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«Forse stai guidando gli Urgali dai Varden.»

«È possibile» disse Murtagh. «ma allora perché resto con te? Ora so dove si nascondono i Varden. Che ragione avrei di consegnarmi a loro? Se volessi attaccarli, tornerei indietro e mi unirei agli Urgali.»

«Forse sei un sicario» tentò Eragon in tono indifferente.

«Forse. Non puoi saperlo, giusto?»

Saphira.

La coda della dragonessa sibilò sulla sua testa. Se avesse voluto ucciderti, avrebbe potuto farlo molto tempo fa.

Un ramo graffiò la nuca di Eragon, tracciando un solco sanguinante. Il ruggito della cascata era sempre più vicino. Voglio che tu non perda d’occhio Murtagh quando arriviamo dai Varden.

Potrebbe fare qualche idiozia, e non voglio che lo uccidano per errore.

Farò del mio meglio, disse lei, facendosi largo a spallate fra due alberi e strappando via brani di corteccia. Il corno suonò ancora. Eragon si gettò un’occhiata alle spalle, certo di vedere gli Urgali sbucare dalle tenebre. La cascata tuonava incessante davanti a loro, soffocando ogni altro suono della notte.

La foresta terminò, e Murtagh fece fermare i cavalli. Si trovavano su una spiaggia di ghiaia a sinistra della foce dello Zannadorso. Il profondo Lago Kóstha-mérna riempiva la valle, sbarrando loro il cammino. L’acqua scintillava di miriadi di stelle. Le pareti della montagna riducevano il passaggio intorno al Kóstha-mérna a una sottile fascia di terra su entrambi i lati del lago, ciascuna non più larga di qualche passo. All’estremità più lontana del lago, un’ampia cortina d’acqua scrosciante si tuffava da una nera rupe in ribollenti globi di spuma.

«Andiamo verso la cascata?» chiese Murtagh, scuro in. volto.

«Sì.» Eragon assunse la guida del gruppo e aprì la strada lungo la riva sinistra del lago. La ghiaia sotto i loro piedi era umida e viscida. Non c’era quasi spazio per Saphira tra la parete scoscesa e il lago; doveva camminare con una zampa nell’acqua.

Erano a metà strada verso la cascata, quando Murtagh gridò: «Gli Urgali!»

Eragon si volse e scivolò sui ciottoli. Sulla riva del Kóstha-mérna, dove erano passati solo qualche minuto prima, enormi sagome affioravano dalla foresta. Gli Urgali si ammassarono sulla riva del lago. Uno di loro fece un cenno verso Saphira; parole gutturali giunsero da sopra l’acqua. Subito l’orda si divise e cominciò ad avanzare su entrambe le sponde del lago, lasciando Eragon e Murtagh senza via d’uscita. Le rive strette costringevano i grossi Kull a marciare in fila indiana.

«Corri!» urlò Murtagh, sguainando la spada e schiaffeggiando i fianchi dei cavalli. Saphira spiccò il volo senza preavviso e puntò verso gli Urgali.

«No!» gridò Eragon, e poi, con la mente: Torna indietro, ma la dragonessa continuò, sorda ai suoi richiami. Con uno sforzo doloroso, Eragon distolse lo sguardo da Saphira e continuò a correre, sfilando Zar’roc dal fodero.

Saphira si gettò in picchiata sugli Urgali, ruggendo con ferocia. I mostri cercarono di disperdersi, ma erano intrappolati contro il fianco della montagna. La dragonessa afferrò un Kull fra gli artigli e sollevò la creatura urlante, sbranandola con le zanne poderose. Un momento dopo, il corpo ridotto al silenzio precipitò nel lago, mutilato di una gamba e un braccio.

I Kull proseguivano intorno al Kóstha-mérna, ostinati. Con il fumo che le usciva dalle narici, Saphira si tuffò di nuovo su di loro, zigzagando e ondeggiando per evitare nugoli di frecce nere scoccate contro di lei. Molte le sfiorarono i fianchi squamosi, senza lasciare che qualche graffio insignificante, ma la dragonessa ruggì quando alcune le trafissero le ali.

Le braccia di Eragon ebbero uno spasmo di solidarietà, e dovette trattenersi dal correre in aiuto della dragonessa. La paura gli invase le vene quando vide la fila di Urgali avvicinarsi. Cercò di correre più in fretta, ma i suoi muscoli erano troppo stanchi, le rocce troppo scivolose.

Poi, con un tonfo sonoro, Saphira s’immerse nel Kóstha-mérna, lasciando solo una serie di onde concentriche a incresparne la superficie. Gli Urgali guardarono nervosi l’acqua scura che lambiva loro i piedi. Uno grugnì qualcosa di indecifrabile e puntò la lancia verso il lago.

L’acqua esplose quando la testa di Saphira emerse dagli abissi. Le sue fauci si richiusero sulla lancia, spezzandola come un fuscello mentre la strappava dalle mani del Kull con un violento strattone. Prima che potesse ghermire l’Urgali, i suoi compagni le scagliarono addosso le lance e la colpirono sul muso, Saphira arretrò, sibilando furiosamente, e frustò l’acqua con la coda. Il Kull in testa alla fila cercò di passare, armato della lancia tesa contro la dragonessa, ma fu costretto a fermarsi quando lei fece schioccare i denti a un soffio dalle sue gambe. Tutta la fila di Urgali si fermò mentre lei li teneva a bada. Nel frattempo quelli sull’altra sponda del lago continuavano a correre verso la cascata.

Questi li ho intrappolati, disse Saphira a Eragon, ma fate in fretta... non posso trattenerli all’infinito. Gli arcieri sulla riva stavano già mirando contro di lei. Eragon si concentrò per correre più forte, ma lo stivale scivolò su una pietra e lui cadde in avanti. Murtagh lo afferrò all’ultimo istante per gli avambracci e continuarono a correre insieme, gridando per incitare i cavalli. Erano quasi alla cascata. Il fragore era assordante, come quello di una valanga. Una bianca parete d’acqua si riversava dalla rupe, precipitando con furia sulle rocce di sotto, dove sollevava una nube di goccioline polverizzate che si posarono sui loro volti accaldati. A quattro iarde dalla cortina spumeggiante, la spiaggia si allargava, dando loro un certo spazio di manovra.

Saphira ruggì quando la lancia di un Urgali le lacerò un fianco, e si ritrasse sott’acqua. A quel punto i Kull ripresero a correre come ossessi. Ancora poche centinaia di piedi e li avrebbero raggiunti.

«Che cosa facciamo?» chiese Murtagh con freddezza.

«Non lo so. Lasciami pensare!» esclamò Eragon, cercando le istruzioni finali fra i ricordi di Arya. Scrutò il terreno finché non trovò una pietra grande quanto una mela, l’afferrò e la battè sulla rupe vicino alla cascata, gridando: «Ai varden abr du Shur’tugals gata vanta!»

Non accadde nulla.

Provò di nuovo, gridando più forte, ma riuscì soltanto a farsi male alla mano. Si voltò disperato verso Murtagh. «Siamo in trappo...» Le sue parole furono interrotte dalla comparsa improvvisa di Saphira, che affiorò dal lago e li inondò di acqua gelata. Atterrò sulla spiaggia e si accovacciò, pronta alla battaglia.

I cavalli indietreggiarono terrorizzati, cercando di fuggire. Eragon li raggiunse con la mente per calmarli. Dietro di te! gridò Saphira. Eragon si volse e vide il primo Urgali che correva verso di lui, lancia in resta. Da vicino, il Kull era alto quanto un piccolo gigante, con braccia e gambe grossi come tronchi.

Murtagh ritrasse il braccio e scagliò la spada con incredibile prontezza. La lunga lama fece un giro completo su sè stessa e colpì di punta il Kull in pieno petto. L’enorme Urgali crollò in terra con un gorgoglio strozzato. Prima che un altro Kull potesse attaccare, Murtagh scattò verso il cadavere ed estrasse la spada.

Eragon alzò la mano, col palmo rivolto in avanti, e gridò: «Jierda theirra kalfis!» Lungo la riva risuonarono schiocchi agghiaccianti. Una ventina di Urgali caddero nel Kóstha-mérna urlando e tenendosi le gambe, da cui spuntavano frammenti d’osso. Senza rompere il passo, il resto degli Urgali marciò sui compagni caduti. Eragon lottò contro la stanchezza, appoggiandosi a Saphira per avere un sostegno.

Una raffica di frecce, impossibile da vedere al buio li sfiorò per andare a schiantarsi contro la roccia. Eragon e Murtagh si abbassarono, coprendosi la testa. Con un piccolo ringhio, Saphira fece un balzo in avanti per proteggere loro e i cavalli con i suoi fianchi corazzati. Un coro di schiocchi metallici annunciò che la seconda raffica di frecce era rimbalzata sulle sue squame.