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Ormai non esiste più, ovviamente, fatto a pezzi e bruciato dalla flotta "Ouster" che ha distrutto l’intero pianeta proprio prima della Caduta. Al posto del fantastico Albero vivo, ora c’è soltanto il Ceppo Mondo, una montagna di cenere e di carbone che pare il residuo eroso di un antico scudo vulcanico. Scomparsi i Templari, uccisi o fuggiti nelle loro navi-albero a propulsione erg il giorno dell’attacco, per più di due secoli e mezzo Boschetto Divino è rimasto come un campo tenuto a maggese. Nemes sa che la Pax avrebbe ricolonizzato il pianeta già da molto tempo, se il Nucleo non avesse ordinato di lasciarlo stare: le IA hanno per Boschetto Divino il loro personale piano a lungo termine, un piano che non contempla missionari né colonie umane.

Nemes trova il portale a monte del fiume (minuscolo, a paragone del pendio di cenere del Ceppo Mondo, a sud) e si libra su di esso. Alberi di crescita secondaria sono spuntati lungo il fiume e sugli erosi pendii di cenere: paiono semplici erbacce, a confronto delle antiche foreste, ma superano i venti metri e Nemes vede l’occasionale intrico di sottobosco dove il sole colpisce le gole. Non è il posto migliore per tendervi un agguato. Nemes fa atterrare la navetta sulla riva nord e raggiunge a piedi il teleporter.

Scarta un pannello d’accesso, trova un modulo interfaccia e si toglie dalla mano destra e dal polso il rivestimento di carne. Lo ripone con cura, per il ritorno sulla Raffaele; si collega direttamente col modulo e passa in rassegna i dati. Dopo la Caduta, quel portale non è più entrato in funzione. Aenea e il suo gruppo non sono ancora passati da lì.

Nemes torna alla navetta e vola a valle, cercando il luogo ideale per l’agguato. Dev’essere un posto dove le vittime non possano scappare via terra (vegetazione sufficiente a nascondere lei e le trappole, ma non tanta da fornire copertura a Aenea e ai suoi compagni) e dove lei possa dare una ripulita, al termine. Preferirebbe una superficie rocciosa: facile da ripulire con spruzzi d’acqua, prima del ritorno sulla Raffaele.

Quindici chilometri più a valle trova il posto ideale. In quel punto il Teti entra in una gola rocciosa, una serie di rapide create dalla scorificazione dei raggi d’energia e dalle conseguenti valanghe. Nuovi alberi sono cresciuti lungo i pendii di cenere all’ingresso di quel tratto di rapide e negli stretti burroni che vi sfociano. Lo stretto canyon è costeggiato di massi e di grandi lastre di lava nera colata a valle durante la scorificazione e rappresa in terrazze durante il raffreddamento. Il terreno accidentato rende impossibile il trasporto del battello e chiunque guidi una zattera verso quelle rapide starà attento alla navigazione nelle acque ribollenti e avrà poco tempo per osservare le rupi o le rive.

Nemes fa atterrare la navetta un chilometro più a sud, toglie dall’armadio AEV una sacca per campioni con chiusura sotto vuoto, se la infila nella cintura, nasconde la navetta coprendola con delle frasche e torna rapidamente al fiume.

Toglie dal proprio kit il rocchetto, butta via il filo ed estrude alcune centinaia di metri di monofilo invisibile. Lo fa passare avanti e indietro sul fiume, sopra le rapide, come una ragnatela invisibile, spargendo una chiara sostanza appiccicosa a base di policarbonati, simile a linfa, sul lato verso terra degli oggetti dove lei avvolge il monofilo, sia per avere un riferimento visivo, sia per impedire al monofilo di tagliare alberi e massi nel punto di contatto. Anche chi camminasse sui macigni e sui campi di lava, vedrebbe quella sostanza appiccicosa solo come una debole linea di resina o come lichene sulla roccia. La rete di monofilo trancerebbe in decine di punti la stessa Raffaele, se ora la nave spaziale cercasse di attraversare quella zona.

Tesa la trappola di monofilo, Nemes si sposta a monte lungo l’unica piattaforma di terra, apre la boccetta di pillole e sparge sul terreno e fra gli alberi diverse centinaia di micromine claymore. Le micromine rivestite di polimero camaleonte assumono immediatamente il colore e la consistenza della superficie dove sono cadute. Ogni claymore, prima di esplodere, balzerà verso il bersaglio che sopraggiunge di passo o in corsa e lo scoppio è sagomato per scavare l’interno della vittima. Per far scattare le claymore basta la vicinanza di un battito cardiaco, l’esalazione d’anidride carbonica e di calore corporeo, la pressione di un piede nel raggio di dieci metri.

Nemes valuta il terreno. Quella zona piatta è l’unica parte di riva nei pressi delle rapide dove una persona a piedi può ritirarsi; con le micromine claymore disseminate sul terreno, nessuna creatura priva d’ali potrebbe sopravvivere. Nemes torna al campo di massi e con un impulso in codice attiva i sensori delle micromine.

Per impedire a qualcuno di risalire a nuoto il fiume, Nemes apre la scatola di tamponi e semina sul letto del fiume uova di forficula auricolaria incapsulate in ceramica. Le uova hanno l’identico aspetto dei ciottoli levigati dall’acqua presenti sul fondo. Quando un essere vivente passa su di esse, si attivano automaticamente. Se qualcuno poi tenta di risalire il fiume, le forficule, delle dimensioni di un moscerino, spaccheranno l’uovo di ceramica e ronzeranno nell’acqua o nell’aria per spingersi nel cranio del bersaglio, esplodendo in una massa di rigidi filamenti solo dopo il contatto con il tessuto cerebrale.

Il "computer" è l’oggetto tecnologicamente più avanzato che Nemes ha portato con sé in quella partita di caccia. Chiamata "trappola sfinge" dalle entità che l’hanno creata apposta per lei (con riferimento alla Tomba Sfinge su Hyperion, progettata dalla stessa fazione di IA) la scheda è in grado di creare in un raggio di cinque metri la propria bolla di maree antientropiche o iperentropiche. L’energia necessaria per creare questa bolla basterebbe a rifornire per decenni un affollato pianeta come Vettore Rinascimento, ma Nemes ha bisogno di soli tre minuti di spiazzamento temporale. Sfiorando la scheda, pensa che sarebbe stato più giusto chiamarla "trappola Shrike".

Lancia un’occhiata a monte. Ora qualsiasi momento è buono. Anche se il portale dista quindici chilometri, Nemes riceverà un avvertimento: è sensibile alla distorsione teleporter. S’aspetta che lo Shrike sia con Aenea e gli altri e prevede d’essere trattata come una nemica. In realtà resterebbe delusa, se lo Shrike non si presentasse e non l’affrontasse.

Rhadamanth Nemes sfiora l’ultimo oggetto che porta nella cintura. La sacca per campioni è solo ciò che sembra: una sacca per campioni prelevati durante l’attività extraveicolare, con chiusura sotto vuoto. Le servirà per portare sulla Raffaele la testa della bambina, che conserverà in uno scomparto segreto dietro il pannello d’accesso al motore a fusione. I suoi padroni vogliono una prova tangibile.

Con un lieve sorriso Nemes si distende sulla lava nera, cambia posizione in modo che il sole del pomeriggio le scaldi il viso, si copre col polso gli occhi e si concede un breve pisolino. Tutto è pronto.

52

Quando, poco prima dell’alba di quell’ultimo, fatidico giorno, arrivammo al lungofiume di Mashhad su Qom-Riyadh, m’aspettavo, lo ammetto, che lo Shrike fosse scomparso. Non era scomparso.

Ci fermammo tutti di colpo, alla vista di quella scultura di cromo e di lame, alta tre metri, sulla nostra piccola zattera. La creatura era ferma nella stessa posizione in cui l’avevo vista la notte precedente. Allora ero arretrato con prudenza, carabina alzata; ora avanzai di un passo, con prudenza, carabina alzata.