Nemes alza le mani, come spaventata. — Ehi, socio, non sparare — dice. Non sarebbe preoccupata nemmeno se quel laser fosse di un amperaggio diecimila volte superiore.
— E tu sta’ indietro — dice Raul. Tiene il pollice sul pulsante. Il laser giocattolo è puntato contro gli occhi della donna.
— Va bene, va bene — dice Nemes. Arretra d’un passo. E muta fase, diviene una luccicante figura di cromo, solo approssimativamente umana.
— Raul! — grida Aenea.
Nemes si è stufata. Passa al modo temporapido. Davanti a lei il quadro si congela. Aenea ha la bocca aperta, parla ancora, ma le vibrazioni non muovono l’aria. Il fiume rapinoso è impietrito, come in una fotografia a velocità di scatto assurdamente elevata. Goccioline di spruzzaglia sono sospese a mezz’aria. Un’altra goccia d’acqua è sospesa un millimetro sotto il mento gocciolante di Raul.
Nemes avanza e toglie di mano a Raul la torcia laser. Ha la tentazione di seguire subito il precedente impulso e poi passare al modo tempolento per osservare la reazione dei tre, ma con la coda dell’occhio vede Aenea… la manina ancora stretta a pugno… e si rende conto d’avere del lavoro da fare, prima di divertirsi.
Lascia cadere lo strato morfico di sfasamento quanto basta a togliere dalla cintura la sacca per campioni e torna come prima. Si avvicina alla figuretta accucciata, con la sinistra apre la sacca, come se fosse un cesto, tenendola sotto il mento della bambina, e rende rigidi la mano destra e tutto l’avambraccio, facendoli diventare una lama affilata quasi quanto il monofilo ancora sospeso sul fiume.
Dietro la maschera di cromo, sorride. — Addio… ragazzina — dice. Ha ascoltato di nascosto la conversazione, quando il terzetto si trovava diversi chilometri a monte del fiume.
Muove in un arco omicida l’affilato avambraccio.
— Che diavolo succede? — grida il caporale Kee. — Non vedo.
— Calma — ordina de Soya. I due uomini occupano le poltroncine di comando e stanno chini sui monitor telescopici.
— Nemes è diventata… non so… metallica — dice Kee, facendo girare di nuovo il video in un ripetitore, mentre osserva il quadro in movimento più in basso — e poi è scomparsa.
— Il radar non la rileva — dice de Soya, passando attraverso vari modi sensori. — Niente infrarossi… anche se nelle immediate vicinanze la temperatura si è alzata di quasi dieci gradi. Intensa ionizzazione.
— Cella di tempesta locale? — domanda Kee, stupito. Prima che de Soya possa rispondere, indica il monitor. — E ora cosa succede? La bambina è caduta. A quel tipo accade qualcosa…
— Raul Endymion — dice de Soya, cercando di migliorare la qualità dell’immagine sul monitor. Il calore in aumento e la turbolenza atmosferica provocano increspature nell’immagine e la confondono malgrado il computer tenti di stabilizzarla. La Raffaele è in posizione a soli 280 chilometri sull’ipotetico livello del mare di Boschetto Divino, troppo bassa per seguire una facile orbita geosincrona e abbastanza bassa per protestare a causa dell’espansione dell’atmosfera in aggiunta al riscaldamento molecolare che già subisce.
Il Padre Capitano de Soya ha visto quanto basta per prendere una decisione. — Togli energia alle funzioni nave e abbassa al minimo il supporto vita — ordina. — Porta il nucleo di fusione al 115 percento e stacca gli schermi deflettori anteriori. Sposta l’energia su uso tattico.
«Non sarebbe consigliabile…» inizia la voce della nave.
— Annullo la risposta a voce e i protocolli di sicurezza — replica bruscamente de Soya. — Codice di priorità delta-nove-nove-due-zero. Autorizzazione diskey papale… subito. Conferma su monitor.
I monitor si riempiono di colonne dati che si sovrappongono alla mobile immagine sul terreno. Kee guarda a occhi sgranati. — Buon Dio — mormora il caporale. — Oh, Dio santo!
— Sì — gli fa eco de Soya, guardando l’energia scendere sotto la linea rossa in tutti i sistemi, tranne il monitoraggio visivo e tattico.
In quel momento sulla superficie del pianeta iniziano le esplosioni.
A questo punto ebbi esattamente il tempo sufficiente ad avere un’eco retinica della donna che si mutava in una confusa ombra argentea; battei le palpebre e mi accorsi che la torcia laser era sparita dalla mia mano. L’aria diventava iperriscaldata. Ai lati di Aenea l’aria all’improvviso si annebbiò e parve riempirsi di una figura cromata in lotta… sei braccia, quattro gambe, lame vibranti. Mi lanciai verso la bambina, anche se sapevo di non poter intervenire in tempo, ma… con mio stupore… la raggiunsi in tempo per tirarla a terra e rotolare lontano dall’esplosione d’aria calda e di movimento confuso.
Il segnale d’allarme del medipac entrò in funzione come uno struscio d’unghie sulla lavagna… un suono impossibile da trascurare. A. Bettik stava morendo. Coprii col mio corpo Aenea e la spinsi verso l’androide. Allora nei boschi intorno a noi iniziarono le esplosioni.
Nemes muove in un arco il braccio e non si aspetta d’incontrare ostacoli mentre la lama passa attraverso muscoli e vertebre; invece sobbalza per il violento urto.
Abbassa gli occhi. L’affilato spigolo della sua mano è incastrato nella stretta di due serie di dita a lama. L’avambraccio è bloccato da altre due mani affilate come bisturi. Lo Shrike si avvicina, le lame sulla parte inferiore del corpo sfiorano il viso impietrito della bambina. Gli occhi della mostruosa creatura risplendono di un rosso acceso.
Per un attimo Nemes è sorpresa e assai irritata, ma non si allarma. Strappa via la mano e salta indietro.
Il quadro è esattamente com’era un secondo prima… il fiume è in tempo congelato, la mano vuota di Raul Endymion è protesa come se premesse il pulsante d’accensione del piccolo laser, l’androide giace moribondo sul terreno mentre le spie luminose sono impietrite a metà del palpito… solo la bambina è ora coperta dall’ombra dell’enorme massa dello Shrike.
Sotto la maschera di cromo, Nemes sorride. Concentrata sul collo della bambina, non ha notato la goffa creatura avventarsi in temporapido su di lei. Un errore che non ripeterà più.
— La vuoi? — dice Nemes. — Anche tu sei stato inviato a ucciderla? Accomodati pure… purché abbia io la sua testa.
Lo Shrike ritira le braccia e gira intorno alla bambina: le spine e le lame del ginocchio mancano gli occhi di Aenea per meno di un centimetro. A gambe divaricate, lo Shrike si erge fra Nemes e Aenea.
— Oh, non la vuoi? — dice Nemes. — Allora me la riprendo. — Si muove più veloce del temporapido, finta a sinistra, gira a destra, vibra il colpo. Se lo spazio intorno a lei non fosse distorto dallo spiazzamento, i contraccolpi sonici distruggerebbero qualsiasi cosa nel raggio di chilometri.
Lo Shrike para il colpo. Scintille scaturiscono dal cromo e fulmini si scaricano nel terreno. La mostruosa creatura fende l’aria dove Nemes si trovava un nanosecondo prima. Nemes gira intorno, vibra alla schiena della bambina un calcio che le farebbe schizzare dal petto la spina dorsale e il cuore.
Lo Shrike devia il calcio e fa volare Nemes. La figura cromata della donna ricade trenta metri più in là, tra gli alberi, e fracassa rami e tronchi che dopo il suo passaggio rimangono sospesi a mezz’aria. Lo Shrike si lancia in temporapido all’inseguimento.
Nemes urta un masso e si conficca per cinque centimetri nella solida roccia. Percepisce lo Shrike passare al modo tempolento, mentre corre verso di lei; lo imita e passa anche lei nel rumore e nel movimento. Gli alberi si spezzano tra gli schiocchi e prendono fuoco. Le mini-claymore non percepiscono battito cardiaco né respiro, ma sentono la pressione e balzano verso di essa, esplodono a centinaia, in una reazione a catena di cariche sagomate che spingono l’una contro l’altro Aenea e lo Shrike, come due metà di un’antica bomba atomica a implosione.