Saphira emise un sibilo ostile. Ajihad la guardò per un istante, poi prese posto su una sedia dall’alto schienale, dietro la scrivania. I Gemelli si ritirarono dietro le scale e rimasero impassibili l’uno accanto all’altro. Ajihad congiunse le punte delle dita e fissò Eragon e Murtagh, studiandoli in silenzio per diversi minuti.
Eragon cambiò più volte posizione nella poltrona; si sentiva a disagio. Infine Ajihad abbassò le mani e fece un cenno ai Gemelli. Uno di loro gli si avvicinò sollecito. Ajihad gli sussurrò qualcosa all’orecchio. L’uomo calvo impallidì all’improvviso e scosse il capo con energia. Ajihad aggrottò la fronte, poi annuì come se avesse avuto conferma di qualcosa.
Posò il suo sguardo su Murtagh. «Mi hai messo in una posizione difficile, rifiutandoti di farti esaminare. Ti è stato concesso di entrare nel Farthen Dùr perché i Gemelli mi hanno assicurato di poterti controllare, e anche per merito delle tue azioni verso Eragon e Arya. Capisco che ci sono molte cose che vuoi mantenere segrete nella tua mente, ma finché lo farai, non potremo fidarci di te.»
«Non vi fidereste di me comunque» disse Murtagh in tono di sfida.
Il volto di Ajihad si oscurò nel sentirlo parlare, e i suoi occhi lampeggiarono minacciosi. «Anche se sono passati ventitré anni da quando l’ho sentita l’ultima volta... conosco quella voce.» Si erse in tutta la sua statura, gonfiando il petto. I Gemelli si scambiarono sguardi allarmati e presero a confabulare sottovoce. «Apparteneva a un altro uomo, più bestia che essere umano. Alzati.»
Murtagh obbedì a malincuore, scoccando occhiate nervose sia ai Gemelli che ad Ajihad. «Togliti la camicia» ordinò quest’ultimo. Con una scrollata di spalle, Murtagh si sfilo la tunica. «Ora voltati.»
Non appena si voltò, la luce illuminò la sua cicatrice.
«Murtagh» disse Ajihad, senza fiato. Orik emise un grugnito di sorpresa. Ajihad si volse di scatto verso i Gemelli e tuonò: «Lo sapevate?»
I Gemelli chinarono il capo. «Abbiamo scoperto il suo nome nella mente di Eragon, ma non sospettavamo minimamente che questo ragazzo fosse il figlio di un personaggio potente come Morzan. Non.... »
«E non mi avete detto niente?» esclamò Ajihad. Alzò una mano per anticipare le loro spiegazioni.
«Ne discuteremo più tardi.» Poi tornò a rivolgersi a Murtagh. «Prima devo risolvere questo problema. Rifiuti ancora di farti esaminare?»
«Sì» rispose Murtagh in tono deciso, e si infilò di nuovo la tunica. «Non voglio nessuno dentro la mia testa.»
Ajihad premette le mani sulla scrivania. «Ci saranno conseguenze spiacevoli, se non lo consenti. Finché i Gemelli non saranno in grado di dirmi che non sei una minaccia, non possiamo darti credito, malgrado é forse anche a causa dell’aiuto che hai dato a Eragon. Senza questa verifica, la gente di qui, tanto gli umani quanto i nani, ti farebbe a pezzi, se sapesse della tua presenza. Sarò costretto a tenerti confinato, per la tua come per la nostra incolumità. E sarebbe ancora peggio se il re dei nani. Rothgar, dovesse chiedere la tua custodia. Non metterti in una situazione che potresti facilménte evitare.»
Murtagh scosse la testa, caparbio. «No... anche se accettassi, verrei sempre trattato come un lebbroso, un emarginato. Non desidero altro che andarmene. Se mi lasciate andare in pace, non rivelerò mai la vostra posizione all’Impero.»
«E se venissi catturato e portato da Galbatorix?» obiettò Ajihad. «Lui riuscirebbe a estorcerti qualsiasi segreto, per quanto forte tu possa essere. Anche se riuscissi a resistergli, come possiamo sapere che in futuro non deciderai di riunirti a lui? Non posso correre questo rischio.»
«Mi terrete prigioniero per sempre?» domandò Murtagh, teso.
«No» disse Ajihad. «solo finché non ti lascerai esaminare. Se verrai dichiarato degno di fiducia, i Gemelli elimineranno ogni ricordo della posizione del Farthen Dùr dalla tua mente, e potrai andartene. Non vogliamo correre il pericolo che qualcuno con simili informazioni cada nelle mani di Galbatorix. Che cosa vuoi fare, Murtagh? Decidi in fretta, altrimenti il tuo destino è segnato.»
Arrenditi, lo implorò Eragon in silenzio, preoccupato per l’amico. Non ne vale la pena. Murtagh parlò, con voce chiara e stentorea. «La mia mente è l’unica cosa che non mi sia stata rubata. Altri uomini hanno tentato di entrarvi prima d’ora, ma ho imparato a difenderla a tutti i costi, perché mi sento sicuro soltanto nei miei più intimi pensieri. Mi avete dunque chiesto l’unica cosa che non posso darvi, e men che mai a quei due.» Indicò i Gemelli. «Fate di me quello che volete, ma sappiate questo; preferisco morire piuttosto che espormi alle loro indagini.»
Negli occhi di Ajihad brillò una scintilla di ammirazione. «La tua scelta non mi sorprende, anche se avevo sperato diversamente... Guardie!» La porta di cedro si spalancò di colpo e i guerrieri sciamarono all’interno, le armi in pugno. Ajihad indicò Murtagh e ordinò: «Conducetelo in una stanza senza finestre e sbarrate la porta. Mettete sei uomini all’ingresso e non permettete a nessuno di entrare finché non verrò io a vederlo, E non rivolgetegli la parola.»
I guerrieri circondarono Murtagh, scoccandogli occhiate sospettose. Mentre uscivano, Eragon attirò l’attenzione di Murtagh e mosse le labbra per dire “Mi dispiace”, Murtagh si strinse nelle spalle, poi s’incamminò a testa alta. Scomparve nel corridoio con i soldati. Il rumore dei loro passi si perse in lontananza.
Ajihad disse bruscamente: «Tutti fuori da questa stanza, tranne Eragon e Saphira. Ora!»
I Gemelli fecero un inchino e se ne andarono, ma Orik disse: «Signore, il re vorrà sapere di Murtagh. E resta ancora la questione della mia insubordinazione...»
Ajihad aggrottò la fronte, poi fece un cenno con la mano. «Parlerò io con Rothgar. Per quanto riguarda il tuo comportamento... aspetta fuori finché non ti chiamerò. E di’ ai Gemelli di non allontanarsi. Non ho finito con loro.»
«Sissignore» disse Orik, chinando il capo. Si chiuse la porta alle spalle con un solido tonfo. Dopo un lungo silenzio. Ajihad emise un sospiro stanco e si sedette. Si passò una mano sul volto e alzò gli occhi al soffitto. Eragon aspettava con impazienza che parlasse lui per primo, ma questo non accadde. Allora osò fare una domanda che gli stava molto a cuore: «Come sta Arya?»
Ajiahd abbassò gli occhi su di lui e disse in tono grave: «Non bene... ma i guaritori mi dicono che si riprenderà. . L’hanno assistita per tutta la notte. Il veleno le ha provocato seri danni. Non sarebbe sopravvissuta se non fosse stato per te. E per questo meriti la più profonda riconoscenza dei Varden.»
Le spalle di Eragon si rilassarono per il sollievo. Per la prima volta, ebbe la netta sensazione che la loro fuga da Gil’ead fosse valsa la pena di tante sofferenze. «E adesso?» domandò.
«Ho bisogno di sapere come hai trovato Saphira e tutto quello che è successo da allora» disse Ajihad, posando il mento sulla punta delle mani giunte. «Ho saputo qualcosa grazie al messaggio che Brom ci ha mandato, e parte anche dai Gemelli. Ma voglio sentirlo dalla tua voce, specie i dettagli che riguardano la morte di Brom.»
Eragon era restio a condividere le sue esperienze con un estraneo, ma Ajihad attese paziente.
Avanti, lo incitò Saphira. Eragon esitò ancora un istante, poi iniziò a raccontare la sua storia. Al principio si sentì a disagio, inquieto, ma a poco a poco acquistò fiducia e scioltezza. Saphira lo aiutò a ricordare certi dettagli, intervenendo di tanto in tanto con qualche commento. Ajihad lo ascoltò in silenzio per tutto il tempo.