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— Signorsì. Individuare il punto d’uscita. Tirarsi indietro ed evitare lo scontro. Osservare e fare rapporto.

— Oh! Allora coraggio e al lavoro!

Ritirai gli addetti all’ascolto nove e dieci dal tratto centrale del “viale dei ragni” e li spedii verso le coordinate Pasqua Nove da destra e da sinistra, con l’ordine di fermarsi ogni mezzo chilometro per captare eventuali rumori di lardo che frigge. Nello stesso tempo mi allontanai dalla postazione dodici e mi spostai verso il fondo dell’area, controllando in quali punti il rumore diminuiva.

Intanto il mio sergente stava raggruppando lo squadrone sul davanti dell’area, tra la collina dei ragni e il cratere, lasciando al loro posto solo i dodici uomini destinati all’ascolto del suolo. Dato che avevamo l’ordine di non attaccare, entrambi ci preoccupavamo di tenere il grosso dello squadrone riunito, in modo da poterci soccorrere a vicenda in caso di aggressione.

Formammo una linea compatta disseminata su un percorso di otto chilometri con la squadra di Brumby a sinistra, vicino all’agglomerato cittadino dei ragni. Gli uomini venivano così a trovarsi a meno di trecento metri l’uno dall’altro (praticamente spalla a spalla, trattandosi di fanti spaziali mobili), mentre quelli rimasti ai punti di ascolto restavano a breve distanza da un fianco o dall’altro dello schieramento principale. Solo i tre addetti all’ascolto che operavano con me rimanevano tagliati fuori da ogni possibilità di aiuto immediato.

Avvertii Bayonne dei lupi e Do Campo dei cacciatori che non ero più di pattuglia, spiegai loro il perché, poi comunicai il nuovo schieramento al capitano.

— Va bene — brontolò. — C’è qualche indizio circa il punto d’uscita dei ragni?

— Pare che il centro si trovi intorno a Pasqua Dieci, capitano, ma è difficile localizzarlo con esattezza. Il rumore è molto forte in un’area di circa cinque chilometri per lato, che tende a ingrandirsi. Sto cercando di delimitarla riferendomi ai punti in cui il rumore cala al livello minimo. — Poi aggiunsi: — È possibile che stiano tracciando solo una nuova galleria orizzontale sotto la superficie?

Il capitano parve sorpreso. — Sì, è possibile, ma speriamo di no. Vogliamo che salgano allo scoperto. Johnnie, continua a controllare e informami se la fonte del rumore si sposta.

— Signorsì. Capitano…

— Che cosa c’è?

— Ci ha detto di non attaccare quando usciranno. Se usciranno. Ma che cosa dobbiamo fare? Siamo qui per fare unicamente da spettatori?

Seguì una lunga pausa, di quindici o venti secondi: forse Blackie si consultava con le alte sfere. Alla fine disse: — Signor Rico, non si deve attaccare nella zona di Pasqua Dieci. Altrove l’ordine è di dare la caccia ai ragni.

— Signorsì — approvai allegramente. — La caccia ai ragni.

— Johnnie! — aggiunse lui severo. — Se pensi di andare a caccia di medaglie invece che di ragni, e vengo a saperlo, il tuo modulo 31 sarà un vero disastro!

— Capitano — dissi molto serio — non penso affatto a guadagnarmi una medaglia. L’ordine è di dare la caccia ai ragni e questo è il mio unico obiettivo.

— Bravo. E adesso piantala di farmi perdere tempo.

Chiamai il sergente, gli spiegai i nuovi ordini, gli dissi di passare parola agli altri e di assicurarsi che ogni uomo avesse ricaricato la tuta di aria ed energia.

— Abbiamo finito adesso, signor Rico. Proporrei di dare il cambio agli uomini che sono con lei. — E menzionò tre rimpiazzi.

Non aveva torto, dato che i miei addetti all’ascolto del suolo non avevano avuto il tempo di ricaricare le tute. Gli uomini che il sergente nominò erano tutti e tre esploratori.

In cuor mio mi diedi della bestia. Una tuta da esploratore è veloce quasi quanto una tuta da comando, e ha velocità doppia rispetto a quella d’assalto. Avevo, infatti, la sensazione di avere dimenticato qualcosa, ma fino a quel momento mi ero detto che si trattava di nervosismo, causato dalla vicinanza dei ragni. Ora, invece, sapevo che quella sensazione era esatta. Mi trovavo solo, a una quindicina di chilometri di distanza dal mio squadrone, con un gruppetto di tre uomini, tutti e tre in tuta d’assalto. Se i ragni avessero fatto irruzione all’aperto, sarei stato sul serio nei pasticci, a meno che gli uomini che avevo con me non avessero potuto disporre di tute molto veloci.

— Molto bene — approvai — ma non ho più bisogno di tre uomini. Mi basta Hughes, me lo mandi subito. Gli dica di dare il cambio a Nyberg. Gli altri esploratori li usi per dare il cambio a quelli dei punti di ascolto più avanzati.

— Solo Hughes? — fece lui, dubbioso.

— Sì, è sufficiente. Prenderò io stesso il posto di uno degli ascoltatori. In due possiamo battere tutta l’area. Ormai sappiamo dove si trovano e dove stanno scavando i ragni. Che Hughes venga qui subito, scattando.

Nei trentasei minuti che seguirono non accadde niente.

Hughes e io battemmo tutta la zona attorno a Pasqua Dieci, ascoltando per cinque secondi alla volta e poi spostandoci. Non occorreva più nemmeno inserire il microfono nella roccia: bastava appoggiarlo al suolo per sentire chiaro e nitido il rumore caratteristico di lardo che frigge. L’area dei rumori si allargò, ma il centro rimase il medesimo. Solo una volta chiamai Blackstone per dirgli che il rumore era cessato, ma lo richiamai dopo tre minuti per dirgli che ricominciava come prima. Per il resto del tempo, usai solo il circuito esploratori, lasciando che il mio sergente badasse allo squadrone e ai punti di ascolto che restavano nelle sue vicinanze.

Alla fine di quell’intervallo successe di tutto.

Sul circuito esploratori una voce gridò: — Albert Due! Lardo che frigge!

Afferrai il circuito ufficiali. — Capitano! Lardo che frigge all’Albert Due, riquadro Uno! — Morsicai il circuito globale: — Lardo che frigge all’Albert Due, riquadro Uno di Blackie…

Immediatamente udii Do Campo che riferiva: — Rumori di lardo che frigge all’Adolf Tre, riquadro Dodici di Green.

Riferii la notizia a Blackie e, tornando sul mio circuito esploratori, sentii: — Ragni! Raaaagni! Aiuto!

— Dove?

Nessuna risposta. Morsicai di nuovo. — Sergente! Chi ha gridato aiuto?

— Da Bangkok Sei… Stanno sciamando dal sottosuolo!

— Colpiteli! — Richiamai Blackie. — Ragni a Bangkok Sei, Black Uno… li sto attaccando!

— Ho sentito il tuo ordine — mi rispose calmo. — Come andiamo a Pasqua Dieci?

— Pasqua Dieci è… — Il terreno sprofondò sotto di me e io mi trovai ingolfato tra i ragni.

Non so più cosa mi accadde. Non mi ero fatto male. Era stato come cadere in mezzo ai rami degli alberi, ma erano rami vivi, che continuavano a spingermi mentre i miei giroscopi protestavano e tentavano di mantenermi diritto. Precipitai per quattro o cinque metri, quanto bastava per trovarmi nel buio completo.

Poi una marea di mostri mi trasportò su, nella luce… e l’allenamento fece il resto. Atterrai in piedi, parlando e combattendo: — Irruzione a Pasqua Dieci… no, a Pasqua Undici, dove mi trovo ora. Una grossa buca ed escono a migliaia. — Avevo un lanciafiamme per ciascuna mano e mentre facevo rapporto bruciavo ragni a più non posso.

— Vieni via di là, Johnnie!

— Subito! — e feci per balzare via.

Ma mi fermai. Controllai i propulsori appena in tempo, smisi di usare i lanciafiamme, e guardai meglio… perché all’improvviso mi ero reso conto dell’errore commesso! — Correggo — dissi, guardando e non credendo ai miei occhi. — L’irruzione a Pasqua Undici è una finta. Niente guerrieri.

— Ripetere.

— Pasqua Undici, riquadro Uno. L’irruzione è tutta di operai, almeno per ora. Sono circondato dai ragni e continuano a uscire, ma nessuno di loro è armato, e i più vicini a me hanno l’aspetto caratteristico degli operai. Non sono stato attaccato — aggiunsi. — Capitano, crede che possa essere un trucco? Che la vera irruzione stia avvenendo altrove?