Ma Aenea parlava molto poco di sé. La quarta sera dopo la partenza da Hyperion ammise d’essere uscita dalla Sfinge nel proprio futuro non solo per sfuggire ai soldati della Pax che le davano allora la caccia, ma per cercare il suo stesso destino.
— In qualità di messia? — domandai, incuriosito.
Aenea si mise a ridere. — No — disse — in qualità d’architetto.
Rimasi sorpreso. Né i Canti, né il vecchio poeta in persona avevano accennato al fatto che la cosiddetta Colei Che Insegna si guadagnasse da vivere come architetto.
Aenea scrollò le spalle. — È ciò che voglio fare. Nei miei sogni, colui che potrebbe insegnarmi vive in questa epoca. Perciò qui sono venuta.
— Colui che potrebbe insegnarti? — dissi. — Pensavo che fossi tu, colei che insegna.
Aenea si lasciò cadere sui cuscini della piazzola olografica e con la gamba agganciò la spalliera del divano. — Raul, come potrei insegnare qualcosa a chicchessia? Ho dodici anni standard e non ho mai lasciato Hyperion prima d’ora… Diavolo, non avevo mai lasciato Equus, fino alla scorsa settimana. Cos’ho da insegnare?
A questa domanda non avevo risposta.
— Voglio diventare architetto — continuò Aenea. — E nel mio sogno, l’architetto che può addestrarmi è là fuori da qualche parte… — Mosse le dita in direzione dello scafo esterno, ma capii che si riferiva alla vecchia Rete dell’Egemonia.
— Chi è? — dissi. — Un uomo? Una donna?
— Un uomo — rispose Aenea. — Non so come si chiama.
— In quale mondo si trova?
— Non lo so.
— Sei sicura che questo sia il secolo giusto? — domandai, cercando di non sembrare irritato.
— Sì. Forse. Credo di sì. — Ben di rado, in quella settimana trascorsa insieme, si era mostrata irascibile, ma ora il suo tono parve pericolosamente vicino all’irascibilità.
— E tu hai solo sognato quel tale?
Si alzò a sedere sui cuscini. — Non solo sognato — disse allora. — I miei sogni sono importanti per me. In un certo senso, sono qualcosa di più che non semplici sogni… — S’interruppe. — Vedrai.
Cercai di non sospirare forte. — E quando sarai diventata architetto?
Aenea si mordicchiò un’unghia… una brutta abitudine da cui mi proponevo di liberarla. — Cosa vuoi dire?
— Voglio dire, il vecchio poeta s’aspetta da te grandi cose. Essere il messia è solo una delle tante. Quando questa parte entra in gioco?
— Raul — disse lei, alzandosi per tornare nel suo cantuccio sul ponte di crio-fuga — senza offesa, perché non vai a farti fottere e non mi lasci in pace?
Più tardi mi chiese scusa per quella grossolanità, ma mentre sedevamo a tavola, un’ora prima della traslazione in un sistema stellare a noi sconosciuto, volli scoprire se la mia domanda sul suo piano avrebbe ottenuto la stessa risposta.
Ne ottenne un’altra. Aenea iniziò a mordicchiarsi le unghie, si trattenne, e disse: — D’accordo, hai ragione, ci occorre un piano. — Guardò A. Bettik. — Tu ne hai uno?
L’androide scosse la testa. — Padron Sileno e io abbiamo discusso molte volte questo argomento, signorina Aenea, ma la nostra conclusione è stata che, se in qualche modo la Pax fosse giunta per prima a destinazione, allora tutto era perduto. Pare un evento improbabile, però, dal momento che la nave torcia che ci insegue non può viaggiare più velocemente di noi nello spazio Hawking.
— Non so — dissi. — Secondo alcuni cacciatori per cui ho fatto da guida negli ultimi anni, corre voce che la Pax, o la Chiesa, abbia navi superveloci.
A. Bettik annuì. — Abbiamo udito anche noi quelle voci, signor Endymion, ma la logica suggerisce che, se la Pax avesse prodotto simili navi (risultato mai raggiunto dall’Egemonia, per inciso) non ci sarebbe motivo perché non dotasse di un simile motore anche le astronavi da guerra e quelle commerciali della Mercatoria…
Aenea diede un colpetto sul piano del tavolo. — In realtà, non importa come faranno ad arrivare prima di noi — disse. — Ho sognato che saranno là. Non ho fatto che studiare piani, ma non…
— E lo Shrike? — domandai.
Aenea mi guardò di storto. — Che c’entra lo Shrike?
— Be’ — dissi — su Hyperion si è rivelato per noi un utile e opportuno deus ex machina, così ho pensato che, se potesse…
— Maledizione a lui, Raul! — sbottò Aenea. — Non ho chiesto a quella creatura di uccidere quella gente su Hyperion. Quant’è vero Iddio, vorrei che non avesse ucciso nessuno.
— Lo so, lo so — dissi, toccandole la manica, per calmarla. A. Bettik aveva modificato per lei alcune vecchie camicie del Console, ma il suo guardaroba era ancora piuttosto scarso.
Sapevo che era rimasta sconvolta per il massacro durante la nostra fuga. In seguito ammise che era stata una delle ragioni per cui l’avevo scoperta a piangere, quella seconda notte nello spazio.
— Mi spiace — dissi, sincero. — Non volevo essere impertinente a proposito dello… della creatura. Pensavo solo che, se qualcuno avesse cercato di nuovo di fermarci, forse…
— No — disse Aenea. — Ho sognato che qualcuno cerca d’impedirci di arrivare su Vettore Rinascimento. Ma non ho sognato che lo Shrike ci aiuta. Dobbiamo concepire un piano nostro.
— E il Nucleo? — provai a suggerire. Per la prima volta, da quando ne aveva parlato lei, citavo il TecnoNucleo.
Aenea parve impegnata a riflettere; quanto meno, non badò alla domanda. — Tirarci fuori da qualsiasi guaio ci aspetti dovrà essere solo opera nostra. O forse… — Girò la testa. — Nave?
«Sì, signorina Aenea?»
— Hai ascoltato la discussione?
«Naturalmente, signorina Aenea.»
— Hai qualche idea che potrebbe aiutarci?
«A evitare la cattura, se navi della Pax ci aspettano?»
— Sì — disse Aenea, con una certa irritazione. Parlando alla nave perdeva spesso la pazienza.
«Nessuna idea originale» disse la nave. «Ho cercato di ricordare come il Console abbia evitato le autorità locali, quando ci limitavamo ad attraversare un sistema solare…»
— Ebbene?
«Ah, come ho già detto, i miei banchi di memoria non sono completi come dovrebbero essere…»
— Sì, sì — disse Aenea. — Ma ricordi uno dei modi astuti con cui avete evitato le autorità locali?
«Be’, in primo luogo, viaggiando a velocità superiore alla loro» disse la nave. «Come abbiamo rilevato in precedenza, le modifiche degli Ouster interessano il campo di contenimento e il motore a fusione. Quest’ultimo ora mi consente di raggiungere velocità adatte alla traslazione C-più in un tempo molto inferiore a quello impiegato dalle normali spin-navi… almeno, così era, ai tempi del mio ultimo viaggio interstellare.»
A. Bettik incrociò le braccia e si rivolse allo stesso pezzo di paratia che Aenea guardava in quel momento. — Vuoi dire che se le autorità, le navi della Pax nel nostro caso, decollassero dal pianeta Parvati o dalle sue vicinanze, riusciresti a compiere la traslazione per Vettore Rinascimento prima che ci possano intercettare?
«Senza alcun dubbio» dichiarò la nave.
— Quanto tempo occorrerà per la virata? — domandai. «Virata?»
— Il tempo, in termini locali, per raggiungere la velocità necessaria al balzo quantico fino al sistema Vettore Rinascimento — spiegai.
«Trentasette minuti» disse la nave. «Compreso il riorientamento, i controlli di navigazione e di sistema.»
— E se una nave della Pax ci aspetta proprio lì dove emergeremo? — domandò Aenea. — Hai qualche modifica Ouster che possa aiutarci?