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Le porte vennero aperte improvvisamente, in faccia ad alcuni mercanti in fuga, e Re Belaur entrò nella stanza del trono, con indosso solo un paio di pantaloni. Era verde dalla rabbia, e una spada sguainata scintillava nella sua mano.

La gente indietreggiò, poi si mise a correre quando vide chi stava dietro il re. Il mago reale sorrideva freddamente mentre avanzava, le mani impegnate in un’ennesima magia. Elminster impallidì e pronunciò una parola. L’aria si illuminò, e quella parte di stanza tremò, ma nulla accadde… solo un po’ di polvere cadde dal soffitto.

Undarl proruppe in una risata e abbassò le mani. Il suo scudo aveva retto.

«Sei sul mio terreno ora, Principe… e folle!», esclamò gongolante. Ma l’espressione del suo volto mutò, il mago annaspò e cadde in avanti con un gemito di dolore.

Dietro di lui, con l’impugnatura di un coltello insanguinata, comparve un certo fornaio, con le sopracciglia tremanti di rabbia. Hannibur era venuto ad Athalgard per trovare sua moglie. I cortigiani ammutolirono. L’uomo si abbassò per tagliare la gola del mago, ma la mano di Undarl fece un gesto rapido.

L’aria pulsò e danzò, e il pugnale alzato del fornaio andò in frantumi, e raggi di luce schizzarono in tutte le direzioni: una gabbia protettiva si creò intorno al mago accasciato per terra.

Elminster fissò Undarl e pronunciò un incantesimo rapidissimo e preciso. Una seconda gabbia, con sbarre più spesse e più luminose di quella del mago, apparve introno alla prima. Lo stregone si alzò su un gomito, fece una smorfia di dolore, e si portò una mano alla cintura.

Hannibur guardò il mago e la luce che aveva appena consumato la sua unica arma, scosse il capo rabbiosamente, e si voltò. Si trovava a pochi passi dal cortigiano più vicino; un rapido strattone liberò la spada dell’uomo, perplesso, dal suo fodero elegante. Brandendola come un giocattolo, si voltò lentamente per controllare la stanza, come un cavaliere in cerca di nemici. Poi, implacabilmente, avanzò lungo il tappeto verde, verso il re.

Un cortigiano esitò, e poi sguainò il suo coltello e lo seguì. Elminster pronunciò una parola lieve, e l’uomo rimase immobile con la gamba a mezz’aria. Sbilanciato, cadde con la faccia sul pavimento. Un secondo e un terzo cortigiano, anch’essi con la spada pronta, indietreggiarono, perdendo improvvisamente tutto l’interesse a difendere il loro re.

Il principe El si sedette nuovamente sul trono per guardare lo zio rabbioso avanzare verso di lui. Sembrava un posto adatto all’attesa.

Re Belaur era furioso, ma non tanto avventato da correre incontro alla punta immobile della spada di Elminster. Avanzò con prudenza minacciosa, la spada sollevata, pronto ad abbassare e far cadere l’arma del nipote. «Chi sei?», ringhiò. «Scendi dal mio trono!»

«Sono Elminster, figlio di Elthryn… che hai fatto assassinare da quel serpente laggiù nella gabbia», rispose Elminster bruscamente, «e questa sedia è tanto mia quanto tua». Scese dagli scalini con un balzo, la spada luccicante, e si avventò contro Belaur.

18.

Il prezzo di un trono

Quanto costa un trono? Talora solo una vita, quando la malattia, l’età avanzata, o una spada fortunata tolgono la vita a un re in un regno forte. Talaltra, un trono costa la vita di tutti gli abitanti di un regno. Molto più spesso, solo quella di pochi uomini avidi e ambiziosi, e quanti meno ve ne sono nei regni, tanto meglio è.

Thaldeth Faerossdar, La via degli dei.
Anno della Luna Piena

Le spade si scontrarono, risuonando nella stanza. Entrambi gli uomini vacillarono, spinti all’indietro per l’impatto violento, ed Elminster declamò cautamente parole che echeggiarono e rimbombarono contro le pareti… e i due spadaccini vennero circondati improvvisamente da una luce bianca, somigliante a un turbine scintillante di spade fantasma.

Belaur sogghignò. «Altra magia?»

«È l’ultimo incantesimo che sferrerò in Faerûn finché non sarai morto», affermò pacatamente El, avanzando.

Nuovamente incrociarono le spade con un grande fragore. Scintille saltellavano qua e là, mentre re e principe tentavano di colpirsi, denti serrati e spalle ondeggianti. Belaur era un guerriero veterano dalle spalle possenti, ingrassato ma guardingo come un lupo. Il suo sfidante era più giovane, più basso, più leggero, e rapido sulla difensiva. Il re usava il suo peso per vanificare le parate di Elminster. Solo la rapidità teneva in vita il giovane principe, che si abbassava, si scansava, e schivava i colpi della spada assetata dello zio furioso, il quale sferrava ripetuti colpi contro il nemico.

Quando le braccia di El divennero troppo stanche per contrastare gli assalti, fu costretto a retrocedere. Fece un passo indietro e virò a destra. Belaur si voltò con un ghigno selvaggio, determinato a non dargli tregua, ma El schizzò via e corse dietro al trono.

«Ah!», gridò Belaur avanzando col viso trionfante. Era a pochi passi di distanza quando Elminster si sporse da dietro il trono per scagliare un pugnale al re.

La spada di Belaur scattò verso l’alto per deviare la morte roteante. Il re, illeso, non rallentò nemmeno la sua corsa, e sogghignò crudelmente mentre caricava per abbattere il nemico.

Il principe parò disperatamente, portandosi nuovamente di fronte al trono. Il re gli fu addosso, ma El, più rapido, scivolò sotto la spada. L’uomo ringhiò, si chinò, estrasse un pugnale dallo stivale, e con un grugnito lo scagliò violentemente. Elminster si abbassò, ma troppo lentamente. Il pugnale lo ferì a una guancia e proseguì la sua corsa e Belaur si avventò ancora su di lui, la spada scintillante.

La parata del giovane arrivò un po’ in ritardo. L’impatto gli fece tremare la mano, l’agitò per far cessare l’intorpidimento e poi, affrettatamente, mise entrambe le mani sulla spada, alzandola giusto in tempo per contrastare l’attacco successivo. La lama di Belaur sembrava essere dappertutto.

La Spada del Cervo, così veniva chiamata, era stata forgiata recentemente, e a detta di tutti, era stata incantata dai signori maghi. Elminster cominciava a crederci. Le loro lame si incrociarono di nuovo con uno spruzzo di scintille e uno stridore metallico.

I due uomini si guardarono negli occhi, spingendo, entrambi riluttanti a cedere. Le spalle di Belaur, ora lucide di sudore, si sollevarono vigorosamente… e la spada di El venne forzata lentamente indietro e lateralmente. Belaur emise un grido di esultanza mentre forzava le spade incrociate contro il collo di Elminster, e lo faceva sanguinare. Annaspando, il principe si gettò improvvisamente sul pavimento, avvinghiando le gambe intorno a quelle del re, mentre le spade scintillavano sopra la sua testa.

Sbilanciato, Belaur cadde pesantemente a terra, picchiando forte i gomiti. Le spade volarono lontane mentre El scalciava per liberarsi. Si trovavano entrambi sul pavimento, faccia a faccia. Il re si rotolò e fece per afferrargli la gola. Il giovane cercò di opporre resistenza a quelle mani forti, e i due lottarono corpo a corpo per un momento. Poi El venne di nuovo sopraffatto.

Dita possenti e affilate lo presero per la gola. Sputando in faccia all’uomo, El inarcò la testa all’indietro. Il re gli assestò un pugno sulla fronte, poi gli strinse le mani saldamente intorno al collo. Il principe conficcò vanamente le unghie nelle braccia pelose che lo soffocavano e cercò di sottrarsi facendo presa coi piedi sulle piastrelle scivolose, ma riuscì soltanto a trascinare il re di pochi centimetri. Belaur pesò su di lui, grugnendo trionfante. Ora i polmoni di El erano in fiamme. Il mondo cominciò a girare intorno a lui e a farsi più scuro.

Le sue dita disperate toccarono una sagoma familiare – la Spada del Leone! Cautamente, mentre l’oscurità avanzava per reclamarlo, Elminster estrasse il moncherino affilato della spada del padre e fece scivolare la lama irregolare sulla gola di Belaur. Chiuse gli occhi mentre il sangue caldo del re lo inzuppava. Pochi istanti più tardi, Belaur iniziò a gorgogliare e ad agitarsi debolmente, allontanando le mani dalla gola di El.