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Eragon esitò, sorpreso dalla veemenza della dragonessa, poi riferì, il messaggio. Ajihad la guardò con serietà. «Non mi sarei aspettato niente di meno da una creatura così nobile... ma dubito che saresti riuscita a superare i Gemelli.»

Saphira emise uno sbuffo di derisione. Bah!

Eragon capì che cosa intendeva, e disse: «Allora devono essere molto più forti di quanto non sembra. Credo che avrebbero un’amara delusione se mai dovessero affrontare, l’ira di un drago. Forse insieme potrebbero sconfiggere me, ma Saphira mai. Sappi che il drago di un Cavaliere è in grado di potenziare la sua magia oltre le possibilità di uno stregone normale. Brom è sempre stato più debole di me per questo. Credo che in assenza dei Cavalieri, i Gemelli . abbiano sopravvalutato i propri poteri.»

Ajihad parve preoccupato. «Brom era considerato uno dei più grandi esecutori di incantesimi. Soltanto gli elfi erano in grado di superarlo. Se quello che mi dici è vero, dobbiamo riconsiderare parecchie cose.» S’inchinò davanti a Saphira. «Comunque sia, sono felice di non aver dovuto far del male a nessuno dei due.» Saphira ricambiò abbassando la grossa testa.

Ajihad si erse, di nuovo e riprese la sua aria autorevole. «Orik!» chiamò. Il nano entrò nella stanza e si fermò davanti alla scrivania, a braccia incrociate. Ajihad lo guardò corrucciato e disse: «Mi hai causato un sacco di problemi. Orik. Mi è toccato ascoltare tutta la mattina uno dei Gemelli che si lamentava della tua insubordinazione. Non saranno soddisfatti finché non verrai punito. Purtroppo hanno ragione. È una questione molto seria, che non può essere ignorata. È necessaria una riparazione.»

Orik scoccò un’occhiata fuggevole a Eragon, ma il suo viso non tradì alcuna emozione. Parlò in tono spiccio. «I Kull avevano circondato il Kóstha-mérna. Stavano scagliando frecce contro il drago, Eragon e Murtagh, ma i Gemelli non hanno mosso un dito. Come... sheilven, si sono rifiutati di aprire i cancelli, anche se vedevamo Eragon gridare la frase giusta dall’altra parte della cascata, E si sono rifiutati ancora di intervenire quando Eragon non riaffiorava dall’acqua. Forse ho sbagliato, ma non potevo lasciar morire un Cavaliere.»

«È vero, non riuscivo a risalire» confermò Eragon. «Sarei annegato se lui non mi avesse aiutato.»

Ajihad lo guardò per un istante, poi continuò a interrogare Orik. «E più tardi, perché ti sei opposto ai Gemelli?»

Orik alzò il mento con aria di sfida. «Non era giusto che violassero la mente di Murtagh. Certo, se avessi saputo chi era non li avrei fermati.»

«No, hai fatto la cosa giusta, ma sarebbe stato molto più semplice se non fossi intervenuto. Non è nostro compito violare la mente di una persona, di chiunque si tratti.» Ajihad si accarezzò la barba.

«Le tue azioni sono state onorevoli, ma hai contestato l’ordine diretto di un tuo superiore. La pena per questo è sempre stata la morte.» Orik si irrigidì.

«Non potete ucciderlo per questo! Mi stava solo aiutando» esclamò Eragon.

«Non hai alcun diritto di interferire» dichiarò Ajihad. «Orik ha infranto la legge e deve subirne le conseguenze.» Eragon fece per protestare ancora, ma Ajihad lo zittì con un gesto della mano.

«Tuttavia hai ragione. La sentenza sarà mitigata, date le circostanze attenuanti. Da questo momento. Orik, sei sollevato dal servizio attivo e non potrai partecipare ad alcuna attività militare sotto il mio comando. Intesi?»

Il volto di Orik si rabbuiò, ma poi parve solo confuso. Annuì in modo brusco. «Sì.»

«E in mancanza dei tuoi compiti regolari, ti nomino guida di Eragon e Saphira per tutta la durata della loro permanenza qui. Dovrai assicurarti che ricevano il meglio di quanto abbiamo da offrire loro. Saphira sarà ospitata sopra Isidar Mithrim. Eragon potrà alloggiare in qualunque appartamento desideri. Quando si sarà ripreso dalle fatiche del viaggio, portalo ai campi di addestramento. Lo aspetteremo» disse Ajihad, con un luccichio divertito negli occhi.

Orik si profuse in un ampio inchino. «Capisco.»

«Bene, allora potete andare tutti. Manda qui i Gemelli, mentre te ne vai.»

Eragon s’inchinò e fece per andarsene, ma poi chiese: «Dove posso trovare Arya? Mi piacerebbe vederla.»

«A nessuno è permesso farle visita. Dovrai aspettare finché non sarà lei a venire da te.» Ajihad abbassò lo sguardò sulla scrivania in un chiaro gesto di congedo.

53

Benedici la bimba, Argetlam

Nel corridoio, Eragon si stiracchiò le membra indolenzite per il troppo tempo passato seduto. I Gemelli entrarono nello studio di Ajihad e chiusero la porta. Eragon guardò Orik. «Mi dispiace che tu sia finito nei guai per colpa mia» si scusò.

«Non preoccuparti» grugnì Orik, arricciandosi una ciocca della lunga barba. «Ajihad mi ha dato quello che volevo.»

Perfino Saphira rimase colpita da quella affermazione. «Che cosa vuoi dire?» chiese Eragon. «Non puoi allenarti o combattere, e sei stato obbligato a sorvegliarmi. È questo che volevi?»

Il nano ammiccò con aria serena. «Ajihad è un buon capo. Sa come rispettare le leggi e tuttavia agire in maniera equa. Sono stato punito sotto il suo comando, ma io sono anche un suddito di Rothgar. Sotto il suo governo, resto ancora libero di fare quello che voglio.»

Eragon capì che non avrebbe mai dovuto dimenticare la duplice lealtà di Orik e la natura divisa dei poteri a Tronjheim. «Quindi Ajihad ti ha affidato un compito ancora più importante, giusto?»

Orik ridacchiò sotto i baffi. «Giusto, e tuttavia i Gemelli non possono lamentarsi. Ciò è destinato a irritarli oltre misura. Ajihad è molto scaltro, sissignore. Vieni, giovanotto, sono certo che avrai fame. E dobbiamo sistemare il tuo sputafuoco.»

Saphira sibilò. Eragon disse: «Si chiama Saphira.»

Orik accennò un inchino. «Le mie scuse, me lo ricorderò.» Staccò dalla parete una lampada dai riflessi aranciati e li scortò lungo il corridoio.

«Ci sono altri nel Farthen Dùr che sanno usare la magia?» chiese Eragon, trottando per tenere il passo con la vivace andatura del nano. Teneva Zar’roc stretta contro il fianco, nascondendo il simbolo sul fodero con il braccio.

«Pochissimi» disse Orik, con una scrollata di spalle che fece tintinnare la sua cotta di maglia. «E quei pochi sono in grado al massimo di curare qualche livido. Infatti sono tutti al capezzale di Arya perché è grande la forza necessaria a guarirla.»

«Tranne i Gemelli.»

«Già» borbottò Orik. «E comunque lei non li avrebbe mai voluti accanto; le loro arti non sono fatte per guarire. Il loro talento consiste nel tessere trame e complotti a danno di altri. Deynor, il predecessore di Ajihad, li volle insieme ai Varden perché aveva bisogno del loro aiuto: non puoi combattere contro l’Impero senza stregoni capaci di opporsi ai loro simili sul campo di battaglia. Sono una coppia molesta, ma ci servono.»

Entrarono in uno dei quattro tunnel principali che dividevano Tronjheim. Gruppi di nani e umani lo percorrevano su e giù; le loro voci echeggiavano fra le pareti lisce. Le conversazioni si interruppero di colpo quando videro Saphira; decine di sguardi si fissarono su di lei. Orik ignorò gli spettatori e voltò a sinistra, diretto verso uno dei lontani cancelli di Tronjheim. «Dove stiamo andando?» chiese Eragon.

«Fuori da queste mura, affinchè Saphira possa volare sulla rocca dei draghi sopra Isidar Mithrim, la Zaffiro Stellato. La roccaforte non ha un tetto: la cima di Tronjheim è a cielo aperto, come quella del Farthen Dùr. Così lei, voglio dire tu, Saphira, potrai volare direttamente sulla roccaforte. È lì che un tempo alloggiavano i Cavalieri in visita a Tronjheim.»

«Non sarà freddo e umido lassù, senza il tetto?» obiettò Eragon.

«No.» Il nano scosse il capo. «Il Farthen Dùr ci protegge dagli elementi. Non piove e non nevica mai, qui dentro. E poi le pareti della rocca sono disseminate di caverne di marmo per i draghi. C’è riparo più che a sufficienza. Bisogna temere soltanto i ghiaccioli; quando cadono, possono tranciare un cavallo in due.»