«Come.,. voglio dire, pensavo... »
«Pensavi che mi avessero gettato in chissà quale buco fetido a masticare gallette» disse Murtagh, alzandosi a . sedere con un sogghigno. «A dire il vero, mi aspettavo la stessa cosa, ma. Ajihad mi ha concesso questi lussi purché me ne stia buono. E mi portano anche una quantità enorme di cibo, e mi danno tutti i libri che chiedo. Se non sto attento, mi trasformerò in un grasso topo di biblioteca.»
Eragon rise e sedette accanto a lui. «Ma non sei arrabbiato? In fondo sei prigioniero.»
«Oh, all’inizio lo ero» ammise Murtagh con una scrollata di spalle. «Ma più ci pensavo, più mi rendevo conto che meglio di così non potevo stare. Se anche Ajihad mi avesse lasciato libero, avrei passato la maggior parte del tempo in camera mia.»
«Perché?»
«Lo dovresti capire. Nessuno si sarebbe sentito a suo agio con me nei dintorni, sapendo chi sono, e la gente mi avrebbe guardato storto, mormorando malignità. Ma ora basta parlare di questo: sono ansioso di conoscere le novità. Avanti, racconta.»
Eragon gli riferì gli eventi degli ultimi due giorni, compreso il suo incontro con i Gemelli nella biblioteca. Quando ebbe terminato, Murtagh poggiò indietro la schiena per riflettere. «Sospetto» disse «che Arya sia più importante di noi due messi insieme. Considera quanto hai saputo: è una maestra di scherma, esperta di magia, e, cosa ancora più importante, è stata scelta per sorvegliare l’uovo di Saphira. Non può essere un personaggio comune, nemmeno tra gli elfi.»
Eragon concordò.
Murtagh fissò il soffitto. «Sai, trovo questa prigionia stranamente confortante. Per una volta nella mia vita non devo temere niente. So che dovrei... eppure questo posto mi fa sentire in pace. E un buon sonno la notte aiuta.»
«Capisco quello che intendi» disse Eragon amaramente. Si spostò in un punto più comodo del letto.
«Nasuada ha detto che ti è venuta a trovare. Ha detto qualcosa di interessante?»
Lo sguardo di Murtagh si perse nel vuoto. Poi il giovane scosse il capo. «No, voleva soltanto conoscermi. Non pare una principessa? E il suo portamento! Quando è comparsa sulla soglia, per un attimo mi è sembrata una delle dame di corte di Galbatorix. Ho visto mogli di conti e duchi che al suo confronto sembrano più adatte a un porcile che alla nobiltà.»
Eragon lo ascoltò infervorarsi con crescente apprensione. Potrebbe non voler dire nulla, si disse.
Stai saltando alle conclusioni. Eppure quella sensazione inquietante non lo abbandonava. Cercando di liberarsene, chiese: «Quanto pensi di restare, chiuso qui, Murtagh? Non puoi nasconderti per sempre.»
Murtagh fece un vago gesto noncurante, ma le sue parole furono dense di significato. «Per ora sono contento di come sto e di poter riposare. Non c’è ragione di cercare asilo altrove, né di sottomettermi all’esame dei Gemelli. Non dubito che alla fine mi stancherò di tutto questo, ma per adesso... sto bene.»
57
L’ombra della guerra
Saphira svegliò Eragon con un brusco colpo di muso, graffiandogli la guancia con le ruvide squame. «Ahi!» esclamò il giovane, alzandosi a sedere. La caverna era immersa nell’oscurità, rischiarata appena dal tenue bagliore di una lanterna schermata. Fuori dalla rocca. Isidar Mithrim sfavillava di mille colori nella sua ghirlanda di lanterne.
All’ingresso della caverna c’era un nano molto agitato che si torceva le mani. «Devi venire. Argetlam! Grossi guai... Ajihad ti chiama. Non c’è tempo!»
«Che succede?» chiese Eragon.
Il nano si limitò a scuotere il capo, la lunga barba ondeggiante. «Vieni.. subito! Carkna bragha! Ora!»
Eragon allacciò Zar’roc alla cintola, afferrò arco e frecce e sellò Saphira. Addio nottata di sonno, brontolò lei, accucciandosi per far salire Eragon in groppa. Lui sbadigliò sonoramente mentre Saphira si lanciava fuori dalla grotta.
Orik li stava aspettando con espressione cupa quando atterrarono davanti ai cancelli di Tronjheim.
«Vieni, ci sono anche gli altri.» Li guidò attraverso Tronjheim fino allo studio di Ajihad. Lungo il tragitto, Eragon lo tempestò di domande, ma Orik rispose soltanto: «Nemmeno io so niente... aspetta di sentire Ajihad.»
La porta della biblioteca fu aperta da due guardie robuste. Ajihad era in piedi dietro la scrivania, intento a studiare una mappa. C’erano anche Arya e un uomo dalle braceia nerborute. Ajihad alzò lo sguardo. «Bene, eccoti qui, Eragon. Ti presento Jòrmundur, il mio vicecomandante.»
I due si salutarono, poi rivolsero l’attenzione ad Ajihad. «Vi ho svegliati perché. siamo tutti in grave pericolo. Mezz’ora fa un nano è sbucato da uno dei tunnel abbandonati sotto Tronjheim. Era ferito e sanguinante, gridava frasi sconnesse, ma è riuscito a riferire che un esercito di Urgali si trova a un giorno di marcia da qui.»
Un silenzio sconcertato riempì la stanza. Poi Jòrmundur esplose in una serie di imprecazioni e cominciò a fare domande insieme a Orik. Arya non parlò. Ajihad alzò una mano. «Silenzio! C’è dell’altro. Gli Urgali non si stanno avvicinando sulla terra, ma sottoterra. Sono nei tunnel… stiamo per essere attaccati dal basso.»
Eragon alzò la voce. «Perché i nani non l’hanno scoperto prima? Come hanno fatto gli Urgali a trovare i tunnel?»
«Riteniamoci fortunati di averlo scoperto ora!» urlò Orik. Tutti tacquero per ascoltarlo. «Ci sono centinaia di tunnel che attraversano i Monti Beor, disabitati fin dal giorno in cui vennero scavati. Gli unici nani che li frequentano sono degli stravaganti che non vogliono contatti con gli altri. Potremmo addirittura non essere mai stati avvertiti.»
Ajihad indicò la mappa, ed Eragon si avvicinò. Illustrava la metà meridionale di Alagasëia, ma a differenza di quella di Eragon, mostrava l’intera catena dei Monti Beor nel dettaglio. Il dito di Ajihad indicò la sezione dei Beor confinante con il margine orientale del Surda. «Qui» disse «è il punto da cui il nano dichiara di venire.»
«Orthiad!» esclamò Orile. Davanti all’espressione interrogativa di Jòrmundur, spiegò: «È un antico insediamento di nani che fu abbandonato quando Tronjheim fu completata. Ai suoi tempi era la maggiore delle nostre città. Ma nessuno ci vive più da secoli.»
«Ed è tanto vecchia che alcuni dei tunnel sono crollati» aggiunse Ajihad. «Ecco come supponiamo che l’abbiano scoperta dalla superficie. Sospetto che Orthìad adesso venga chiamata Ithro Zhàda. È lì che la colonna di Urgali che inseguiva Eragon e Saphira doveva andare, e sono sicuro che è il luogo verso il quale gli Urgali sono migrati per tutto l’anno. Da Ithrò Zhàda possono raggiungere qualsiasi punto dei Monti Beor. Hanno il potere di distruggere sia i Varden che i nani.»
Jòrmundur si chinò sulla mappa, studiandola con attenzione. «Sai quanti Urgali ci sono? E se sono accompagnati dalle truppe di Galbatorix? Non possiamo organizzare la difesa se non sappiamo quanto è grande l’armata.»
Ajihad rispose con aria afflitta. «Non abbiamo notizie certe, ma la nostra sopravvivenza dipende dalla seconda domanda. Se Galbatorix ha ingrossato le fila degli Urgali con i propri soldati, allora non abbiamo scampo. Ma se non l’ha fatto, forse perché non vuole ancora scoprire le carte della sua alleanza con quei mostri, o per qualche altra ragione, allora abbiamo una possibilità. Né Orrin né gli elfi possono aiutarci con così poco preavviso. Comunque sia, ho inviato a entrambi dei messaggeri con la notizia della nostra sventura. Almeno non verranno colti di sorpresa se soccombiamo.»
Si passò una mano sulla fronte scura. «Ho già parlato con Rothgar, e abbiamo deciso una strategia. La nostra unica speranza consiste nell’arginare gli Urgali in tre dei tunnel più grandi e incanalarli nel Farthen Dùr perché non possano sciamare a Tronjheim come locuste.
«Ho bisogno di voi, Eragon e Arya, per aiutare i nani a far crollare gli altri tunnel. Il lavoro è troppo grande per mezzi normali. Due gruppi di nani sono già all’opera: uno fuori Tronjheim, e l’altro sotto. Eragon, tu andrai con il gruppo all’esterno. Arya, tu con quello sottoterra; Orik vi guiderà.»