Eragon costrinse la lingua impastata a formare le parole: «Se lo farò, vi ucciderò.»
I due ridacchiarono. «Oh no.. noi sssiamo troppo preziosi, mentre tu sssei... sssuperfluo.» Saphira emise un ringhio cupo e sbuffò fumo dalle narici. I Ra’zac non le badarono.
La loro attenzione fu sviata da un gemito di Brom. Il vecchio rotolò su un fianco. Uno dei Ra’zac lo afferrò per la camicia e lo sollevò in aria senza sforzo. «Si sssta riprendendo.»
«Dagliene ancora.»
«Uccidiamolo e basssta» disse il Ra’zac più basso. «Ci ha già dato troppi problemi.»
Quello più alto fece scorrere le dita sulla propria spada.
«Buona idea. Sssolo che le istruzioni del re sssono di tenerli in vita.»
«Possiamo sssempre dire che è rimasto uccissso quando li abbiamo catturati.»
«E lui?» disse l’altro, puntando la spada verso Eragon. «Ssse poi parla?»
Il compagno rise ed estrasse un pugnale. «Non ossserà.»
Ci fu un lungo silenzio, e infine: «D’accordo.»
Trascinarono Brom al centro dell’accampamento e lo spinsero in ginocchio. Brom si accasciò su un fianco. Eragon osservava la scena con terrore crescente. Devo liberarmi! Strattonò le funi, ma erano troppo robuste per spezzarle. «Sssmettila!» disse il Ra’zac più alto, pungolandolo con la spada. Poi annusò l’aria: sembrava che qualcosa lo turbasse.
L’altro Ra’zac.ringhiò, tirò indietro la testa di Brom e fece per tagliargli la gola nuda. Proprio in quel momento si udì un fruscio sibilante, seguito dall’urlo del Ra’zac. Dalla spalla gli sporgeva una freccia. Il Ra’zac più vicino a Eragon si abbassò di colpo, schivando per un pelo una seconda freccia. Avanzò carponi.verso il compagno ferito; i due guardarono torvi le tenebre, sibilando infuriati. Non mossero un dito per fermare Brom quando questi si rialzò a fatica, intontito. «Sta’ giù!» gridò Eragon.
Brom barcollò, poi cominciò ad avanzare verso il ragazzo. Mentre altre frecce saettavano per il campo, scoccate da invisibili arcieri, i Ra’zac si. rifugiarono dietro alcuni massi. Ci fu una breve tregua, poi altri dardi arrivarono dalla direzione opposta. Colti di sorpresa, i Ra’zac reagirono al rallentatore. I loro mantelli furono perforati in diversi punti, e una freccia vagante si andò a seppellire nel braccio di uno.
Con un grido selvaggio, il Ra’zac più basso fuggì verso la strada, sferrando un calcio malevolo al fianco di Eragon mentre passava. Il compagno esitò, poi raccolse il pugnale da terra e lo seguì. Mentre lasciava l’accampamento, scagliò il pugnale contro Eragon.
Una strana luce risplendette negli occhi di Brom. Si gettò davanti a Eragon, la bocca socchiusa in un ringhio muto. Il pugnale lo colpì con un tonfo sommesso, e il vecchio crollò riverso a terra. La testa gli ricadde di lato.
«No!» gridò Eragon, nonostante il dolore al fianco che lo costringeva a restare piegato in due. Udì dei passi.. ma i suoi occhi si chiusero e perse di nuovo i sensi.
36
Murtagh
Per lungo tempo Eragon fu consapevole soltanto del dolore lancinante al fianco. Ogni respiro una pugnalata, come se fosse stato colpito lui, e non Brom.
Aveva perso il senso del tempo: non sapeva dire se fossero passate settimane, o soltanto pochi minuti. Quando alla fine tornò in sé, aprì gli occhi su un fuoco che ardeva a qualche metro di distanza. Aveva ancora le mani legate, ma l’effetto della droga doveva essere finito perché riusciva a pensare di nuovo con lucidità. Saphira, sei ferita?
No, ma tu e Brom sì. La dragonessa era china su Eragon, le ali distese a proteggerlo.
Saphira, non sei stata tu ad accendere il fuoco, vero? E non puoi esserti liberata da sola da quelle catene.
No.
Come pensavo. Eragon si alzò sulle ginocchia e vide un giovane uomo seduto dall’altra parte del fuoco.
Lo straniero, che indossava logori abiti da viaggio, emanava un’aura tranquilla, rassicurante. Tra le mani reggeva un arco; al suo fianco un lungo spadone a una mano e mezza. In grembo aveva un corno bianco filigranato d’argento, e da uno stivale gli spuntava il manico di un pugnale. Il suo viso serio e gli occhi penetranti erano incorniciati da una massa di ricci castani. Sembrava di qualche anno più grande di Eragon, ed era appena più alto. Alle sue spalle era legato un cavallo grigio da battaglia. Lo straniero studiava Saphira, circospetto.
«Chi sei?» chiese Eragon, respirando a fatica.
Le mani dell’uomo strinsero l’arco. «Mi chiamo Murtagh.» La sua voce era bassa e controllata, ma venata d’emozione.
Eragon si fece passare le mani sotto le gambe, per averle davanti a sé. Strinse i denti quando il fianco gli mandò una fitta di dolore. «Perché ci hai aiutati?»
«I Ra’zac non sono soltanto nemici vostri. Li stavo seguendo.»
«Sai chi sono?»
«Sì.»
Eragon si concentrò sulle funi che gli legavano i polsi ed evocò il potere magico, ma all’ultimo istante esitò, sentendo lo sguardo di Murtagh su di sé. Infine decise che non gli importava. «Jierda!» borbottò. Le funi gli caddero recise dai polsi, e lui si massaggiò le mani per far circolare il sangue. Murtagh emise un fischio d’ammirazione. Eragon si fece forza e provò ad alzarsi, ma il dolore alle costole lo trattenne, e ricadde indietro, respirando a fatica tra i denti serrati. Murtagh fece per aiutarlo, ma Saphira lo fermò con un ringhio. «Ti avrei aiutato anche prima, ma quel tuo drago non mi ha permesso di avvicinarmi.»
«Si chiama Saphira» precisò Eragon. Lascialo venire! Non posso farcela da solo. In fondo ci ha salvato la vita. Saphira emise un altro ringhio, ma chiuse le ali e si ritrasse, Murtagh la guardò deciso e si fece avanti.
Afferrò il braccio di Eragon e piano piano lo aiutò a mettersi in piedi. Eragon lanciò un grido di dolore, e sarebbe caduto senza il sostegno del giovane uomo. Si avvicinarono al fuoco, dove Brom era disteso. «Come sta?» chiese Eragon.
«Male» rispose Murtagh, e lo aiutò ad accoccolarsi per terra. «Il coltello gli è penetrato fra le costole. Potrai dedicarti a lui fra un minuto, ma adesso è meglio controllare che cosa ti ha fatto quel Ra’zac.» Lo aiutò a sfilarsi la camicia. «Oh!»
«Già» assentì Eragon debolmente. Sul fianco sinistro si estendeva un brutto livido violaceo. La pelle, rossa e gonfia, era lacerata in diversi punti, Murtagh appoggiò una mano sul livido ed esercitò una lieve pressione. Eragon. strillò, e Saphira diede in un ringhio di ammonimento.
Murtagh le scoccò un’occhiata esitante, poi prese una coperta. «Credo che ti sia rotto qualche costola. Difficile a dirsi, ma almeno due, se non di più. Sei fortunato a non sputare sangue.» Strappò la coperta in tante fasce con cui bendò il torace di Eragon.
Eragon si rimise la camicia. «Già... fortunato.» Trasse un breve respiro, si avvicinò a Brom e vide che Murtagh gli aveva tagliato la tunica per fasciargli la ferita. Con dita tremanti, in ginocchio accanto al vecchio, cominciò a svolgere la benda.
«Sarebbe meglio non farlo» gli disse Murtagh. «O si dissanguerà a morte.»
Eragon lo ignorò e scoprì la ferita. Era piccola e sottile, ma molto profonda. Il sangue sgorgava a fiotti. Come aveva imparato quando Garrow era stato ferito, un colpo inflitto dai Ra’zac era lento a guarire.
Si tolse i guanti, mentre con la mente si affannava a cercare le parole guaritrici che Brom gli aveva insegnato. Aiutami, Saphira, supplicò. Sono troppo debole per farcela da solo.
Saphira si accoccolò accanto a lui, fissando lo sguardo su Brom. Sono qui, Eragon. Quando la mente di lei si fuse con la sua, Eragon avvertì una nuova ondata di energia nel corpo. Evocò i loro poteri congiunti e si concentrò sulle parole. La sua mano, sospesa sulla ferita, tremava. «Waise heill!» esclamò. Il suo palmo luccicò, e la pelle di Brom si rimarginò come se non fosse mai stata intaccata, Murtagh osservò la scena con muto stupore.