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Alla fine girò su se stesso, scrutando e ascoltando. Niente. Tutto ciò che riusciva a vedere erano ombre e neve. Tutto quello che sentiva erano gocciolìi e un leggero whoosh poco distante come se una manciata di neve fosse caduta da un ramo. Non sapeva cosa fare.

Così rimase dove si trovava.

Verso le sei del mattino si sentiva uno schifo. In confronto, tutte le sbornie che aveva preso non erano neanche lontanamente paragonabili a questa. Un bernoccolo sulla tempia destra — presumibilmente un risultato della seconda caduta — aggiungeva un senso di vertigini. Alcune parti del suo corpo producevano dolori lancinanti ogniqualvolta Tom si spostava con tutto il peso del suo corpo: le costole del fianco destro gli facevano un male terribile, sia che si muovesse oppure no. Il freddo elevava il tutto all’ennesima potenza. Si rese conto di non aver mai sentito realmente freddo prima di allora e che avrebbe preferito che le cose rimanessero così. A un certo punto della notte era arrivato in uno stato tale che si sentiva come se ogni centimetro del suo corpo fosse coperto di insetti, e aveva passato la gran parte delle rimanenti ore a muoversi, spostandosi silenziosamente e in un modo che sperava il più invisibile possibile. Mosse le dita dei piedi, o almeno ci provò. Il risultato era sempre più difficile da valutare. Tenne le mani infilate sotto le ascelle, muovendole occasionalmente per poi distribuire il calore sul viso e sulle orecchie. Sonnecchiò in alcioni momenti, ma mai a lungo. Era in uno stato di panico doloroso troppo acuto per rendersi conto che a un certo momento aveva smesso di cercare di uccidersi.

Aveva anche la nausea, con conati di vomito, e lo assalivano brandelli di memoria sul fatto che i suicidi falliti con i farmaci ti sputtanavano qualche parte vitale del corpo. Era il fegato? I reni? Non riusciva a ricordare. In entrambi i casi non sembrava una bella faccenda. Fin dai primi attimi della sua veglia aveva cercato di capire la ragione per cui era ancora vivo, e la trovò appiccicata al suo cappotto: una sostanza ghiacciata con depositi solidi a forma di pillole. Doveva aver vomitato nel sonno perché alla resa dei conti si era ubriacato troppo. Il suo corpo aveva rigettato parte di ciò che lo stava affliggendo, e un sacco di pillole erano risalite prima che fossero riuscite a fare effetto. La posizione eretta aveva impedito che Tom soffocasse in quel processo. Forse la nausea aveva impedito ai medicinali di avere abbastanza tempo per procurargli dei danni. Forse.

Mentre l’aria intorno a lui sembrava diventare gradualmente più profonda, per permettere che le ombre colorate ritrovassero il loro spazio nella monotona piattezza della notte, Tom cominciò a poco a poco ad accettare il fatto che sarebbe vissuto un altro giorno. Dopo, non sapeva cosa sarebbe accaduto. Era impaurito, incazzato con se stesso, con la vita, e più di tutto era monumentalmente incazzato con quel vecchio idiota che aveva incontrato da Henry’s. Se tu volessi impaurire delle persone, sicuramente menzioneresti gli orsi, no? Qual è quello schifoso allarmista che non menzionerebbe gli orsi? Le foreste impenetrabili sono una cosa, ma le stesse foreste con in più enormi carnivori famosi per la loro intrattabilità sono tutta un’altra storia. È un dovere che si ha nei confronti dei propri ascoltatori, specialmente dei suicidi, di citare quei cazzo di orsi.

Mentre si allontanava barcollando dall’albero, Tom si rese conto di una cosa, e cioè che l’idea di tornare indietro e prendere a sberle il vegliardo era la prima che lo eccitasse da lungo tempo.

La neve non era spessa, ma fu semplice ritornare sui suoi passi e scendere lungo la collina. Arrivato in fondo, si trovò alle prese con un groviglio di cespugli ghiacciati. Si girò facendo attenzione a non sollecitare la caviglia gonfia e guardò in alto in direzione del pendio. Si ricordava vagamente di aver svoltato a destra per salire, quindi ora doveva andare a sinistra. Questo lo avrebbe portato in mezzo alla zona più fitta di sottobosco. No, grazie. Fece invece una deviazione aggirando il terreno rialzato, camminando sulle rocce e arrampicandosi con passo incerto su piccoli tronchi, fino a che non ritrovò la direzione giusta.

Non aveva la più pallida idea di quanto lontano si fosse spinto. Nella fredda e splendida luce del «Giorno Perfetto per Morire +1», non era nemmeno sicuro della ragione che lo spingeva a tornare indietro. Camminare scaldava di più rispetto allo stare fermi, e se doveva camminare, era più rassicurante avere una direzione: ma stavolta una vera, non il posto oscuro e vago verso cui si era diretto il giorno precedente. Quel posto era ancora li da qualche parte e probabilmente dentro il suo zaino c’era rimasto abbastanza per potervi ritornare facilmente. Non era più sicuro dei propri sentimenti a questo proposito, ma non v’era dubbio che doveva ritrovare lo zaino.

Camminò per una ventina di minuti. Il freddo aiutò a fondere la miriade di dolori in un’unica sofferenza gigantesca, un disagio umanoide che si trascinava in mezzo agli alberi. Parte del tempo la passò a mormorare a se stesso quanto facesse freddo, il che era perfettamente inutile ma stranamente confortante. Si fermò spesso, girando la testa nella speranza di riconoscere qualcosa e per rassicurarsi che nell’ambiente circostante non vi fosse traccia di orsi. Era quasi giunto sul punto di rinunciare quando sentì qualcosa che somigliava al rumore dello scorrere dell’acqua.

Abbandonò allora il sentiero meno faticoso e si gettò nel sottobosco, con molta cautela. Se fosse caduto di nuovo non avrebbe più camminato da nessuna parte.

Dall’altra parte dei cespugli c’era una zona più aperta e poi una gola. Lui sperava che fosse quella gola, anche se non somigliava affatto a come se la ricordava. Certo, c’era stato quando era completamente buio e non aveva avuto il tempo di osservare l’aspetto del posto prima di trovarsi sul fondo. A ogni buon conto, le occhiate che aveva potuto dare alla luce della torcia gliel’avevano mostrata piuttosto ampia, comunque, e profonda all’incirca quattro metri e mezzo nel punto dove era caduto. Quella che si trovava di fronte a lui poteva essere solo tre metri e mezzo in larghezza, ma era in compenso molto più profonda. Le pareti erano estremamente ripide, decisamente troppo scoscese e rocciose perché lui prendesse in considerazione di discenderle.

Doveva aver oltrepassato la sua posizione della notte prima.

Guardò a destra, nella direzione in cui doveva andare. Alberi e cespugli dall’aspetto arcigno crescevano proprio sul fianco dello strapiombo. Poteva fare ritorno, ma la strada da fare era molto lunga. Il lato sinistro appariva più sgombro, ma era nella direzione sbagliata ed era ripido.

Cristo, pensò stancamente. Si sentiva lo stomaco pieno di lame di rasoio e la testa come una valanga di vetro. Aveva davvero bisogno dello zaino? Forse era stato l’odore dell’alcool ad attirare l’orso. Forse l’animale era ancora là, in attesa, e ubriaco. Tom rimase in piedi indeciso sul da farsi.

Devi recuperare lo zaino, pensò. Che altro puoi fare?

Avanzò faticosamente lungo il ciglio della gola. Questa cominciava a restringersi, ma non abbastanza per rendere concreta la possibilità di saltare. Vent’anni prima forse avrebbe provato a saltare tre metri. Ora no, non lo avrebbe fatto — specialmente se entrambi i bordi erano fangosi e costellati di rocce, la rincorsa troppo breve e la sua caviglia era andata. Finì per trovarsi davanti a un filare di alberi che dovette aggirare da sinistra per un po’ prima di poter tornare a rasentare la gola.

Si fermò. C’era un albero disteso sul vuoto. Era ricaduto lì dall’altra parte e il caso aveva voluto che ci fosse abbastanza tronco su ambedue i lati del vuoto che attraversava.

Tom si avvicinò zoppicando; il tronco era decisamente largo, con un diametro di circa un metro, e il legno sembrava in buono stato. Tom diede uno strattone indagatore a uno dei rami, che rimbalzò rapidamente indietro, segno che l’albero non era caduto da molto. Quindi c’era la possibilità che non fosse ancora marcio. Partiva dal punto dove lui si trovava e arrivava al punto dove avrebbe voluto essere. C’erano da percorrere tre metri o poco più anziché diverse centinaia.