gentilmente, il vento attorno a lui ora era più lento. Le lacrime lo stavano accecando; allora, furioso, si asciugò gli occhi e guardò in faccia il suo salvatore.

Occhi scuri ardevano di potere nel volto tanto vicino al suo. Era la compagna di Elminster, Myrjala, e tuttavia…

Braer spalancò gli occhi sgomento. «Signora?»

Era buio e faceva molto freddo nelle cantine gocciolanti di Athalgard. Là, sotto le fogne, le solide pareti di roccia trasudavano acqua, e creature da tempo indisturbate fuggirono o si nascosero non appena fu acceso un fuoco. Sangue e carne informe si contorcevano e fluivano nel suo cuore, mentre ciò che rimaneva di Undarl Cavalcadrago si univa per ricostruire il suo corpo. Il mago reale lottò a lungo nella luce tremolante, mentre riplasmava un braccio dalla spalla, sopravvissuta insieme alla testa e alla schiena. Poi, ansimando, si concentrò per ricostruire le gambe.

Numerose volte scivolò verso la sua vera forma, ma ogni volta riacquistò le sembianze che desiderava – un Undarl più alto, più regale. Il dolore si affievoliva via via che riguadagnava fiducia in se stesso. Stava vincendo… Con la sua mente era in grado di plasmare tutto ciò che voleva, bastava solo un po’ di tempo.

Un secondo braccio si allungò in una mano e poi nelle dita. Undarl lottò per controllare il movimento frenetico, ma non poté. Non ancora. Dei, concedetemi solo qualche attimo in più…

I signori maghi stavano discutendo amaramente, quando Elminster uscì dal cristallo di Ithboltar come uno spettro vendicativo. Pezzi di soffitto si staccarono qua e là e si infransero sul pavimento. I fieri maghi indietreggiarono frettolosamente. Lo sguardo duro di El si posò sul Maestro e il fantasma sussurrò le ultime accurate parole di un incantesimo potente.

Terminò, e il pavimento di pietra della stanza si aprì da parte a parte con un crack assordante. Gemme, ardenti come minuscole sfere di fuoco, volarono in tutte le direzioni staccandosi dalla corona del maestro.

Ithboltar vacillò, urlò di dolore, e si portò le mani alla testa.

Alcuni maghi videro Elminster svanire nel cristallo, ma i loro sguardi furiosi e increduli vennero catturati dalle forze scintillanti che si innalzavano a spirale dallo zucchetto in pezzi sulla testa di Ithboltar. Dagli occhi del loro barcollante ex tutore fuoriusciva fumo. La corona pulsò, dando origine a un vortice sempre più potente che iniziò a turbinare nella stanza semidistrutta.

Da tutte le direzioni si udirono incantesimi intonati frettolosamente, mentre il vortice tremolò e lanciò onde di forza che scaraventarono i maghi l’uno sull’altro e contro le pareti… e la corona esplose, emanando bianchi fulmini di distruzione per ogni dove.

Osservando la scena da un balcone oltre il cortile, Myrjala mormorò le ultime parole di un incantesimo. Un Elminster arruffato e sanguinante apparve nell’aria accanto a lei, ansimante.

Guardarono insieme ciò che accadeva nella stanza distrutta. Il corpo senza testa di Ithboltar vacillò per un istante, poi fece un passo incerto e cadde a terra. Contro un muro, un mago stava farfugliando qualche cosa in ginocchio, e un altro era diventato un ammasso di ossa e di ceneri fumanti.

Gli altri maghi stavano cercando di fuggire, le mani agitate per lanciare freneticamente incantesimi. Il vortice, adorno delle saette turbinanti esplose dalla corona, acquistò velocità e forza come un ciclone scatenato e attraversò la stanza verso di loro, accompagnato da un rombo di tuono, che echeggiò contro le pareti e le torri di Athalgard. L’intero castello iniziò a tremare.

Myrjala corrugò la fronte e portò le mani a sé. Gli occhi che controllava scivolarono fuori dalla breccia del muro e rimasero sospesi appena al di fuori della torre. «La corona», mormorò, «li sta trattenendo nella stanza».

Il vortice investì i maghi e proseguì la sua corsa contro la parete interna della sala degli incantesimi del Maestro. Si schiantò quindi contro le vecchie pietre, la torre tremolò… e lentamente, con terribile determinazione, la stanza si ripiegò su se stessa e collassò, facendo crollare la parte alta della torre di Ithboltar con uno schianto titanico e un boato di pietre cadenti.