La foresta brucia. Corteccia adattata, baccelli sganciabili e foglie autosigillanti esplodono per decompressione violenta o sono tranciati da raggi e filamenti esplosivi di plasma; i globuli d’ossigeno, liberati, alimentano le fiamme nel vuoto, finché l’aria non congela o non è consumata dalla combustione. Dieci milioni di foglie schizzano via dalla foresta esplosa, ciascuna foglia o grappolo di foglie nella propria pira ardente, mentre tronchi e rami bruciano contro il nero sfondo dello spazio. Le comete pastori, colpite, si volatilizzano in un istante, facendo esplodere le selve in onde di vapore e di frammenti di roccia fusa. Ouster adattati allo spazio (angeli di Lucifero, da secoli li chiamano con disprezzo i soldati della Pax) rimangono presi nelle esplosioni come trasparenti falene consumate dalla fiamma. Alcuni sono semplicemente sbriciolati dalle granate al plasma o dallo scoppio delle comete. Altri finiscono nel percorso dei raggi d’energia e diventano anche loro oggetti ipercinetici, prima che le delicate ali e gli altri organi siano scagliati da ogni parte. Alcuni tentano la fuga, espandono al massimo le ali solari nel vano tentativo di muoversi più velocemente e di scampare al massacro.
Nessuno sopravvive.
Lo scontro dura meno di cinque minuti. Al termine, la task force MAGI decelera a sole 30 g nella foresta: le code di fusione delle navi torcia incendiano ogni frammento d’albero sfuggito all’attacco. Dove cinque minuti prima si estendeva una foresta spaziale… verdi foglie che coglievano la luce solare, radici che bevevano le sfere d’acqua cometaria, angeli Ouster che svolazzavano fra i rami come lucenti ragnatelidi… ora si espande solo un toroide di fumo e di detriti che riempie il piano dell’eclittica.
— Superstiti? — domanda il Padre Capitano de Soya, fermo in perfetto equilibrio sul bordo del display centrale del Tre-C, mani strette dietro la schiena, toccando solo con la puma dei piedi la banda d’ancoraggio. Anche se la nave torcia è ancora sottoposta alla forza di decelerazione, il Centro Comando Combattimento è mantenuto in microgravità, un quinto di quella normale. I dodici ufficiali, seduti o in piedi, guardano lo sferoscopio. De Soya è basso, sui trentacinque anni standard. Ha viso rotondo, pelle scura; i suoi amici hanno notato che negli anni il suo sguardo mostra più spesso una luce di pietà sacerdotale, anziché d’implacabilità militare.
— Nessun superstite — dice la Madre Comandante Stone, ufficiale in seconda di de Soya, anche lei gesuita. Si stacca dal display tattico per collegarsi a un’ammiccante unità intercom.
De Soya sa che nessuno dei suoi ufficiali nel Tre-C è contento di quello scontro. Distruggere foreste orbitali Ouster fa parte della loro missione (quegli alberi dall’apparenza innocua servono come centro di rifornimento e di riparazione per gli Sciami da combattimento), ma pochi soldati della Pax traggono piacere da atti di vandalismo. Sono stati addestrati come cavalieri della Chiesa, difensori della Pax, non come distruttori di bellezza e assassini d’inermi forme di vita, anche se quelle forme di vita sono Ouster adattati che hanno rinunciato alla propria anima.
— Solito schema di ricerca — ordina de Soya. — L’equipaggio può lasciare le postazioni. — In una moderna nave torcia, l’equipaggio consiste solo di dodici ufficiali e di sei soldati sparsi per la nave.
La Madre Comandante Stone interviene all’improvviso: — Signore, una distorsione da motore Hawking, angolo 72, coordinate 229, 43, 105. Punto d’uscita C-più a 700,5 mila chilometri. Probabilità di veicolo singolo: 96 percento. Velocità relativa sconosciuta.
— Ai posti di combattimento — ordina de Soya. Senza accorgersene, accenna un sorriso. Forse gli Ouster si precipitano a salvare la loro foresta. O forse c’era un unico difensore che ha appena lanciato un’arma ad azione differita, da qualche punto al di là della nube di Oort del sistema. O forse è l’avanguardia di un intero Sciame da combattimento Ouster e allora la task force è condannata. Il Padre Capitano de Soya non bada alla natura della minaccia, preferisce una battaglia a quel… quel vandalismo.
— Nave in traslazione — annuncia l’ufficiale di rilevamento, dalla postazione sopra de Soya.
— Molto bene — dice il Padre Capitano de Soya. Guarda i display lampeggiare, cambia collegamento, apre parecchi canali ottici virtuali. Ora il Tre-C si dissolve e de Soya si trova nello spazio, un gigante alto cinque milioni di chilometri; vede le sue stesse navi come puntini dalla coda fiammeggiante, mentre la curva colonna di fumo, residuo della foresta distrutta, si piega dietro di lui, all’altezza della sua cintura, e l’intruso compare dal nulla, a settecentomila chilometri e a portata di braccio sul piano dell’eclittica. Sfere rosse intorno alle navi torcia rivelano i campi esterni pronti per la battaglia. Altri colori riempiono lo spazio, mostrano dati dei sensori, impulsi di rilevamento, preparativi di mira. Operando in millisecondi sul livello tattico, a de Soya basta puntare e schioccare le dita per lanciare armi o scatenare energie.
«Radarfaro» riferisce l’ufficiale delle trasmissioni. «Controllo codici attuali. È un corriere della Pax. Classe Arcangelo.»
De Soya si acciglia. Che cosa c’è di tanto importante da indurre il Comando della Pax a inviare il più veloce mezzo spaziale del Vaticano… un mezzo talmente veloce da costituire la massima arma segreta della Pax? Nello spazio tattico de Soya vede i codici che circondano la minuscola nave corriere. La coda di fusione supera varie decine di chilometri. La nave in pratica non usa energia per i campi di contenimento interni e sfrutta accelerazioni molto superiori al livello "marmellata di lamponi".
«Senza equipaggio?» domanda de Soya. Se lo augura di tutto cuore. Le navi classe Arcangelo possono raggiungere nel giro di giorni (giorni di tempo reale!) qualsiasi punto dello spazio conosciuto, anziché impiegare le settimane di tempo/nave e gli anni di tempo reale richiesti da tutti gli altri veicoli spaziali… ma nessuno sopravvive a un viaggio in una nave classe Arcangelo.
La Madre Comandante Stone segue de Soya ed entra nell’ambiente tattico. La sua tonaca nera è quasi invisibile contro le tenebre dello spazio: il suo viso chiaro pare librarsi sopra l’eclittica e la luce del sole virtuale mette in rilievo i suoi zigomi pronunciati. — Nossignore — risponde piano. Nell’ambiente tattico la sua voce può essere udita solo da de Soya. — Il radarfaro indica due passeggeri in crio-fuga.
— Dio misericordioso! — mormora de Soya. È una preghiera, più che un’esclamazione. Anche nei serbatoi di crio-fuga ad alta gravità, quelle due persone, già uccise durante il viaggio C-più, ormai saranno solo un microstrato di pasta proteinica, non una normale marmellata di lamponi. «Preparare le culle di risurrezione» ordina sulla banda comune.
La Madre Comandante Stone tocca il derivatore impiantato dietro l’orecchio e si acciglia. — Messaggio in codice. Bisogna far resuscitare con priorità alfa i corrieri umani. Dispensa livello Omega.
Il Padre Capitano de Soya gira di scatto la testa e per un momento fissa in silenzio il suo ufficiale in seconda. Il fumo della foresta orbitale turbina intorno alla cintola dei due. La risurrezione con priorità alfa è contro la dottrina della Chiesa e le regole del Comando della Pax; inoltre è pericolosa: le possibilità di reintegrazione incompleta, pari quasi a zero nel solito procedimento di tre giorni, salgono fin quasi al cinquanta percento, in un procedimento di tre ore. E la dispensa livello Omega significa ordine emanato da Sua Santità su Pacem.
L’ufficiale in seconda lo sa, de Soya glielo legge negli occhi. La nave corriere proviene dal Vaticano. Qualcuno su Pacem, o qualcuno al Comando della Pax, o tutt’e due, ha ritenuto che l’importanza del messaggio richiedesse l’invio di una delle insostituibili navi classe Arcangelo, la morte di due ufficiali di grado molto elevato (a nessun altro verrebbe affidata una Arcangelo) e il rischio della reintegrazione incompleta degli stessi due alti ufficiali.