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Gli istruttori che non prendevano parte al conflitto a fuoco, non stavano al riparo. Indossavano una camicia bianca e se ne andavano in giro con i loro stupidi bastoni di comando, in apparenza assolutamente certi che nessuna recluta avrebbe sparato intenzionalmente a un istruttore, il che, da parte di alcuni, era evidentemente un eccesso di presunzione. In realtà, le probabilità che un colpo sparato con propositi omicidi fosse mortale erano una su cinquecento, e il fattore sicurezza veniva aumentato dal fatto che difficilmente una recluta avrebbe centrato il bersaglio scelto. Un fucile non è un’arma facile da usare, visto che non si può orientare con precisione il proiettile verso il bersaglio sparando in fretta. Ho saputo che nei tempi in cui le guerre venivano combattute solo a colpi di fucile, la media dei morti era di uno su diverse migliaia di colpi sparati. Sembra impossibile, eppure la storia militare conferma che è vero: pare che la maggior parte delle fucilate venisse tirata a casaccio, tanto per costringere il nemico a tenere giù la testa e impedirgli di prendere la mira.

In ogni modo, nessuno dei nostri istruttori rimase ferito o ucciso, e nemmeno altri, tranne quell’unico fante, soffrirono danni per colpa dei fucili carichi. Le morti furono provocate da altre armi o cose, alcune delle quali potevano rivelarsi assai pericolose se non avevi fatto tutto secondo le regole. Un ragazzo riuscì, per esempio, a rompersi l’osso del collo mettendosi al riparo troppo precipitosamente quando gli spararono per la prima volta, ma nessun proiettile lo colpì.

Comunque, per una reazione a catena, questa storia dei fucili carichi contribuì a spezzare il mio morale. Il colpo più pesante lo ricevetti quando mi furono tolti i galloni di capopattuglia, non per colpa mia ma per qualcosa che la pattuglia aveva fatto mentre io non ero presente. Lo feci notare a Bronski che mi rispose imponendomi di tacere. Allora feci rapporto a Zim. Il sergente mi disse in tono gelido che ero responsabile di tutto quello che i miei uomini facevano, e mi rifilò sei ore di punizione per avergli parlato senza l’autorizzazione di Bronski. Poi ricevetti una lettera che mi lasciò sconvolto: mia madre si era finalmente decisa a scrivermi. Inoltre, mi slogai una spalla nel primo addestramento con la tuta potenziata (nelle divise da esercitazione erano stati inseriti meccanismi che permettevano all’istruttore di provocare incidenti a piacere, e attraverso un controllo radio mi fecero cadere causandomi un infortunio alla spalla). L’incidente mi fruttò un periodo di servizio ridotto, con troppo tempo per pensare ai casi miei, proprio in un momento in cui avevo le ragioni più valide, a mio parere, per autocommiserarmi.

A causa del servizio ridotto, un giorno venni destinato all’ufficio del comandante di battaglione. Dapprima mi mostrai zelante, perché volevo fare buona impressione, poi scoprii che il capitano Frankel non pretendeva un atteggiamento zelante: voleva soltanto che me ne stessi immobile, zitto, senza disturbarlo. Non osavo addormentarmi, e quindi ebbi modo di autocommiserarmi più che mai.

Poi, poco dopo colazione, mi sentivo ben sveglio: il sergente Zim era entrato nell’ufficio seguito da tre uomini. Zim era lindo e impeccabile come sempre, ma con un’espressione da chi gli è morto il gatto, e in più un’ammaccatura sopra l’occhio destro, che aveva tutta l’aria di volersi espandere in un bernoccolo, anche se una cosa del genere in lui sembrava impossibile. Degli altri tre, quello di mezzo era Ted Hendrick. Era tutto sporco… ma si sa, la compagnia era appena tornata da un’esercitazione sul campo. Non le puliscono, quelle praterie, e in più, durante l’esercitazione, non si fa altro che strisciare ventre a terra. Però Hendrick aveva anche un labbro spaccato, sangue sul mento e sulla camicia, in più aveva perso il berretto. E sembrava fuori di sé.

Gli uomini ai suoi fianchi erano due reclute. I due erano armati di fucile, Hendrick no. Uno dei due era della mia pattuglia, un certo Leivy. Aveva l’aria eccitata e soddisfatta, e mi guardò strizzando l’occhio appena fu certo che nessuno badava a lui.

Il capitano Frankel parve sorpreso. — Che cosa succede, sergente?

Zim si tenne sull’attenti e parlò come se recitasse una cantilena. — Signore, il comandante della compagnia H si mette a rapporto dal comandante di battaglione. Motivo disciplinare. Articolo nove uno zero sette. Mancata osservanza delle regole e degli ordini tattici, mentre la pattuglia si trovava in combattimento simulato. Articolo nove uno due zero. Disobbedienza agli ordini, in condizioni identiche.

Il capitano Frankel era perplesso. — Sottopone tutto questo a me, sergente? In via ufficiale?

Non so come possa un uomo apparire imbarazzato quanto lo sembrava Zim, e tuttavia conservare una maschera assolutamente inespressiva. — Sissignore. Con il permesso del mio capitano. L’uomo ha rifiutato la disciplina amministrativa. Ha insistito per parlare al comandante di battaglione.

— Capisco. Un leguleio da caserma, ma tecnicamente questo è un privilegio di ogni soldato. Quali sarebbero le regole e l’ordine tattico trascurati?

— Un congelamento, capitano. — Guardai Hendrick, e provai compassione per lui. Doveva aver passato i suoi guai. In un congelamento ci si butta a terra, portandosi in tutta fretta al riparo, e poi ci si congela, ovvero non ci si muove più e non si batte ciglio, finché non arriva il contrordine. Oppure il congelamento può avvenire quando si è già al riparo. Si raccontano aneddoti su soldati colpiti mentre erano in congelamento che morirono lentamente senza emettere un gemito o fare un gesto.

Frankel inarcò le sopracciglia. — Seconda mancanza?

— Stessa cosa, signore. Dopo avere interrotto il congelamento, ha rifiutato di riprenderlo nonostante l’ordine.

Il capitano Frankel si fece severissimo. — Nome?

Rispose Zim. — Hendrick, signore. Recluta soldato semplice sette nove sei zero nove due quattro.

— Benissimo. Hendrick, sarai privato di ogni privilegio per trenta giorni, e confinato nella tua tenda durante le ore di riposo. Farai tre ore di servizio extra tutti i giorni agli ordini del caporale di guardia, un’ora prima della ritirata, un’ora prima della sveglia, e la terza durante l’intervallo per il rancio di mezzogiorno. La sera starai a pane, quanto ne vorrai, e acqua. Ogni domenica farai dieci ore di servizio extra, distribuite in modo da permetterti di assistere alle funzioni religiose, se ci tieni.

“Incredibile” pensai. “Il capitano fa di testa sua, in barba al regolamento.”

— Hendrick — continuò il capitano Frankel — ascoltami bene. L’unica ragione per cui te la sei cavata così a buon mercato è che non mi è permesso infliggerti di più senza riunire la corte marziale, e non voglio guastare la scheda personale del tuo comandante di compagnia. Puoi andare. — Riabbassò lo sguardo sulle carte che aveva davanti a sé. Aveva già dimenticato l’incidente.

Hendrick urlò: — Non ha sentito la mia versione dei fatti!

Il capitano alzò la testa. — Oh, scusa tanto. Avresti un’opinione da esprimere?

— Certo che ce l’ho! Il sergente Zim mi ci ha tirato per i capelli. Non ha fatto che sbraitare e sbraitare contro di me dal momento che sono arrivato. Ha…

— È qui per questo — lo interruppe Frankel, gelido. — Puoi negare le accuse a tuo carico?

— No, ma… lui non vi ha detto che mi ero sdraiato su un formicaio!