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Ma la corazza personale in dotazione ai soldati della Pax sopporta una granata al plasma anche da quella distanza. Invece i cadaveri erano stati fatti a brandelli.

— Non guardare — dissi, girando solo la testa, mentre diminuivo la velocità e viravo intorno all’estremità meridionale di Castel Crono. Troppo tardi: Aenea guardava a occhi sbarrati.

— Maledetto! — gridò di nuovo.

— Maledetto chi? — domandai; ma in quel momento sorvolammo la zona a giardini nella parte sud di Castel Crono e vedemmo che cosa c’era lì. Scarabei in fiamme e uno skimmer capovolto ingombravano il panorama. Altri cadaveri giacevano come giocattoli sparpagliati da un bambino cattivo. Accanto a una siepe ornamentale c’erano, in pezzi e in fiamme, i resti di una batteria CPB, i cui raggi potevano arrivare a orbite basse.

Librata sulla coda di plasma azzurrino, sessanta metri sopra la fontana centrale, c’era la nave del Console. Il vapore saliva tutt’intorno. A. Bettik, nel vano del portello stagno, ci chiamava a gesti.

Volai direttamente nella camera stagna, a tale velocità che l’androide fu costretto a balzare di lato e noi slittammo davvero lungo il lucido corridoio.

— Via! — gridai. Ma A. Bettik aveva già dato l’ordine, oppure la nave non ne aveva avuto bisogno. I compensatori inerziali impedirono che l’accelerazione ci riducesse a gelatina, ma udimmo il ruggito del motore a fusione-reazione, udimmo l’urlo dell’atmosfera contro lo scafo, mentre la nave del Console saliva lontano da Hyperion ed entrava di nuovo nello spazio, per la prima volta in due secoli.

16

— Per quanto tempo sono rimasto privo di sensi? — domanda il Padre Capitano de Soya, strattonando per il camice il medico.

— Ah… trenta, quaranta minuti, signore — dice il medico. Tenta di liberarsi. Non ci riesce.

— Dove sono? — Ora de Soya sente il dolore. Un dolore fortissimo… dalla gamba si ripercuote in tutto il corpo… ma sopportabile. Non ci bada.

— Sulla San Tommaso Akira, Padre.

— La nave trasporto truppe… — mormora de Soya. Si sente stordito, sconnesso. Si guarda la gamba, ora senza laccio emostatico. La parte inferiore è ancora attaccata alla superiore solo mediante alcuni frammenti di tessuto e di muscolo. De Soya capisce che Gregorius gli ha dato un analgesico, insufficiente a bloccare il torrente di sofferenza, ma sufficiente a dargli quello stordimento narcotico. — Maledizione.

— Purtroppo i chirurghi dovranno amputare — dice il medico. — Le sale operatorie fanno gli straordinari. Lei però è il prossimo, signore. Abbiamo stabilito l’ordine di priorità per garantire il massimo numero di superstiti e…

De Soya si rende conto di stringere ancora il camice del giovane medico. Lo lascia. — No.

— Prego, Padre?

— Mi ha sentito. Niente operazione chirurgica finché non avrò parlato con il capitano della San Tommaso Akira.

— Ma, signore… Padre… morirà, se non…

— Sono già morto una volta, figliolo — dice de Soya. Lotta contro un’ondata di vertigini. — È stato un sergente, a portarmi alla nave?

— Sissignore.

— È ancora qui?

— Sì, Padre, il sergente ha ricevuto punti di sutura per ferite che…

— Lo faccia venire qui immediatamente.

— Ma, Padre, le sue ferite esigono…

De Soya guarda il grado del giovane medico. — Guardiamarina?

— Sissignore?

— Ha visto il diskey papale? — dice de Soya. Ha già controllato; il disco di platino pende ancora dalla catenella infrangibile che porta al collo.

— Sì, Padre, è ciò che ci ha spinto a dare la priorità alla sua…

— Sotto pena di morte… peggio, sotto pena di scomunica, chiuda il becco e mandi subito qui il sergente.

Gregorius si è tolto la corazza da battaglia, ma è sempre un gigante. Il Padre Capitano guarda le fasciature e i medipac provvisori collegati al massiccio corpo del sergente; capisce che Gregorius è rimasto gravemente ferito mentre trasportava lui in salvo. Prende l’appunto mentale di mostrarsi riconoscente… alla prima occasione, non ora. — Sergente!

Gregorius scatta sull’attenti.

— Fai venire qui immediatamente il capitano della nave. Svelto, prima che perda di nuovo i sensi.

Il capitano della San Tommaso Akira è un lusiano di mezz’età, tozzo e robusto come tutti gli originari di Lusus. È completamente calvo, ma sfoggia una barbetta grigia ben curata.

— Padre Capitano de Soya, sono il capitano Lempriere. La situazione al momento è convulsa, signore. I chirurghi mi dicono che lei ha bisogno d’intervento immediato. Come posso esserle utile?

— Mi descriva la situazione, capitano — ordina de Soya. Non ha mai incontrato quell’uomo, ma ha parlato con lui su banda a raggio compatto. Nota il suo tono pieno di deferenza. Con la coda dell’occhio vede il sergente Gregorius dirigersi alla porta. — Rimani, sergente. Capitano? La situazione?

Lempriere si schiarisce la gola. — Il comandante Barnes-Avne è morto. Per quanto ci risulta, anche circa metà delle Guardie Svizzere nella Valle delle Tombe del Tempo sono morte. Arrivano di continuo migliaia di feriti. A terra abbiamo medici che apprestano centri chirurgici mobili e trasportiamo qui i feriti che richiedono interventi urgenti. I cadaveri sono ricoverati ed etichettati per la risurrezione al ritorno su Vettore Rinascimento.

— Vettore Rinascimento? — si stupisce de Soya. Si sente come se galleggiasse nel ristretto spazio dell’anticamera della sala chirurgica. Galleggia davvero… entro i confini del lettino a rotelle. — Che diavolo è successo alla gravità, capitano?

Lempriere ha un pallido sorriso. — Il campo di contenimento è stato danneggiato durante la battaglia, signore. In quanto a Vettore Rinascimento… be’, era la nostra base provvisoria, signore. Gli ordini attuali dicono che dobbiamo tornare lì al termine della missione.

De Soya si mette a ridere, fermandosi solo quando ode la propria risata: pare quella di un pazzo. - Chi ha detto che la missione è terminata, capitano? Di quale battaglia parlava?

Il capitano Lempriere lancia un’occhiata a Gregorius: il sergente delle Guardie Svizzere è ancora sull’attenti, sguardo fisso sulla paratia. — Anche le navi di sostegno e di copertura rimaste in orbita sono state decimate, signore.

— Decimate? — si stupisce de Soya. Per il dolore comincia ad arrabbiarsi. — Significa una su dieci, capitano. Il dieci per cento del personale delle navi è sull’elenco delle vittime?

— Nossignore — dice Lempriere. — La stima più attendibile parla del sessanta per cento. Il capitano Ramirez della San Bonaventura è morto, al pari del suo ufficiale in seconda. Il mio primo ufficiale è morto. Metà equipaggio della Sant’Antonio non ha risposto all’appello.

— Le navi sono danneggiate? — domanda il Padre Capitano de Soya. Sa di avere ancora un paio di minuti di lucidità… forse di vita.

— C’è stata un’esplosione sulla San Bonaventura. Almeno metà dei compartimenti prodieri di comando sono aperti al vuoto. Il motore è intatto…

De Soya chiude gli occhi. Capitano di nave torcia lui stesso, sa che l’apertura dello scafo al vuoto è il penultimo incubo. Di peggio c’è solo l’implosione dello stesso nucleo Hawking; ma almeno in questo caso la morte definitiva sarebbe istantanea. Lo scafo squarciato in tutte quelle parti della nave significa, come la sua gamba maciullata, un lento e doloroso cammino verso la morte.

— La Sant’Antonio?

— Danneggiata, ma in grado di operare, signore. Il capitano Sati è vivo e…

— La bambina? — domanda de Soya. — Dov’è la bambina? — Puntini neri gli danzano ai margini del campo visivo formando una nuvola sempre più estesa.