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La Raffaele ha impiegato quasi undici ore di decelerazione a 2 g per diminuire la propria velocità quasi pari a quella della luce in modo da entrare nel sistema, ma il computer ha localizzato un punto adatto di traslazione per Boschetto Divino solo a trentacinque milioni di chilometri da Sol Draconis Septem. La nave potrebbe accelerare comodamente a 1 g e raggiungere quel punto in circa venticinque ore, ma de Soya ha ordinato che esca dal pozzo gravitazionale del pianeta ad accelerazione costante di 2 g per sei ore, prima di usare altra energia per tenere in funzione i campi interni nell’ultima corsa di un’ora a 100 g. Quando i campi entrano finalmente in funzione, il gruppo fa l’ultimo controllo per Boschetto Divino: tre giorni per la risurrezione, poi immediato intervento della navetta, con il sergente Gregorius al comando del gruppo a terra, sorveglianza dei cinquantotto chilometri del segmento del Teti fra i due portali e infine gli ultimi preparativi per la cattura di Aenea e dei suoi compagni.

— Dopo tutto questo, come mai Sua Santità comincia a indirizzarci nella ricerca? — domanda il caporale Kee, mentre vanno alle culle.

— Una delle sue rivelazioni — spiega il Padre Capitano de Soya. — Bene… tutti a letto. Terrò d’occhio i pannelli.

Come al solito, negli ultimi minuti prima della traslazione de Soya chiude le loro culle. Solo il capitano resta a sorvegliare.

Mentre per qualche minuto è da solo al quadro comandi, de Soya richiama in fretta i dati della loro entrata interrotta nel sistema di Hebron e del ritorno. Li ha già esaminati prima della partenza da Pacem, ma adesso fa scorrere di nuovo velocemente fra i dati visivi e numerici. C’è tutto, tutto pare esatto: le riprese dall’orbita intorno Hebron mentre lui e i suoi due soldati sono ancora in culla… le città in fiamme, il panorama pieno di crateri, i villaggi distrutti che mandano fumo nell’atmosfera desertica, Nuova Gerusalemme ridotta a rovine radioattive… e poi il rilevamento radar da parte di tre Sciami. La Raffaele ha interrotto il ciclo di risurrezione e con il suo carico di morti si è data alla fuga, sfruttando l’accelerazione di 280 g consentita dal suo motore a fusione migliorato. Gli Ouster invece dovevano usare per i campi interni una parte d’energia, altrimenti sarebbero morti (niente risurrezione, per i pagani) e quindi non potrebbero mai raggiungere più di 80 g durante l’inseguimento.

Però c’erano le riprese visive: le lunghe code dei motori a fusione Ouster, il tentativo di colpire la Raffaele da una distanza di quasi una UA, la registrazione della nave dei campi di difesa che deviano senza fatica la lancia d’energia da quella distanza, la traslazione finale al sistema di Mare Infinitum perché era quello il più vicino punto di balzo…

Tutto era ragionevole. Le inquadrature erano convincenti. De Soya non era rimasto minimamente convinto.

Non sapeva con certezza perché era così scettico. Le registrazioni visive non significavano molto, naturalmente; per più di mille anni, dall’inizio dell’Era Digitale, anche le più convincenti immagini visive potevano essere contraffatte da un ragazzino con il personal computer. Ma per falsificare le registrazioni della nave sarebbe stato necessario uno sforzo gigantesco… una congiura tecnica. Perché, si domanda de Soya, ora non dovrebbe fidarsi della memoria della Raffaele?

Mentre manca ancora qualche minuto alla traslazione, richiama i dati della recente discesa nel sistema di Sol Draconis Septem. Dalla poltroncina di comando si lancia un’occhiata alle spalle: le tre culle sono sigillate e silenziose, le spie brillano di luce verde. Gregorius, Kee e Nemes sono ancora svegli, in attesa della traslazione e della morte. De Soya sa che in quegli ultimi minuti il sergente prega. Kee di solito legge un libro sul monitor interno della culla. De Soya non ha idea di che cosa faccia la donna nella sua comoda bara.

Si rende conto d’essere diventato paranoico. "Il bulbo di caffè era spostato" pensa. "Il manico era in posizione laterale." Nelle ore da sveglio ha cercato di ricordare se nel sistema di Pacem qualcuno poteva essere entrato nel quadrato ufficiali e avere spostato il bulbo. No… durante la risalita dal pozzo gravitazionale di Pacem non hanno adoperato il quadrato ufficiali. La donna, Nemes, è salita a bordo prima degli altri, ma lui ha usato il bulbo di caffè e l’ha rimesso a posto dopo che lei è entrata nella culla. Di questo de Soya è sicuro. Come sempre è stato l’ultimo a entrare nella culla. Accelerazione e decelerazione possono schiacciare bulbi non progettati per resistere a enormi gravità, ma il vettore di decelerazione seguito dalla Raffaele era lineare lungo la direttrice di viaggio della nave corriere e non avrebbe spostato lateralmente gli oggetti. La nicchia del bulbo di caffè è stata progettata per tenere a posto gli oggetti.

Il Padre Capitano de Soya fa parte di una lunga serie di naviganti per mare e per spazio divenuti fanatici del semplice concetto "un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto". De Soya è uno spaziale. In quasi vent’anni di servizio su fregate, cacciatorpediniere e navi torcia ha visto che qualsiasi cosa lasciata fuori posto gli salta letteralmente in faccia appena la nave passa a gravità zero. Cosa ancora più importante, de Soya ha la necessità, vecchia di epoche, del marinaio: allungare la mano e trovare senza guardare l’oggetto cercato, nel buio o nella tempesta. Certo, pensa, la posizione del manico del suo bulbo di caffè non è una questione importante… eppure è importante. Ciascuno degli altri si è abituato a usare una delle cinque nicchie-poltroncina intorno al tavolo strategico che nell’ingombro modulo comando funge anche da tavolo mensa. Quando usano il tavolo per estrapolare percorsi o per esaminare mappe, tutti loro (compreso Rettig, quand’era ancora vivo) hanno sempre occupato, seduti o in piedi o librati a gravità zero, il solito posto intorno al tavolo. Un comportamento tipico della natura umana, così com’è tipico degli spaziali mantenere esatte e prevedibili le proprie abitudini.

Qualcuno ha spostato il manico del bulbo del caffè… forse puntando nella nicchia il ginocchio, a gravità zero, per tenersi fermo… o ferma! Paranoia, si rimprovera de Soya. Senza alcun dubbio.

Però c’è anche la sconvolgente notizia bisbigliatagli dal sergente Gregorius nei minuti fra la propria uscita dalla culla di risurrezione e il risveglio del caporale Nemes.

«Un mio amico nelle Guardie Svizzere su Pacem, Capitano. Abbiamo bevuto un goccio, la sera prima della partenza. Ci conosce tutti… Kee, Rettig e me… e giura d’avere visto Rettig, svenuto, nella barella di un’ambulanza fuori dell’infermeria del Vaticano.»

«Impossibile» aveva replicato de Soya. «Rettig è morto per complicazioni durante la risurrezione ed è stato sepolto nello spazio di Mare Infinitum.»

«Già» aveva brontolato Gregorius. «Ma il mio amico era sicuro che nell’ambulanza c’era Rettig. Svenuto, con maschera a ossigeno, apparecchiature di rianimazione e tutto il resto, ma Rettig.»

«Non ha senso» aveva ribattuto de Soya. Ha sempre considerato con sospetto ogni teoria di complotti, sapendo per esperienza personale che un segreto condiviso da più di due persone ben di rado rimane tale a lungo. «Perché la Flotta della Pax e la Chiesa avrebbero dovuto mentirci su Rettig? E dove si trova, ora, se su Pacem era vivo?»

Gregorius si era stretto nelle spalle. «Forse non era lui, Capitano. Continuo a ripetermelo. Ma l’ambulanza…»

«L’ambulanza, cosa?» aveva replicato de Soya, più bruscamente di quanto non volesse.

«Era diretta a Castel Sant’Angelo, signore. Quartier generale del Sant’Uffizio.»

Paranoia, torna a ripetersi de Soya.

Le registrazioni delle undici ore di decelerazione sono normali: frenata ad alta gravità e il solito ciclo di tre giorni per la risurrezione, che assicura le massime possibilità di recupero in piena sicurezza. De Soya lancia un’occhiata alle cifre d’inserimento in orbita e fa scorrere il video della lenta rotazione di Sol Draconis Septem. Si meraviglia sempre di quei giorni perduti… la Raffaele che esegue i suoi semplici compiti, mentre le culle fanno rivivere lui e gli altri… si meraviglia dell’irreale silenzio che di sicuro riempie la nave.