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— Abbiamo trovato, allegata a ciascun certificato medico — rispose la più anziana — la dichiarazione del centro psichiatrico, comprovante che le due persone qui presenti sono mentalmente sane, in grado di pronunciare il giuramento. Nessuna delle due si trova sotto l’effetto dell’alcol, di narcotici, di altre droghe debilitanti o in stato d’ipnosi.

— Benissimo. — Il sergente si rivolse a noi: — Ripetete con me. Io, avendo raggiunto l’età legale, di mia spontanea volontà…

Ripetemmo in coro: — Io, avendo raggiunto l’età legale, di mia spontanea volontà…

“…e senza coercizione, promessa o allettamento di sorta, ed essendo stato doverosamente edotto e avvertito sul significato e sulle conseguenze di questo giuramento…

“…mi arruolo nel Servizio federale della Federazione terrestre, per un periodo non inferiore a due anni e della durata massima quale può essere richiesta dalle necessità del servizio…”

A quel punto trasalii lievemente. Avevo sempre considerato la ferma come un periodo di due anni, sebbene in realtà sapessi che erano di più, perché l’avevo sentito dire da tanti. Ma noi, praticamente, ci stavamo arruolando per tutta la vita!

— … giuro di difendere e sostenere la Costituzione della Federazione contro tutti i nemici interni o esterni, di proteggere e difendere le libertà costituzionali e i privilegi di tutti i cittadini e dei legali residenti della Federazione, degli stati e territori a essa associati, di ottemperare a qualsiasi dovere di natura legale, sulla Terra e fuori di essa, che possa venirmi assegnato da autorità legali, dirette o delegate…

“…e di obbedire a tutti gli ordini legali del comandante in capo del Servizio terrestre e di tutti gli ufficiali e le persone delegate poste sopra di me…

“…e di richiedere la stessa obbedienza da tutti i membri del Servizio e da qualsiasi altra persona o essere non umano posti legalmente ai miei ordini…

“…e inoltre, dopo essere stato onorevolmente esonerato al termine del mio servizio attivo o collocato in congedo inattivo dopo avere raggiunto detto termine, giuro di espletare tutti i doveri e gli obblighi, consapevole di godere di tutti i diritti e i privilegi della cittadinanza federale, tra cui il dovere, l’obbligo e il privilegio di esercitare il diritto sovrano di voto per il resto della mia vita, a meno di non venire giudicato indegno dell’onore dal verdetto finale emesso da una corte di miei pari.”

Uffa! Il signor Dubois al corso di storia e filosofia morale aveva analizzato il giuramento frase per frase e ce l’aveva fatto studiare, ma uno si rende conto di quanto è lungo solo quando se lo sente piovere addosso tutto d’un fiato, pesante e inarrestabile come il rimorchio di un autotreno.

Dopo avere pronunciato il giuramento, mi resi conto di non essere più un civile, con la camicia su misura e la testa libera. Non sapevo ancora bene che cosa fossi, ma almeno sapevo che cosa non ero.

— E che il cielo ci assista! — terminammo insieme. Carl si fece il segno della croce e la testimone carina lo imitò.

Dopodiché tutti e cinque mettemmo altre firme e impronte digitali, poi a Carl e a me vennero scattate sul posto inespressive fotografie a colori che furono stampate a rilievo sui nostri documenti. Alla fine il sergente rialzò la testa dalle carte. — Ehi, è quasi terminato l’intervallo per la colazione. È tempo di mettere qualcosa sotto i denti, ragazzi.

Deglutii a fatica. — Ehm… sergente…

— Che cosa c’è? Sputa.

— Posso mandare un messaggio ai miei genitori da qui? Per dire loro come… per dire loro come è andata?

— Puoi fare di meglio.

— Cioè?

— Puoi andartene a casa con quarantott’ore di permesso. — Sorrise, gelido. — Lo sai che cosa succede se non torni?

— La corte marziale?

— Nemmeno per sogno. Non succede niente. Salvo che sui tuoi documenti viene apposto il timbro SERVIZIO COMPLETATO IN MODO INSODDISFACENTE e non ti sarà offerta la possibilità di rientrare mai più. Mai più, capito? Durante queste quarantott’ore ci leviamo di dosso gli eterni bambocci che non conoscono il valore di una decisione formale e non avrebbero mai dovuto prestare giuramento. Serve a far risparmiare soldi al governo e un sacco di dispiaceri a quei ragazzi e ai loro genitori… i vicini non c’è bisogno che ne siano informati. Del resto, non avresti bisogno di dirlo nemmeno ai tuoi. — Scostò la sedia dalla scrivania. — Perciò, ci vediamo a mezzogiorno di dopodomani. Se ci vediamo. Ritirate pure i vostri effetti personali.

Furono quarantott’ore d’inferno. Papà mi fece una scenata, dopodiché non mi rivolse più la parola. Mamma si mise a letto con l’emicrania. Quando finalmente me ne andai, un’ora prima del necessario, nessuno mi salutò, tranne la cuoca e i ragazzi delle pulizie.

Mi fermai davanti al tavolo del sergente addetto al reclutamento, mi chiesi come dovevo salutare e mi accorsi di non saperlo. Lui mi vide. — Ehilà! Ecco le tue carte. Portale alla stanza duecentouno, penseranno loro a dirti che cosa devi fare. Bussa ed entra.

Due giorni dopo sapevo che non avrei fatto il pilota. Alcune note che gli esaminatori scrissero sul mio conto erano:

INTUIZIONE DELLE RELAZIONI SPAZIALI: insufficiente

DISPOSIZIONE PER LA MATEMATÌCA: insufficiente

PREPARAZIONE MATEMATICA: insufficiente

TEMPO DI REAZIONE: buono

VISTA: ottima

Per fortuna c’erano le ultime due note! Cominciavo a pensare che la mia unica specialità fosse quella di contare sulle dita.

L’ufficiale addetto allo smistamento mi fece elencare le altre mie preferenze in ordine decrescente, e mi trovai impelagato per altri quattro giorni nei più bizzarri test attitudinali che si possano immaginare. Mi chiedo, per esempio, che cosa si possa scoprire grazie a una stenografa che salta in piedi sulla sedia strillando: “Un serpente!” Non c’era nessun serpente, ma solo un innocente tubo di plastica.

Scritti o orali, quegli esami erano tutti più o meno stupidi, ma loro sembravano assegnare a essi una grande importanza, così li feci. Il compito che svolsi con più attenzione fu elencare le mie preferenze. Naturalmente cominciai con tutte le attività che riguardavano la Marina spaziale (diverse dal pilota). Mi avessero fatto fare il cuoco o il tecnico elettronico, poco importava, purché si fosse trattato della Marina e non dell’Esercito. Quello che mi interessava più di ogni altra cosa era viaggiare.

Dopo la Marina, nell’elenco indicai lo spionaggio: una spia deve spostarsi di continuo, e quindi doveva trattarsi di un’attività non troppo monotona. Mi sbagliavo, ma non importa. La lista era ancora lunga: psicologia bellica, biologia bellica, ecologia del combattimento (ignoravo che cosa fosse, ma suonava bene), corpi logistici (un errore da parte mia: avevo studiato logica con il gruppo di discussione, e credevo che la logistica fosse qualcosa di analogo, invece aveva un significato completamente diverso) e tante altre specializzazioni. Proprio in fondo, dopo qualche esitazione, aggiunsi anche i corpi K9 e la Fanteria spaziale mobile.

Non mi diedi nemmeno la pena di elencare i vari corpi ausiliari non combattenti. Se come combattente venivo respinto, non m’importava affatto che mi usassero come cavia umana o mi assegnassero ai lavori per rendere abitabile Venere, qualunque cosa sarebbe stata come un premio di consolazione per essermi classificato ultimo.

Il signor Weiss, l’ufficiale di smistamento, mi mandò a chiamare una settimana dopo che avevo prestato giuramento. Weiss era un maggiore in congedo, specialista di psicologia bellica. Aveva fatto domanda per restare in servizio effettivo, ma vestiva abiti civili e voleva essere chiamato solo “signore”. Con lui si poteva chiacchierare tranquillamente, senza imbarazzo.

Aveva davanti la lista delle mie preferenze e i rapporti di tutti gli esami, e vidi che tra l’altro disponeva anche del mio diploma di maturità, cosa che mi fece piacere, perché a scuola ero sempre stato bravo; avevo studiato quanto bastava per fare bella figura senza passare per un secchione, non ero mai stato bocciato in nessuna materia e mi ero ritirato solo da un corso, inoltre mi ero sempre distinto nelle attività collaterali: facevo parte della squadra di nuoto, del gruppo di discussione, della squadra di atletica, ero tesoriere di classe e presidente di un comitato studentesco, avevo vinto la medaglia d’argento al concorso annuale di prosa e altre cose del genere. Mica male, tutto sommato. E ciò figurava sul mio diploma.