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Saphira compì una lenta, delicata virata a sinistra, e scivolò oltre la cresta. Eragon la avvertì vagamente sotto di loro, poi strizzò gli occhi quando scorse una debole linea bianca davanti. Sarà la cascata? si chiese.

Guardò il cielo, ancora rischiarato dagli ultimi vaghi bagliori del tramonto. I profili scuri dei monti curvavano verso il centro a formare una specie di anfiteatro che chiudeva la valle. La fine non dev’essere lontana! esclamò, indicando davanti a sé. Credi che ì Varden sappiano del nostro arrivo? Forse manderanno degli uomini ad aiutarci.

Dubito che ci presteranno soccorso finché non sapranno se siamo amici o nemici, disse Saphira mentre si abbassava di botto. Torniamo da Murtagh, È il momento di stare con lui adesso. Visto che non riesco a trovare gli Urgali, potrebbero assalirlo senza che noi lo sappiamo.

Eragon sciolse i legacci del fodero di Zar’roc, chiedendosi se era abbastanza forte da combattere. Saphira atterrò alla sinistra dello Zannadorso, poi si accovacciò, in attesa. La cascata rumoreggiava in lontananza. Arriva, disse. Eragon aguzzò la vista e colse con l’udito uno scalpitio di zoccoli. Murtagh uscì di corsa dalla foresta, guidando i cavalli. Li vide, ma non rallentò.

Eragon balzò giù da Saphira, inciampando nel tentativo di tenere il passo di Murtagh. Dietro di loro, Saphira andò al fiume, per poterli seguire senza essere ostacolata dagli alberi. Prima che Eragon potesse raccontargli le novità, Murtagh disse: «Ti ho visto lanciare pietre con Saphira... ambizioso. I

Kull si sono fermati o sono tornati indietro?»

«Ce li abbiamo ancora alle calcagna, ma ormai siamo quasi arrivati. Come sta Arya?»

«Non è morta» replicò Murtagh asciutto. Il suo respiro era breve, affannoso. Le parole che seguirono erano pervase da una calma ingannevole, come quelle di un uomo che cela una passione travolgente. «C’è una valle o una gola più avanti da cui io possa andarmene?»

Con ansia, Eragon cercò di ricordare se aveva visto qualche breccia nelle montagne intorno a loro; per un po’ non aveva pensato al problema di Murtagh. «È buio» disse, evasivo, abbassando la testa per schivare un ramo basso. «è facile che mi sia sfuggito qualcosa, ma... no.»

Murtagh lanciò un’imprecazione sonora e si fermò di colpo, tirando le redini dei cavalli finché anche quelli non si fermarono. «Stai dicendo che l’unico posto dove posso andare è dai Varden?»

«Sì, ma continua a correre. Gli Urgali ci sono addosso!»

«No!» fu la risposta furente. Puntò un dito contro Eragon. «Ti avevo avvertito che non sarei mai venuto dai Varden, ma tu hai insistito e ora mi hai messo fra l’incudine e il martello! Tu sei quello che legge i ricordi dell’elfa. Perché non mi hai detto che era un vicolo cieco?»

Eragon s’indispettì per l’accusa e ribattè; «Sapevo soltanto dove dovevamo andare, non che cosa c’era in mezzo. Non dare la colpa a me per la scelta che hai fatto.»

Murtagh sibilò fra i denti e si voltò di scatto. Tutto ciò che Eragon vedeva di lui era una figura immobile, a capo chino. Anche lui aveva le spalle tese, e una vena gli pulsava sul lato del collo. Si mise le mani sui fianchi, sentendo montare l’impazienza.

Perché vi siete fermati? domandò Saphira, allarmata.

Non mi distrarre. «Qual è il tuo problema con i Varden? Non può essere così terribile da costringerti a nasconderti anche adesso. Preferiresti combattere contro i Kull piuttosto che rivelarmelo? Quante volte dovremo ancora litigare prima che tu riesca a fidarti di me?»

Ci fu un lungo silenzio.

Gli Urgali! rammentò Saphira, frettolosa.

Lo so, disse Eragon, tenendo a bada la collera. Ma dobbiamo risolvere la questione.

Svelti, svelti.

«Murtagh» disse Eragon, con tutto se stesso. «a meno che tu non voglia morire, dobbiamo andare dai Varden. Non voglio finire nelle loro mani senza sapere come reagiranno di fronte a te. Già è una situazione pericolosa senza bisogno di altre brutte sorprese.»

Finalmente Murtagh si volse verso Eragon. Respirava a fatica, come un lupo in trappola. Tacque ancora un istante, poi con voce angosciata disse: «Hai il diritto di sapere. Io... io sono il figlio di Morzan, primo e ultimo dei Rinnegati.»

49

Un grave dilemma

Eragon rimase senza parole. La sua mente si rifiutava di accettare la verità delle parole di Murtagh. I Rinnegati non hanno mai avuto figli, meno che mai Morzan. Morzan! L’uomo che tradì i Cavalieri consegnandoli a Galbatorix. Colui che fu il più fedele servitore del re per il resto della sua vita. Non può essere vero!

Lo sconcerto di Saphira lo raggiunse un istante dopo. La dragonessa piombò dal cielo schiantando alberi e cespugli per atterrare accanto a lui, con le fauci spalancate e la coda. alta e minacciosa. Sta’

pronto a tutto, lo avvertì. Potrebbe essere capace di usare la magia.

«Sei il suo erede?» disse Eragon, e tese lentamente una mano verso Zar’roc. Che cosa potrebbe volere da me? Lavora per il re, dunque?

«Non l’ho scelto io!» gridò Murtagh, il viso deformato dal dolore. Si strappò la tunica e la camicia di dosso con un gesto disperato e rimase a torso nudo. «Guarda!» disse, volgendo la schiena a Eragon.

Circospetto, Eragon si protese verso di lui, strizzando gli occhi nell’oscurità. Sulla pelle abbronzata e muscolosa di Murtagh c’era una lunga, nodosa cicatrice bianca, che correva dalla spalla destra fino al fianco sinistro: la testimonianza di un terribile dolore.

«La vedi?» disse Murtagh in tono amaro. Parlava con voce calma, adesso, come se si sentisse sollevato per avere finalmente svelato il suo segreto. «Avevo solo tre anni quando mi è stata inflitta. Durante uno dei suoi attacchi di violenza, Morzan mi scagliò contro la sua spada mentre correvo. La mia schiena è stata squarciata da quella stessa spada che tu ora porti... l’unica cosa che mi aspettavo di ricevere in eredità, finché Brom non la tolse al cadavere di mio padre. Sono stato fortunato, suppongo.., c’era un guaritore nei paraggi che mi impedì di morire. Devi capire, io non amo l’Impero né il re. Non ho stretto alcuna alleanza con loro, né ho intenzione di farti del male!» La sua voce era quasi implorante.

Eragon tolse la mano dall’elsa di Zar’roc. «Allora tuo padre» disse con voce tremante «fu ucciso da...»

«Sì, da Brom» disse Murtagh. Si mise di nuovo la tunica, con estremo distacco.

Un corno risuonò alle loro spalle, inducendo Eragon a gridare: «Vieni, fuggiamo.» Murtagh frustò le redini dei cavalli e li costrinse a uno stanco trotto, gli occhi fissi avanti, mentre Arya sobbalzava inerte sulla sella di Fiammabianca, Saphira rimase al fianco di Eragon, tenendo il passo con agio grazie alle lunghe zampe. Potresti camminare meglio sulla riva del fiume, le disse lui, vedendola costretta a districarsi in un groviglio di rami.

Non ti lascio da solo con lui.

Eragon le fu grato per la protezione. Il figlio di Morzan! Mentre correvano, disse: «La tua storia è difficile da credere. Come faccio a sapere che non menti?»

«E perché dovrei mentire?»

«Potresti...»

Murtagh lo interruppe. «Non posso provarti niente, per ora. Dovrai restare nel dubbio finché non arriveremo dai Varden. Loro mi riconosceranno subito.»

«Devo sapere» insistette Eragon. «Sei forse un servo dell’Impero?»

«No. Se lo fossi, che cosa ci guadagnerei a viaggiare con te? Se avessi voluto catturarti o ucciderti, ti avrei lasciato in prigione.» Murtagh inciampò sopra un tronco caduto.