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— Può darsi — fece lui. — Il tuo rapporto è stato inoltrato immediatamente alla divisione, lascia che siano loro a pensarci. Continua a controllare, però, e non fidarti. Forse non si tratta proprio di operai e potresti avere una brutta sorpresa.

— D’accordo, capitano. — Saltai molto in alto per estrarmi da quella massa di mostri innocui ma orribili.

La pianura brulla era coperta di forme nere che strisciavano in tutte le direzioni. Balzai di nuovo, chiamando: — Hughes! Rapporto!

— Ragni, signor Rico! A milioni. Li sto bruciando a tutt’andare.

— Hughes, guardali con attenzione. Qualcuno di loro combatte? O sono tutti operai?

— Oh… — Toccai terra e rimbalzai. Lui continuò: — Ehi, ha ragione! Come fa a saperlo?

— Riunisciti alla tua pattuglia, Hughes. — Aprii l’altro circuito. — Capitano, qui migliaia di ragni stanno uscendo da un numero imprecisato di buchi. Non sono stato attaccato. Ripeto: non sono stato attaccato. Se tra loro ci sono guerrieri, evidentemente sono camuffati da operai.

Non mi rispose.

Ci fu un lampo accecante alla mia sinistra, a una certa distanza, seguito da un altro ancora più lontano, proprio di fronte a me. Notai l’ora e la distanza. — Capitano Blackstone… risponda! — Tentai di rilevare il suo segnale mentre ero in aria, ma l’orizzonte era chiuso dai colpi sparati bassi nel riquadro Black Due.

Cambiai circuito. — Sergente! Può chiamarmi il capitano?

In quel preciso istante anche il segnale del mio sergente di squadrone si spense. Non avevo guardato il mio schermo da vicino. Il sergente si occupava dello squadrone e io avevo avuto parecchio da fare, prima ad ascoltare il terreno, poi a vedermela con qualche centinaio di ragni. Avevo staccato tutti i collegamenti tranne quelli con gli ufficiali che mi permettevano di tenere meglio sotto controllo la situazione.

Mi diressi in quella direzione sfruttando tutta la velocità della tuta. Dal quadro radar cercavo intanto di rilevare la posizione di Brumby e di Cunha. — Cunha! Dov’è il sergente di squadrone?

— Sta esplorando una buca, signore.

— Digli che sto per raggiungerlo. — Cambiai circuito senza aspettare la risposta. — Primo squadrone guardie nere a secondo squadrone… rispondete!

— Che cosa vuoi? — brontolò il tenente Khoroshen.

— Non riesco a comunicare con il capitano.

— È tagliato fuori.

— È morto?

— No. Ma è rimasto senza corrente ed è tagliato fuori.

— Ah. Allora è lei il comandante di compagnia?

— Sì. Ti serve aiuto?

— Ahhh… no. Signornò.

— Allora stai buono finché potrai cavartela da solo — mi ordinò Khoroshen. — Ho molto da fare, io.

— Bene, comandante. — D’improvviso mi ero accorto che anch’io avevo molto da fare. Mentre parlavo con Khoroshen, avevo regolato il quadro di visualizzazione su una scala più bassa, dato che ormai ero nelle vicinanze del mio squadrone, vedendo la mia prima squadra sparire, un uomo dopo l’altro, e il primo a sparire era stato Brumby.

— Cunha! Che cosa sta combinando la prima squadra?

La sua voce mi arrivò stravolta. — Stanno seguendo il sergente di squadrone giù per la buca.

Può darsi che il regolamento preveda un caso del genere, ma io lo ignoro. Brumby aveva forse agito senza aspettare gli ordini? Oppure aveva ricevuto ordini che io non avevo sentito? Be’, ormai era già dentro la buca, non poteva né vedermi né sentirmi. E non era certo quello il momento di invocare le norme disciplinari. Avremmo fatto i conti l’indomani, se ci fosse stato un domani.

— Benissimo — dissi. — Adesso arrivo anch’io. — L’ultimo balzo mi portò in mezzo a loro. Vidi un ragno alla mia destra, e lo guardai bene prima di colpirlo. Questa volta non si trattava di un operaio: nel muoversi aveva fatto fuoco.

— Ho perso tre uomini — mi comunicò Cunha, ansante. — Non so quanti ne abbia persi Brumby. I ragni sono sbucati contemporaneamente da tre punti, e così abbiamo subito perdite. Ma adesso stiamo contrattaccando.

Una tremenda onda d’urto mi colpì mentre saltavo di nuovo, sbilanciandomi. Tre minuti e trentasette secondi, pari a quarantotto chilometri. Erano forse i nostri guastatori che facevano saltare le mine? — Primo squadrone! Tenersi pronti per la prossima onda d’urto! — Atterrai alla meglio, quasi alla sommità di un gruppo di tre o quattro ragni. Non erano morti, ma non combattevano. Li gratificai di una granata e saltai di nuovo. — Colpiteli adesso! — ordinai. — Sono tramortiti. E tenetevi pronti alla prossima…

La seconda esplosione ci colpì mentre dicevo quelle parole. Non fu molto violenta. — Cunha! Chiama all’appello il plotone. Tutti si tengano pronti, e cerchiamo di tenere testa ai ragni.

L’appello fu lento e pieno di interruzioni. Troppi vuoti, purtroppo. Ma il repulisti dei ragni avveniva in modo rapido e preciso. Io stesso ne feci fuori una mezza dozzina. Notai che l’effetto dell’urto li colpiva molto più di noi. Poi mi chiesi perché non indossassero l’armatura. Forse il loro ragno-cervello, laggiù nel sottosuolo, era rimasto stordito?

L’appello rivelò diciannove presenti, due morti, due feriti e tre fuori combattimento in seguito a danni alle tute, a due delle quali Navarre stava già provvedendo recuperando le batterie dalle apparecchiature dei morti e dei feriti. La terza tuta era danneggiata all’impianto radio e radar, e non si poteva ripararla, per cui Navarre assegnò l’uomo a guardia dei feriti. Di più non potevamo fare per soccorrerli, finché non ci avessero dato il cambio.

Nel frattempo, con il sergente Cunha, ispezionavo le tre buche da cui i ragni avevano fatto irruzione in superficie. Un confronto con la mappa del sottosuolo evidenziò che, com’era prevedibile, avevano aperto delle uscite nei punti in cui i loro tunnel erano più vicini alla superficie. Una buca era chiusa, era un cumulo di rocce sparpagliate. Nella seconda non si vedevano ragni, ma ordinai a Cunha di lasciare lì due uomini, con l’ordine di uccidere i nemici a uno a uno o di chiudere la buca con una bomba se per caso riprendevano a uscire in massa. Faceva presto il maresciallo dello spazio a dire di lasciarle aperte… Io avevo a che fare con una situazione da risolvere, non con una teoria.

Poi guardai nella terza buca, quella dentro la quale era sparito il mio sergente maggiore con metà del mio squadrone.

Un corridoio saliva fino a sei metri sotto la superficie, e i mostri non avevano fatto altro che sfondare il tetto per quattro o cinque metri. Da che cosa fosse causato il rumore di lardo che frigge, mentre perforavano la roccia, proprio non saprei dirlo. Il tetto di roccia, comunque, non c’era più, e le pareti della buca erano in pendio e scanalate. Dalla mappa risultava che quel foro immetteva nel corridoio principale, mentre le altre due salivano da piccole gallerie laterali. Quindi l’attacco principale era avvenuto da qui, e gli altri erano serviti solo da diversivo, per seminare il disordine nelle nostre fila.

Forse i ragni potevano vedere attraverso la roccia solida?

Dentro la buca non si vedeva niente, né ragni né uomini. Cunha mi indicò la direzione in cui era sparito il secondo squadrone.

Erano passati sette minuti e quaranta secondi da quando il sergente maggiore era sceso, e Brumby l’aveva seguito alla distanza di una ventina di secondi. Sbirciai nel buio, deglutii e tentai di vincere la nausea. — Sergente Cunha, prendi il comando della tua squadra — dissi, cercando di mantenere un tono energico. — Se ti serve aiuto, chiama il tenente Khoroshen.

— Ordini, signore?

— Nessuno. A meno che non ne arrivino dallo spazio. Io vado giù a cercare la seconda squadra, e può darsi che per un po’ ci si perda di vista. — Poi mi gettai dentro la buca, prima che mi venisse a mancare il coraggio.