Выбрать главу

Le tre Guardie Svizzere scattano dalla camera stagna, sputando fiamme azzurre dai propulsori personali.

«Disgregazione… ora!» esclama de Soya. Per un’eternità, quasi tre secondi, un tempo mai simulato nelle prove tattiche, i campi dell’altra nave si rifiutano di cadere, ma alla fine si spengono. «Campi annullati!» comunica de Soya, ma i soldati già lo sanno… ruzzolano, decelerando, e precipitano contro lo scafo nemico, verso il previsto punto d’ingresso, Kee nei pressi della prua, Gregorius in quello che secondo i vecchi disegni è il ponte di navigazione, Rettig sopra la sala motori.

«Sopra» dice Gregorius. Un secondo più tardi, gli altri confermano di essere sullo scafo.

«Collari d’abbordaggio fissati» ansima il sergente.

«Fissati» conferma Kee.

«Fissati» dice Rettig.

«Apertura fra tre» ordina il sergente. «Tre, due, uno… apertura.»

La sua sacca di polimero sboccia alla luce del sole.

Nella cuccetta di comando de Soya tiene d’occhio il delta-v. L’accelerazione ha superato i 230 g. Se il campo cedesse ora… De Soya scaccia quel pensiero. La Raffaele si sforza al massimo per pareggiare la velocità dell’altra nave. Ancora quattro o cinque minuti e lui sarà costretto a restare indietro oppure a caricare troppo tutti i motori a fusione. "Sbrigatevi" pensa, rivolgendosi alle sagome in tuta da combattimento che vede nello spazio tattico e sugli schermi video.

«Pronto» comunica Kee.

«Pronto» dice Rettig, accanto alle pinne di coda di quell’assurda nave.

«Cariche a posto» ordina Gregorius. Sbatte sullo scafo la sua. «Da cinque. Cinque, quattro, tre…»

«Padre Capitano de Soya» dice una voce di bambina.

«Aspettate!» ordina de Soya. L’immagine della bambina è comparsa su tutte le bande di trasmissione. La bambina siede a un pianoforte. È la stessa che de Soya ha visto su Hyperion, davanti alla Sfinge, tre mesi fa.

«Alt!» gli fa eco Gregorius, dito sul pulsante del detonatore che porta al polso. Gli altri due ubbidiscono. Tutti guardano la trasmissione video nel display del proprio visore.

«Come conosci il mio nome?» domanda il Padre Capitano de Soya. Nello stesso istante capisce quanto sia stupida la domanda: non ha importanza, i suoi uomini devono entrare nella nave entro tre minuti, altrimenti la Raffaele resterà indietro, li abbandonerà sull’altra nave. Hanno simulato anche questa possibilità (i soldati prendono comando della nave dopo avere catturato la bambina e rallentano per aspettare che de Soya li raggiunga), ma non è la soluzione preferibile. De Soya tocca il tasto che invia alla nave della bambina la sua immagine video.

«Salve, Padre Capitano de Soya» dice la bambina, in tono tranquillo, con espressione serena. «Se i suoi uomini cercheranno di entrare, depressurizzerò la nave e morirò.»

De Soya rimase sorpreso. «Il suicidio è peccato mortale» dice.

Sullo schermo, la bambina annuisce, seria. «Sì, ma non sono cristiana. Inoltre, preferisco andare all’inferno che venire con lei.»

De Soya guarda con attenzione l’immagine: le dita della bambina non sono vicino a nessun comando.

«Capitano» dice Gregorius sul canale a raggio compatto «se la bambina apre la camera stagna, posso raggiungerla e metterla in una sacca di trasferimento prima della completa decompressione.»

Sullo schermo la bambina guarda; senza muovere le labbra, de Soya subvocalizza la risposta sul canale a raggio compatto. «Non è della croce» dice. «Se muore, non c’è garanzia di poterla risuscitare.»

«Ci sono buone probabilità che il robochirurgo della nave la faccia rinvenire e ripari i danni da semplice decompressione» dice Gregorius. «A perdere tutta l’aria il livello impiegherà trenta secondi o più. Posso raggiungerla. Mi dia l’ordine.»

«Dico sul serio» interviene la bambina. All’istante una sezione circolare dello scafo si apre sotto e intorno al caporale Kee e l’aria esce nello spazio, riempie la sacca d’abbordaggio di Kee, la gonfia come un pallone e vi fa ruzzolare il caporale, mentre lui e la sacca sbattono contro il campo esterno e scivolano verso la poppa della nave. Il propulsore personale di Kee sputa fiamme: il caporale si stabilizza prima d’essere scagliato nella coda di fusione della nave.

Gregorius posa il dito sul detonatore della carica sagomata. «Capitano!» grida.

«Aspetta» subvocalizza de Soya. La vista della bambina in maniche di camicia gli gela il cuore per l’ansia. Lo spazio fra le due navi ora è pieno di particelle colloidali e di cristalli di ghiaccio.

«Sono sigillata nella sala superiore» dice la bambina. «Ma se lei non richiama i suoi uomini, apro tutti i livelli.»

In meno di un secondo il portello stagno si spalanca e un cerchio di due metri si apre nello scafo, sotto i piedi di Gregorius. Il sergente si è aperto la via attraverso la sacca d’abbordaggio e si è spostato usando i razzi, appena la bambina ha parlato. Ora rotola via dal getto d’aria e di piccoli detriti che schizza dall’apertura, aziona i propulsori e pianta i piedi contro una sezione di scafo cinque metri più in là. Nella mente rivede i disegni, sa che la bambina è proprio lì dentro… a pochi metri dalle sue grinfie. Se la bambina facesse esplodere quella sezione, lui l’agguanterebbe, la chiuderebbe nella sacca e la porterebbe nella sala chirurgica della Raffaele in meno di due minuti. Controlla il display tattico: Rettig è balzato nello spazio qualche secondo prima che una sezione di scafo si aprisse sotto di lui. Ora si tiene in posizione a tre metri dallo scafo. «Capitano!» chiama Gregorius sul canale a raggio compatto.

«Aspetta» ordina de Soya. Si rivolge alla bambina: «Non vogliamo farti alcun male…»

«Allora li richiami!» lo interrompe, brusca, la bambina. «Subito! Altrimenti apro l’ultimo livello.»

Federico de Soya sente il tempo rallentare, mentre valuta le possibilità. Sa di avere meno di un minuto, prima d’essere costretto a ridurre la velocità: allarmi e spie luminose lampeggiano lungo il suo collegamento tattico con la nave e sui quadri comando. Non vuole lasciare indietro i suoi uomini, ma il fattore più importante è la bambina. Gli ordini sono precisi e assoluti: riportare viva la bambina!

L’intero ambiente tattico comincia a pulsare di spie rosse, avvertimento che la nave deve decelerare entro un minuto, altrimenti interverrà l’automatico. I quadri comando dicono la stessa cosa. De Soya aziona i canali a voce del microfono, trasmette sulle bande comuni e sul raggio compatto.

«Gregorius, Rettig, Kee… tornate alla Raffaele. Subito!»

Il sergente Gregorius si sente invadere dalla furia e dalla rabbia, con la forza di un’esplosione di radiazioni cosmiche, ma fa parte delle Guardie Svizzere. «Torno subito, signore!» risponde; stacca la carica sagomata e con un calcio si lancia verso la nave. Gli altri due si alzano dallo scafo, su puntini azzurri dei propulsori a reazione. I campi mescolati tremolano il tempo sufficiente a lasciar passare i tre uomini in armatura da battaglia. Gregorius raggiunge per primo lo scafo della Raffaele, si afferra a un appiglio e letteralmente scaglia i suoi uomini nella camera stagna, man mano che passano davanti a lui. Poi si tira dentro, controlla che gli altri siano nelle reti di sicurezza e aziona il microfono. «Dentro e in posizione, signore.»

«Sganciamento» dice de Soya, trasmettendo in chiaro, in modo che la bambina possa sentirlo. Passa dallo spazio tattico al tempo reale e gira l’onnicomando.

La Raffaele, che era giunta al 110 percento della propria velocità, decelera, separa i propri campi da quelli del bersaglio e comincia a restare indietro. De Soya aumenta la distanza dalla nave della bambina, tenendo la Raffaele il più possibile lontano dalla sua coda di fusione: tutto indica che l’altra nave è disarmata, ma questo è un concetto relativo, quando il motore a fusione emette fiamme che arrivano a cento chilometri nello spazio. I campi esterni della Raffaele sono in piena posizione difensiva, le contromisure sono in pieno automatico, pronte a reagire in un milionesimo di secondo.