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La messa ha inizio in un’esplosione di splendore: note di tromba tagliano come lame d’oro il silenzio dei fedeli in attesa, cori si levano in un canto trionfale, note d’organo salgono a echeggiare nella grande cupola e poi una serie di vivide luci si accende per illuminare il Papa e il suo seguito che vengono a celebrare messa.

La prima impressione di de Soya è che il Santo Padre sia molto giovane: Giulio XIV ha superato da poco la sessantina, malgrado sia stato Papa quasi di continuo per 250 anni, a parte i brevi periodi in cui è morto e risuscitato, per nove incoronazioni, la prima col nome di Giulio VI (dopo gli otto anni di regno dell’antipapa Teilhard I) e poi, a ogni successiva reincarnazione, sempre col nome di Giulio. Mentre de Soya guarda il Santo Padre celebrare messa, pensa alla storia dell’ascendenza di Giulio, appresa sia dalla storia ufficiale della Chiesa, sia dal poema all’indice, i Canti, che ogni giovane di cultura legge a rischio della propria anima, ma che comunque legge.

Secondo tutt’e due le versioni, Papa Giulio era, nella vita precedente la prima risurrezione, un giovane di nome Lenart Hoyt, giunto al clero nell’ombra di Paul Duré, un carismatico archeologo e teologo gesuita. Duré era un sostenitore degli insegnamenti di san Teilhard secondo cui la razza umana ha il potenziale per evolversi verso l’essenza divina… anzi, secondo Duré, salito al trono di Pietro dopo la Caduta, per evolversi nell’essenza divina. Un’eresia, questa, che padre Lenart Hoyt, divenuto Papa Giulio VI, dopo la prima risurrezione si è impegnato a spazzare via.

Tutt’e due le versioni, la storia della Chiesa e i Canti, convengono che fu padre Duré, durante l’esilio su Hyperion, pianeta della Periferia, a scoprire il simbionte detto crucimorfo. A questo punto le versioni divergono completamente. Secondo i Canti, Duré aveva ricevuto il crucimorfo da una creatura aliena, lo Shrike. Secondo la dottrina della Chiesa, lo Shrike (la più emblematica rappresentazione di Satana) non ebbe niente a che fare con la scoperta del crucimorfo, ma più tardi tentò sia padre Duré sia padre Hoyt. La storia della Chiesa riporta che solo Duré cedette alla perfidia di quella creatura. I Canti narrano, nella loro confusa mistura di mitologia pagana e di storia arruffata, che Duré si crocifisse da solo nella foresta di fuoco sull’altopiano Punta d’Ala, su Hyperion, per non riportare alla Chiesa il crucimorfo. Secondo il poeta pagano Martin Sileno, agì in questo modo per salvare la Chiesa dal totale affidamento in un parassita anziché nella fede. Secondo la storia della Chiesa, cui de Soya crede, Duré si crocifisse per porre termine alla sofferenza causata dal simbionte e, in combutta col demone Shrike, per impedire alla Chiesa (ritenuta da Duré suo personale nemico, dopo la scomunica per la falsificazione di reperti archeologici) di riguadagnare vitalità mediante la scoperta del sacramento della risurrezione.

Secondo tutt’e due le storie, padre Lenart Hoyt era andato su Hyperion per cercare l’amico ed ex mentore Duré. Secondo i blasfemi Canti, Hoyt aveva accettato su di sé il crucimorfo di Duré oltre al proprio, ma poi era tornato su Hyperion, negli ultimi giorni prima della Caduta, per supplicare il malefico Shrike di liberarlo di quel fardello. La Chiesa metteva in evidenza la falsità di questa versione e spiegava come padre Hoyt fosse coraggiosamente tornato per affrontare il demone nel suo stesso covo. Quale che sia l’interpretazione, i fatti registrano che Hoyt morì durante l’ultimo pellegrinaggio su Hyperion, che Duré fu risuscitato e portò il crucimorfo di padre Hoyt oltre al proprio: e che poi tornò, durante il caos della Caduta, per diventare il primo antipapa della storia moderna. Gli otto anni di eresia sotto Duré/Teilhard I sono stati per la Chiesa un momento oscuro; ma dopo la morte del falso papa, avvenuta per incidente, la risurrezione dal corpo condiviso con Duré ha portato padre Hoyt alla gloria di Giulio VI, alla scoperta della natura sacramentale di quel simbionte che Duré aveva definito un parassita, alla rivelazione divina (avuta da Giulio stesso e tuttora compresa solo dal sancta sanctorum della Chiesa) del modo per effettuare con successo la risurrezione, al susseguente sviluppo della Chiesa da setta secondaria a religione ufficiale dell’uomo.

Il Padre Capitano Federico de Soya guarda il Papa… magro, pallido… sollevare sopra l’altare l’Eucarestia e rabbrividisce di puro e semplice stupore.

Padre Baggio gli ha spiegato che l’opprimente senso di novità e di meraviglia, effetto secondario della Santa Risurrezione, diminuirà fino a un certo punto, nei giorni e nelle settimane a venire; ma ha detto che l’essenziale sensazione di benessere permarrà sempre e anzi diventerà più intensa a ogni risurrezione in Cristo. De Soya capisce perché la Chiesa ritenga il suicidio uno dei più gravi peccati mortali, punibile con la scomunica immediata, dal momento che il fuoco della vicinanza di Dio è molto più intenso, dopo che si sono assaggiate le ceneri della morte. Ci si potrebbe assuefare alla risurrezione come a una droga, se la pena per il suicidio non fosse così terribile.

Ancora sofferente per il dolore della morte e della rinascita, con la mente e i sensi letteralmente in bilico sull’orlo della vertigine, il Padre Capitano de Soya guarda la messa celebrata dal Papa avvicinarsi al punto culminante della Comunione, mentre la basilica di S. Pietro si riempie della stessa esplosione di suoni e di splendore con cui il servizio è iniziato; e sapendo che fra un momento assaggerà il corpo e il sangue di Cristo transustanziati dallo stesso Santo Padre, il guerriero piange come un bimbetto.

Dopo la messa, nel fresco della sera, sotto un cielo simile a chiara porcellana, il Padre Capitano de Soya cammina con i suoi nuovi amici nelle ombre dei Giardini Vaticani.

— Federico — dice padre Baggio — l’incontro che stiamo per avere è molto importante. Importantissimo. Si sente abbastanza lucido per capire ciò di cui si parlerà?

— Sì — dice de Soya. — Sono lucidissimo.

Monsignor Luca Oddi tocca la spalla del giovane ufficiale della Pax. — Federico, figlio mio, ne è sicuro? Possiamo aspettare un altro giorno, se occorre.

De Soya scuote la testa. Si sente ancora stordito per la bellezza e la solennità della messa a cui ha appena assistito, sulla lingua ha ancora il sapore dell’Eucarestia e del Vino, ha l’impressione che Cristo gli mormori in quello stesso momento, ma pensa con lucidità. — Sono pronto — dice. Il capitano Wu è un’ombra silenziosa alle spalle di Oddi.

— Molto bene. — Il monsignore rivolge un cenno a padre Baggio. — Non abbiamo più bisogno dei suoi servigi, Padre. Grazie.

Baggio annuisce, fa un lieve inchino e se ne va senza dire altro. De Soya capisce con perfetta chiarezza che non rivedrà l’amabile capitano che ha assistito alla sua risurrezione e in un impeto di puro amore ha gli occhi bagnati di nuove lacrime. Ringrazia l’oscurità che le nasconde; sa d’avere bisogno d’autocontrollo, per l’incontro. Si domanda dove si terrà l’importante abboccamento: nelle leggendarie Sale Borgia? Nella Cappella Sistina? Negli uffici vaticani della Santa Sede? Forse negli uffici di collegamento della Pax, in quella che un tempo era chiamata la Torre Borgia.