Il corso di storia e filosofia morale funziona come una bomba a scoppio ritardato. Ti svegli nel cuore della notte e pensi: “Che cosa diavolo avrà voluto dire?” (l’insegnante, si capisce). La stessa cosa mi era capitata anche quando frequentavo il corso alle superiori e non avevo idea di che cosa stesse parlando il colonnello Dubois. Da ragazzo, ritenevo insensato che il corso afferisse al Dipartimento di scienza. Non aveva nulla a che fare con la fisica o la chimica. Perché non era finito insieme alle altre materie oscure e incerte? L’unica ragione per cui vi prestavo attenzione era che durante le sue ore si sviluppavano dibattiti veramente interessanti.
Avevo capito che il “signor” Dubois aveva cercato di insegnarmi perché combattere solo molto tempo dopo, quando avevo deciso di combattere.
Ma perché dovrei combattere? Non è forse assurdo esporre la mia pelle morbida alla violenza di stranieri ostili? Specialmente visto che la paga che si riceve, a qualsiasi livello, basta a malapena per le piccole spese, gli orari sono impossibili e le condizioni di lavoro ancora peggiori. In fondo, avrei potuto starmene a casa comodamente seduto mentre della faccenda si occupavano idioti che si divertivano con questi giochetti. E poi gli stranieri contro cui combattevamo personalmente non mi avevano fatto nulla di male, finché non avevamo gettato a mare il loro carico di tè. Che genere di follia era mai questa?
Combattere perché ero un fante spaziale mobile? Fratello, stai rispondendo come un cane di Pavlov. Falla finita e inizia a pensare con la tua testa.
Il maggiore Reid, il nostro istruttore, era un cieco che aveva la sconcertante abitudine di fissarti il volto e chiamarti per nome. Quel giorno, stavamo riesaminando i fatti accaduti dopo la guerra tra l’Alleanza russo-anglo-americana e l’Egemonia cinese, cioè dopo il 1987, quando ci arrivò la notizia della distruzione di San Francisco e della Valle di San Joaquin. Ero convinto che Reid avrebbe spostato il discorso sui tragici fatti appena avvenuti. In fin dei conti, ormai perfino i civili dovevano essersi convinti che si trattava di una lotta all’ultimo sangue tra i ragni e noi. Non restava che combattere o soccombere.
Il maggiore Reid, invece, non ne parlò affatto. Chiese a uno di noialtri scimmioni di riassumere il Trattato di Nuova Delhi portando la discussione sul fatto che quell’accordo ignorava la questione dei prigionieri di guerra e, implicitamente, aveva chiuso per sempre la pratica. L’armistizio, in proposito, conduceva a un punto morto: una delle due parti aveva trattenuto i prigionieri, l’altra li aveva liberati. Durante i Disordini, quelli che ci tenevano erano tornati a casa, gli altri si erano eclissati facendo perdere le loro tracce.
La vittima prescelta dal maggiore Reid parlò dei prigionieri non liberati: i sopravvissuti di due divisioni britanniche, più alcune migliaia di civili, catturati soprattutto in Giappone, nelle Filippine e in Russia, e condannati per crimini politici.
— Inoltre — continuò l’allievo — c’erano molti altri prigionieri militari, catturati prima e durante la guerra. Si diceva addirittura che alcuni fossero stati presi durante una guerra precedente e mai più liberati. Il totale dei prigionieri trattenuti non si conobbe mai con certezza. Le fonti migliori lo fanno ammontare a circa sessantacinquemila uomini.
— Perché “migliori”?
— Questa è la stima che riporta il nostro testo, signore.
— La prego di usare un linguaggio più preciso. Secondo lei, il numero esatto era superiore o inferiore ai centomila uomini?
— Ecco… non saprei, signore.
— E nessun altro lo sa. Era superiore al migliaio?
— Probabilmente sì, signore. Anzi, quasi certamente.
— Con assoluta certezza, perché quelli che riuscirono a scappare e a ritrovare la via di casa, furono molti di più, e di quelli conosciamo il numero esatto. Vedo che non ha studiato attentamente. Signor Rico!
Adesso la vittima ero io. — Sì, signore.
— Mille prigionieri non liberati sono un ragione sufficiente per iniziare o riprendere una guerra? Tenga presente che milioni di persone innocenti potrebbero morire, anzi morirebbero di sicuro, nel caso la guerra venisse dichiarata o ripresa.
Non esitai. — Certo, signore! Sono una ragione più che sufficiente.
— “Più che sufficiente.” Benissimo. E un solo prigioniero non liberato dal nemico, è una ragione sufficiente?
Esitai. Conoscevo la risposta della Fanteria spaziale mobile, ma non pensavo affatto che Reid volesse sentirsela ripetere. Mi esortò con voce tagliente: — Andiamo, andiamo, giovanotto! Abbiamo un limite massimo di mille, l’ho invitata a considerare il limite di uno. Ma non si può firmare una cambiale su cui è scritto “una cifra fra una e mille sterline”, e iniziare una guerra è un fatto molto più serio di una semplice questione di soldi. Non sarebbe un crimine mettere in pericolo un paese, anzi due, per salvare un solo uomo? Tanto più che costui potrebbe non meritare il sacrificio? O morire nel frattempo. Migliaia di persone muoiono tutti i giorni per incidenti vari, dunque, perché esitare a sacrificare un uomo? Risponda! Risponda sì, oppure no, sta facendo perdere tempo alla classe.
Mi innervosì. Gli diedi la risposta della Fanteria spaziale mobile — Sì, signore!
— Sì, che cosa?
— Non ha importanza che si tratti di mille persone o di una sola. Si combatte per liberarli.
— Ah! Il numero dei prigionieri dunque è irrilevante. Bene. Ora mi dimostri perché.
Questa non me l’aspettavo. Sapevo che la risposta era giusta, ma non sapevo perché. Lui mi incitava: — Coraggio, signor Rico. Questa è una scienza esatta. Lei ha fatto un’affermazione matematica, ora deve dimostrarla. Qualcuno potrebbe affermare, per analogia, che in base al suo discorso una patata vale lo stesso prezzo, né più, né meno, di un migliaio di patate. Non è così?
— No, signore!
— Perché no? Me lo dimostri.
— Gli uomini non sono patate.
— Molto bene, signor Rico! Credo che il suo cervello stanco sia già stato messo abbastanza a dura prova per oggi. Domani mi porti una prova scritta, in logica simbolica, della sua risposta alla mia domanda. Le suggerirò un piccolo appiglio. Consultate il paragrafo sette del capitolo di oggi. Signor Salomon! In che modo la presente organizzazione politica si evolse dopo i Disordini? E qual è la sua giustificazione morale di tale processo?
Sally se la cavò alla meglio per quanto riguardava la prima parte. Nessuno è in grado di descrivere esattamente come nacque la Federazione terrestre: nacque, ecco tutto. Dopo che tutti i governi erano caduti, alla fine del Ventesimo secolo, qualcosa doveva pur riempire quel vuoto, e in molti casi furono i veterani tornati dal fronte a provvedere. Avevano perso una guerra, molti di loro erano senza lavoro, quasi tutti manifestavano un mero sdegno per i termini del Trattato di Nuova Delhi, e poi sapevano imbracciare le armi. Ma non fu una rivoluzione vera e propria, bensì un processo analogo a quanto era capitato in Russia nel 1917: il vecchio sistema era crollato, qualcuno doveva intervenire.
Il primo caso di cui si aveva notizia, quello di Aberdeen, in Scozia, era emblematico. Alcuni veterani si erano riuniti per garantire la sicurezza e porre fine ai tumulti e ai saccheggi: avevano impiccato alcune persone (compresi due ex combattenti come loro) e costituito un comitato nel quale erano ammessi esclusivamente veterani. Dapprima la cosa era stata puramente arbitraria: quegli uomini si fidavano un po’ solo dei loro pari, e di nessun altro. Poi, nel giro di un paio di generazioni, quella che era nata come una misura di emergenza si era trasformata in pratica costituzionale.
Probabilmente quei veterani scozzesi, essendosi trovati nella necessità di impiccare altri ex combattenti, avevano deciso che non bisognava permettere a nessun profittatore, trafficante, sanguisuga, imboscato, sporco borghese di dire la sua. I civili dovevano limitarsi a fare quello che veniva loro ordinato, mi seguite? A sistemare le cose ci avremmo pensato noi scimmioni. Questa, almeno, è la mia ipotesi. Perché credo che l’avrei pensata allo stesso modo. Gli storici sono concordi nell’affermare che l’antagonismo tra civili e reduci era più intenso di quanto possiamo immaginare oggi.