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Nello scompartimento di Fantozzi c'era un odore di malga alpina. Per uno scossone del treno, a Fantozzi cadde una frittata di cipolle in testa mentre un bambino precipitava dal finestrino. Il padre voleva tirare l'allarme, ma gli altri viaggiatori si opposero.

Alla quarta ora di viaggio erano tutti in canottiera. Cominciavano già a circolare i primi viaggiatori in mutande. Un compagno di scompartimento che era al finestrino disse a Fantozzi “Senta che buon profumo di campagna!”. Fantozzi si sporse e fu centrato da una cartata di rifiuti. Non fece commenti.

Alla prima grossa stazione rischiò l'acquisto di un cestino da viaggio. Gli era venuta fame vedendo i suoi vicini che divoravano di tutto con violenza, dai polli ai bambini più teneri: “Cestino! Cestino,” gridò “quant'è?” chiese mettendo mano al portafoglio: “Mille e duecento” rispose l'uomo col carrello. Gli passò duemila lire e prese il cestino in attesa del resto. In quel momento il treno cominciò a muoversi e il venditore finse di mettersi a correre con le ottocento lire. Fantozzi si sporgeva e allungava il braccio in maniera telescopica, mentre il treno acquistava velocità. Improvvisamente il venditore inciampò (o finse di inciampare) Fantozzi rimase con il braccio teso mormorando: “Il mio resto… mi viene il resto…”.

Quando aprì il cestino era curioso come un bambino che apre il pacco di Natale. Ne estrasse nell'ordine: un sacchetto col sale, uno col pepe, una forchettina di plastica, un coltellino di plastica un cucchiaino, gli stuzzicadenti, un bicchiere di cartone, un ala di pollo (pure di plastica) e una mela. Ci rimase male. Addentò il pollo, ma era di materiale cosi gommoso che gli schizzò fuori dal finestrino. La mela era bacata. Non c'era da bere, il treno stava attraversando una landa desertica, il sole batteva sulle lamiere roventi della vettura. Tutti cominciarono prima a lamentarsi poi a urlare per la sete. Fantozzi aveva il suo prezioso thermos in valigia con l'acqua fatta con le cartine, ma decise di non bere perché temeva il linciaggio.

Intanto si era sparsa la psicosi degli attentati dinamitardi ai treni popolari. “Maledetti,” gridava la gente “se la prendono con noi poveracci! Fa' che ce ne capiti uno sotto le mani.” In quel preciso istante, per il gran caldo, esplose il thermos nella valigia. Fantozzi venne salvato dall'impiccagione da alcuni agenti della Polfer; lo portarono nuovamente in città, in carcere. In attesa di essere interrogato, fu messo in uno stanzone pieno di contestatori capelloni con barba. Parlavano con sguardi ispirati della “tattica della guerriglia nella giungla boliviana”. Fantozzi ascoltava senza capire. Concluse, per suo conto, che a lui sarebbe stata più utile l'arte della guerriglia nei corridoi della ditta con i suoi direttori.

I contestatori prepararono una bomba rudimentale. “Ecco un cocktail Molotov” gli dissero: e lui, che aveva una sete tremenda, tracannò tutta la bottiglia. In quel momento lo chiamarono per un interrogatorio; lo fecero sedere e gli offrirono una sigaretta. Appena gliela accesero, la stanza fu squarciata da una tremenda esplosione. Fantozzi fu rinchiuso nel braccio della morte.

In serata i contestatori lo fecero fuggire. Correvano con bandiere e scritte rivoluzionarie verso il centro della città. Fantozzi, che era in testa, li guidò verso la sua società. Voleva dar fuoco all'edificio, per garantirsi almeno un mesetto di ferie. Quando furono davanti all'ingresso principale lui cominciò a urlare: “Al fuoco, al fuoco, hanno ragione gli studenti, farebbero bene a…”. Dalla porta uscì il suo direttore generale, faccia a faccia gli chiese: “Farebbero bene?…”, “… a studiare” concluse Fantozzi con un tragico sorriso.

FANTOZZI VA IN FERIE

Spettabili signori lettori (mi scuso per questo “spettabili”, ma i miei molti anni in una burocratica società mi hanno molto condizionato: “spettabile” è l'unica aggettivazione in uso nelle grandi aziende, nelle quali “spettabile” è il megadirettore, “spettabile” è un cliente, “spettabile” è la signora del collega, “alla quale si prega di estendere i saluti”, “spettabile” è un lampadario, una penna, una scrivania eccetera) vi rimetto in allegato un utile consiglio per le vostre prossime vacanze. So già tutto. So che avete sostenuto delle risse verbali con i vostri colleghi per avere il periodo “buono” nel “prospetto ferie”che la “signorina” ha cominciato a preparare già da marzo in un foglio di carta millimetrata. Il periodo “buono” in genere è la prima quindicina di agosto. “Spettabili” lettori vi consiglio di considerare assolutamente “non buono” questo periodo. Il mio collega di stanza Fantozzi, che per anzianità (Fantozzi lavorava per la mia società da 400 anni) si accaparrava sempre quel periodo, dai suoi 15 giorni di ferie tornava dopo un giorno, completamente distrutto. Fantozzi andava al mare, amava la tranquilla solitudine della pesca con la canna.

Per mesi preparava la moglie psicologicamente, prenotava in anticipo una piccola pensione familiare a prezzi modici sul litorale. Nell'ultima settimana, uscito dall'ufficio, passava un'ora da un suo fido fornitore di attrezzature per la pesca alla canna: sceglieva accuratamente ami di varie grandezze, piombi, galleggianti multicolori e lenze meravigliosamente trasparenti. Un venerdì sera che precedeva i suoi quindici giorni di ferie mi strinse calorosamente la mano e mi mostrò con orgoglio un congegno fantascientifico: una canna da lancio! Nella notte, la moglie di Fantozzi aveva preparato due thermos di acqua con le “cartine” e due frittate con le cipolle. Partirono all'alba per evitare gli ingorghi. Appena Fantozzi uscì, la sua nuvola da dietro le montagne gli piombò sopra la testa come un aereo da caccia. Era la famosa “nuvola da impiegati”. Ogni “impiegato” ne ha una. Sono nuvole maligne che stanno celate dietro le montagne anche 12 mesi, ma quando s'avvedono che il loro uomo sta per andare in ferie gli piombano sulla testa scaricandogli in nuca un quadrato di grandine in un metro per un metro e lo accompagnano implacabili.

Nel suo quadrato di grandine, Fantozzi sorridente caricò la sua utilitaria di valigie: tutt'intorno al di fuori del quadrato c'era un sole splendente. Ebbe solo un attimo di stizza quando si rese conto che metà della canna di lancio doveva sistemarla fuori dal finestrino. Partì veloce con la sua nuvola implacabile: le strade, data l'ora antelucana, erano deserte. Disse alla moglie: “Hai visto non c'è nessuno…”. Non finì la frase. Sentì come un rumore di onda di piena: ecco tutti gli “altri” che si lanciavano con le loro utilitarie verso il litorale. Ognuno aveva la sua nuvola personale. Si ingorgarono subito in maniera decisiva. Ci furono duelli rusticani al cacciavite e duri giudizi sulle madri. Fantozzi arrivò alla “pensione familiare prezzi modici” verso le undici di sera. Quando Fantozzi mise piede a terra cominciò anche a nevicare! Fu una notte turbata dagli ululati di un branco di lupi dirottati dalla presenza di alcuni impiegati sul litorale. Il mattino dopo si recò alla spiaggia libera con la canna da lancio sotto una fitta nevicata di un metro per un metro. Cento metri più a destra, sotto un meraviglioso quadrato di sole, si abbronzava un megapresidente. Fantozzi impugnò la canna e lanciò: il piombo si impigliò a un ramo di pino. Fantozzi non bestemmiò neppure e si sdraiò sul suo quadro di neve per la “tintarella”. Una terrificante esplosione squarciò il silenzio: era uno dei thermos. Un collega di Fantozzi che nuotava sottoriva affondò per sempre: soffriva di cuore da tanti anni!