Выбрать главу

Dovresti parlare con Angela, disse Saphira. Lei ha già avuto a che fare con i Gemelli. Forse potrà assistere mentre ti esaminano. In questo modo potrebbe impedire che ti facciano del male.

Buona idea. Eragon vagò tra gli scaffali finché non trovò Orik seduto su una panca, intento a lucidare la sua ascia di guerra. «Vorrei tornare alla rocca» gli disse.

Il nano infilò il manico dell’ascia in un passante di pelle che aveva alla cintura, poi scortò Eragon al cancello, dove lo attendeva Saphira. Intorno a lei si era già radunato un folto gruppo di curiosi. Eragon li ignorò, si arrampicò sul dorso della dragonessa, e insieme volarono verso la rocca.

Bisogna risolvere il problema alla svelta. Non puoi permettere che i Gemelli ti minaccino, disse Saphira mentre atterrava su Isidar Mithrim.

Lo so. Ma vorrei evitare di farli arrabbiare. Potrebbero essere nemici molto pericolosi. Smontò in fretta, tenendo la mano su Zar’roc.

Li vuoi forse come alleati?

Eragon scosse il capo. Non proprio... domani dirò loro che non mi unirò al Du Vrangr Gaia.

Eragon lasciò Saphira nella sua caverna e decise di fare un giro. Voleva vedere Angela, ma non ricordava la strada per raggiungere il suo nascondiglio, e non c’era Solembum. a guidarlo. Vagò per i corridoi deserti, sperando di incontrare Angela per caso.

Quando cominciava a essere stanco di vedere stanze vuote e grigie pareti tutte uguali, ritornò verso la rocca. Mentre si avvicinava alla caverna, sentì qualcuno che parlava, là dentro. Si fermò per origliare, ma la voce tacque. Saphira? Chi c’è con te?

Una donna...Ha un tono dì comando. La distraggo mentre tu entri. Eragon sganciò l’anello di sicurezza di Zar’roc. Orik ha detto che non ci sarebbero stati intrusi sulla rocca: perciò chi può essere? cercò di controllarsi, poi entrò, la mano alla spada.

Una giovane donna era in piedi al centro della sala e guardava con curiosità Saphira, che aveva fatto capolino dalla grotta. Lo zaffiro stellato emanava una luce rosata che metteva ancora più in risalto la sua carnagione, scura come quella di Ajihad. Indossava un lungo abito di velluto violaceo, dal taglio elegante. Alla cintura portava un pugnale tempestato di gemme in un fodero di cuoio lavorato.

Eragon incrociò le braccia, aspettando che la donna lo notasse. Lei continuò a guardare Saphira, poi fece una graziosa riverenza e chiese. «Di grazia, potresti dirmi dove posso trovare il Cavaliere Eragon?» Gli occhi di Saphira brillarono di malizia.

Con un sorriso, Eragon disse: «Sono qui.»

La donna si voltò di scatto, portando la mano al pugnale. Il suo volto era bellissimo, con gli occhi a mandorla, le labbra carnose e gli zigomi rotondi. Si tranquillizzò e fece un nuovo inchino. «Sono Nasuada» disse.

Eragon accennò un inchino. «È chiaro che sai chi sono, ma che cosa vuoi da me?»

Nasuada sorrise in modo incantevole. «Mio padre. Ajihad, ti manda un messaggio. Vuoi ascoltarlo?»

Il capo dei Varden non aveva dato a Eragon l’impressione di essere tagliato per il matrimonio e la paternità. Si domandò chi fosse la madre di Nasuada: doveva essere una donna fuori dal comune per aver attirato l’attenzione di Ajihad. «Naturalmente.»

Nasuada alzò il mento e recitò: «Ajihad è lieto che tutto stia andando bene, ma ti suggerisce di astenerti da azioni clamorose come la benedizione di ieri, poiché creano più problemi di quanti ne risolvano. Inoltre ti prega di sottoporti quanto prima all’esame... gli occorre sapere quali sono le tue capacità prima di mandare messaggi agli elfi.»

«E sei salita fin quassù solo per dirmi questo?» chiese Eragon, pensando alla lunghezza di Voi Turin.

Nasuada scosse il capo. «Ho usato il montacarichi che serve a trasportare le merci ai livelli più alti. Avremmo potuto mandarti il messaggio in un altro modo, ma ho pensato che sarebbe stato meglio consegnartelo di persona, anche per avere modo di conoscerti.»

«Vuoi restare?» chiese Eragon, indicando la grotta di Saphira.

Nasuada diede in una risatina leggera. «No, sono attesa da un’altra parte. Mio padre ti manda a dire anche che puoi far visita a Murtagh, se lo desideri.» Un’espressione pensosa alterò i suoi lineamenti sereni. «Ho conosciuto Murtagh... È ansioso di parlarti. Sembra così solo: dovresti proprio andare a trovarlo.» E spiegò a Eragon come raggiungere la cella di Murtagh.

Eragon la ringraziò per le informazioni, poi chiese: «Notizie di Arya?.Sta meglio? Posso vederla? Orik non ha saputo dirmi molto.»

La giovane sorrise maliziosa. «Arya si sta riprendendo in fretta, come tutti gli elfi. Nessuno può vederla, tranne mio padre. Rothgar e i guaritori. Hanno trascorso molto tempo con lei per sapere che cosa è successo durante la sua prigionia.» I suoi occhi corsero a Saphira. «Ora devo andare. C’è qualcosa che devo riferire a mio padre da parte tua?»

«No, tranne il mio desiderio di vedere Arya. E ringrazialo di tutto cuore per l’ospitalità che ci ha mostrato.»

«Lo farò senz’altro. Addio. Cavaliere Eragon. Spero di rivederti presto.» Si congedò con un inchino e uscì dalla rocca a testa alta.

Se davvero è salita fin quassù solo per incontrarmi... montacarichi o non montacarichi... questo incontro nascondeva di più che qualche chiacchiera, osservò Eragon.

Già, disse Saphira, e ritrasse la testa nella caverna. Eragon si arrampicò da lei e rimase sorpreso nel vedere Solembum acciambellato nell’incavo del collo della dragonessa. Il gatto marinaro faceva le fusa, agitando come un piumino la coda dalla punta nera. I due lo guardarono con insolenza, come per dire: “E allora?”

Eragon scosse il capo e scoppiò a ridere. Saphira, era Solembum che volevi vedere?

Entrambi ammiccarono e risposero: Sì.

Tanto per sapere, disse lui, ancora in preda all’ilarità. Aveva la sensazione che i due sarebbero diventati amici: le loro personalità erano molto simili, ed erano entrambe creature magiche. Sospirò, liberandosi di parte della tensione della giornata mentre slacciava Zar’roc. Solembum, sai dov’è Angela? Non sono riuscito a trovarla, e ho bisogno di un consiglio.

Solembum si stiracchiò affondando le zampe nel dorso squamoso di Saphira. È da qualche parte a Tronfheim.

Quanto torna?

Presto.

Quanto presto? domandò impaziente. Devo parlarle oggi stesso.

Non così presto.

Il gatto marinaro si rifiutò di dare altre spiegazioni, malgrado le insistenze di Eragon. Il giovane si arrese e si accovacciò con le spalle appoggiate al fianco di Saphira. Le fusa di Solembum erano un sottofondo regolare, che gli pulsava nella testa.

Domani devo, andare da Murtagh, pensò, rigirandosi l’anello di Brom intorno al dito.

56

La prova di Arya

La mattina del terzo giorno a Tronjheim, Eragon si alzò riposato, traboccante di nuove energie. Allacciò Zar’roc alla cintura e si mise a tracolla l’arco e la faretra. Dopo un volo esplorativo con Saphira all’interno del Farthen Dùr, incontrò Orik vicino a uno dei quattro cancelli principali di Tronjheim. Eragon gli chiese di Nasuada.

«Una ragazza straordinaria» commentò Orik con un’occhiata di disapprovazione alla spada. «È profondamente devota a suo padre, e lo aiuta in ogni occasione. Credo che faccia per Ajihad più di quanto lui non sappia... ci sono state volte in cui ha manovrato i suoi nemici senza nemmeno rivelarglielo.»

«Chi è sua madre?»

«Non lo so. Ajihad era solo quando arrivò con Nasuada appena nata qui nel Farthen Dùr. Non ha mai detto da dove venivano.»

E così anche lei è cresciuta senza conoscere sua madre. Scacciò via il triste pensiero. «Mi sento in forma, ma ho bisogno di usare i muscoli. Dove devo andare per questo esame di Ajihad?»