Avanti e indietro lungo la diga: guardare a destra, guardare a sinistra. Controllare l’oceano. Riattivare, ogni due ore, i circuiti di risonanza. Riferire ogni tre ore al Centro. Controllare il centro visite.
Neve. Vento. Pioggia. Caldo. Sole. Pizzicore di salso nelle narici.
Creste bianche sulla superficie del mare. Esseri enormi annidati negli abissi.
A dire il vero, Micah-IV, dentro di sé, desiderava che succedesse qualcosa.
Che un mostro tentasse di scalare il muro. Che una turista venisse colta dalle doglie, mentre era in cima alla diga. Che uno dei blocchi di pietra andasse in briciole. Insomma, che capitasse qualcosa di nuovo, qualcosa d’insolito, qualcosa per cui la zona KF-6 meritasse di avere un posto nella storia della diga.
Ormai, tra un anno, avrebbe dovuto essere risintonizzato, ed era per questo motivo che provava un desiderio così intenso di novità.
Micah-IV si voltò a guardare i mostri che diguazzavano nell’acqua sperando che si decidessero ad attaccare. Ma quelli non ci pensavano nemmeno. Sarebbe stato un tentativo inutile, e le creature dell’oceano lo sapevano perfettamente. La muraglia era impenetrabile. Il tempo in cui i predoni del mare divoravano centinaia di essere umani era finito per sempre.
Per un caso strano, dunque, quando si verificò il primo incidente imprevisto della carriera di guardiano di Micah-IV, lui non riuscì a impedire la tragedia.
Micah-IV, quel giorno, era arrivato quasi in fondo al suo settore, quando un lieve sibilo lo avvertì che al centro visite, che si trovava all’estremità opposta, erano arrivati dei turisti. Micah-IV decise di completare il giro: i turisti, intanto, avrebbero atteso il suo ritorno al centro visite, dove le porte di cristallo si aprivano solo a un comando del guardiano in servizio. Al momento stabilito, Micah-IV avrebbe aperto il centro per accompagnare gli esseri umani a visitare la diga.
Micah-IV arrivò al limite della sua Zona e informò il Centro che tutto era in ordine. Poi fece dietro-front e si diresse a nord, procedendo col solito passo cadenzato.
Ma quando si trovò a cinquecento metri dal centro visite, si accorse che la porta di cristallo stava aprendosi.
Ne uscì un uomo: era un personaggio pieno di maestà e dignità, che indossava una tunica grigia e un copricapo blu scuro. Mentre Micah-IV, sbalordito, lo fissava, l’altro si avvicinò al parapetto e cominciò a scalarlo.
«Alt!» gridò Micah-IV.
Non riusciva a capire come mai la porta del centro si fosse aperta da sola. Non gli andava l’idea che un uomo, sfuggendo ai controlli, fosse arrivato in cima alla diga. E non capiva assolutamente perché quell’individuo si arrischiasse a superare la ringhiera di protezione.
Allora si mise a correre, con la sua incredibile velocità.
Ma era troppo tardi.
Quando Micah-IV si trovava a un centinaio di metri, l’uomo arrivò in cima alla muraglia. Si fermò un attimo, prese lo slancio e si lanciò nel vuoto.
«No!» gridò Micah-IV. «Non si può! È proibito!»
Era un suicidio, e cioè una autodistruzione voluta. Il sintetico, sconvolto, si lanciò di corsa verso la barriera e vide l’uomo azionare l’antigravità e scivolare senza scosse fino in fondo alla muraglia. Ma perché l’aveva fatto? Se davvero voleva uccidersi, perché aveva azionato l’antigravità?
«Tornate indietro!» gridava Micah-IV, e intanto si preparava a salire sul muro per aiutare l’uomo a tornare a riva.
L’uomo stava superando la serie di massi sparsi lungo la riva, e ora, dopo essersi aperto la strada tra i viluppi di alghe, s’era buttato tra le onde e, a faccia in giù, si allontanava a larghe bracciate da terra. Micah-IV non tentò di seguirlo. Sarebbe stato annientato anche lui e il sacrificio non sarebbe servito a niente.
Micah-IV, incredulo e sbalordito, osservò l’uomo che nuotava veloce tra le onde. La barriera elettrificata non l’aveva fermato, perché la massa di un corpo umano era troppo piccola per provocare una scarica. Neppure la fascia avvelenata costituiva una minaccia per l’organismo umano. Ora aveva superato la zona del veleno e si trovava nel mare aperto, privo di ogni protezione.
Un luccichio di scaglie, il lampo di una dentatura aguzza, un guizzo in superficie.
E tutto fu finito.
Tremante, madido di sudore, Micah-IV si allontanò dalla muraglia. Al centro visite c’erano altri turisti, che aspettavano presso la porta aperta.
«Chi era quell’uomo?» chiese Micah-IV. «Come ha fatto a aprire la porta? Perché si è ucciso?»
Nessuno rispose. Tutti parevano stranamente indifferenti. Alcuni pregarono Micah-IV di accompagnarli nel giro della diga. Irritato, Micah-IV rispose che per quel giorno le visite erano sospese, e ordinò al gruppo di lasciare il centro visite.
Finalmente anche per lui c’era stata la grande novità. Micah-IV, però, trovò l’incidente meno piacevole di come se l’era immaginato.
Fece il suo regolare rapporto alle autorità e poco dopo nella sua zona si diedero convegno una quantità di personaggi ufficiali, ai quali Micah-IV, infaticabile, ripeteva il suo racconto. I tecnici esaminarono la porta del centro visite, scoprendo che era stata aperta nel solito modo, e cioè mediante un serie di segnali fatti col pollice. Era evidente che il suicida sapeva molte cose.
Micah-IV fu ammonito, perché non era riuscito a impedire il suicidio dell’uomo. Ogni protesta da parte sua fu inutile, e invano continuò a ripetere che non ne poteva niente. La colpa, bisognava pure darla a qualcuno, e chi poteva essere il responsabile, se non il guardiano della diga? Gli uomini non potevano salire da soli, senza sorveglianza, sulla diga. Micah-IV, dunque, s’era reso colpevole di negligenza.
Ripensandoci, Micah-IV si convinse sempre di più della propria innocenza. Non poteva trovarsi, contemporaneamente, in tutti i punti della Zona. Non poteva, in un attimo, superare di corsa un migliaio di metri. Se un essere umano deciso a autoeliminarsi era riuscito, per vie illecite, a scoprire il segnale cifrato che comandava l’apertura della porta ed era salito sulla diga mentre l’addetto si trovava altrove, come avrebbe potuto quest’ultimo impedire il suicidio?
Il rimprovero, però, non ebbe conseguenze tangibili per Micah-IV: non poteva influire sulla posizione, sullo stipendio, e neppure sulla pensione, perché Micah-IV non possedeva niente del genere. Non era un impiegato, in effetti, era piuttosto una parte dell’attrezzatura. L’ammonizione però intaccò il prestigio di cui Micah-IV godeva tra i suoi pari grado. La notizia di quanto gli era accaduto s’era sparsa, e tutti i guardiani ormai erano al corrente che Micah-IV aveva avuto un’ammonizione. I colleghi gli rinfacciarono, davanti a tutti i compagni di baracca, di avere lasciato che un uomo si suicidasse.
Per più di un mese, Micah-IV visse con quella macchia.
Fu un grande sollievo per lui quando sulla diga si verificò un secondo suicidio.
Il suicidio avvenne, in pratica, nelle stesse circostanze del primo. Una giovane donna era penetrata nella zona DV-7 mentre il sorvegliante si trovava all’estremità opposta. Si era lasciata scivolare, con l’antigravità, fino ai piedi del muro e s’era buttata tra le onde, dirigendosi a nuoto verso i mostri in attesa.
Nuove misure di sicurezza furono stabilite per i gruppi di visitatori. Micah-IV era tutto eccitato, ora che sapeva che ogni giorno poteva trovarsi di fronte all’imprevisto.
Il terzo suicida, in FC-10, non fece ricorso all’antigravità, come era avvenuto per gli altri. La vittima — un ragazzo — precipitò per tutti i sessanta metri di altezza sfracellandosi sulle rocce. I mostri stavolta rimasero a bocca asciutta e ci guadagnarono gli avvoltoi.
Seguì una quarta morte.
Una quinta.
Una sesta e una settima.
I guardiani dei settori, inquieti, affrettarono il passo, percorrendo su e giù le zone a loro affidate in due terzi del tempo che impiegavano prima. Si parlò anche di chiudere i centri visite, ma poi non se ne fece nulla: era assurdo togliere a milioni di essere umani la possibilità di vedere il mare, solo perché tra loro si annidava un gruppetto di pazzi.