Finalmente fu fuori. Si inebriò dell'aria del mattino, di strade deserte e di libertà. Nitrì selvaggiamente e partì al galoppo.
Ai 50 metri ebbe una extrasistole. E si fermò. Nel silenzio più assoluto sentiva solo i battiti del suo cuore. “Tim… tum… tim… tum… lup!” fece il cuore del ragionier Marlocchio.
Ai 150 metri gli si annebbiò la vista, ma continuò serrando i denti… poi una gran sciabolata lo passò da parte a parte all'altezza dello sterno e cadde a terra come un sacco di stracci. Vedeva confusamente la bandiera olimpica sventolare nella luce del mattino. Ma quel dolore alla schiena era tremendo. Mentre due guardiani notturni lo stavano caricando in un'auto di passaggio, gli scoppiò il mondo in testa.
Domenica scorsa sul lungomare sotto il solicello tangenziale Fantozzi ha rivisto tutti con le pance, un po' più gonfi e senza il fuoco sacro negli occhi. Solo allora ha capito che c'era stata la cerimonia di chiusura delle “Olimpiadi private”, ma nessuno se n'era accorto.
A Monaco se non succede un miracolo il medagliere sarà un disastro, ma intanto una soluzione c'è: rifare gli argini. Che per quelli del Biellese contino più delle medaglie?
FANTOZZI E l'APERTURA DELLA CACCIA
Anche Fantozzi ha partecipato all'ultima apertura di caccia. Non era un appassionato, anzi non era mai stato a caccia in vita sua, ma il suo collega di stanza Fracchia aveva tanto insistito che lui aveva dovuto cedere.
L'appuntamento era stato fissato a un'ora crudele, le 3 del mattino, al casello dell'autostrada. Le due utilitarie arrivarono puntualissime. Da una uscì faticosamente Fracchia: berretto alla Sherlock Holmes, gigantesco giaccone di velluto a coste, calzoni alla zuava gonfi come palloni sonda, calze di lana, scarpe da tennis con sopra galoches, un piccolo cane pechinese al guinzaglio e a tracolla un vecchissimo fucile a tromba tipo brigante calabrese. Dall'altra Fantozzi: berretto bianco da marinaio, tragico impermeabile stretto in vita da cartucciera di mitragliatrice, residuato della 2a guerra mondiale, calzoni di tela, piedi nudi, un guanto di lana, una fionda a elastico rubata a qualche ragazzo e a guinzaglio sua moglie signora Pina che nella notte aveva truccato alla meno peggio da bracco. I due si salutarono e andarono con i “cani” al bar del casello dell'autostrada per bere un caffé “corretto”. Il bar era gremito di cacciatori armati fino ai denti: mitragliere, bombe a mano e armi per la guerra batteriologica. Tutti guardavano con grande curiosità i “cani” degli ultimi arrivati. Uno cercò di accarezzare la signora Pina, ma poco mancò che questa ringhiando non gli staccasse un dito.
Partirono con la macchina di Fracchia. In sei ore terribili arrivarono alla “macchia” scelta per la battuta. Erano circa 600 in 15 metri quadrati e si guardavano con grande diffidenza. Lo stesso atteggiamento avevano assunto i cani tra di loro.
Attendevano tutti da circa due ore quand'ecco che il “cane” di Fantozzi si irrigidì in atteggiamento da punta (gli altri cani si erano assopiti perché non abituati a quelle sveglie drammatiche). Tutti guardavano verso un cespuglio che ondeggiava leggermente. Tutti spianarono i fucili, la “cosa” uscì furtivamente dalla macchia e allora fecero fuoco tutti insieme: era un cacciatore ritardatario che Fantozzi ricordava impiegato in una società di navigazione. Lo finirono a coltellate.
Tutti avevano sparato finalmente i primi colpi dell'“apertura”, ma Fracchia, che stava ancora armeggiando al suo trombone, fece cenno finalmente a quelli con i coltelli di aprirsi e fece fuoco, appoggiando la guancia al calcio del fucile. Andò a terra con un urlo soffocato perché il rinculo tremendo gli aveva “sgranato” diciotto denti.
Gli altri cacciatori decisero di cambiare posizione e loro rimasero per vedere di riattivare il “trombone”. Armeggiavano già da qualche tempo, quando alle loro spalle ecco arrivare vestito da generale prussiano un grosso funzionario della loro ditta. I due e i “cani” si inchinarono a baciargli la mano destra che questi aveva teso imperiosamente e gli chiesero piangendo aiuto.
Cominciò ad armeggiare anche il generale prussiano. Apri la canna del fucile. guardò attentamente tutto con attenzione, poi disse: “Ma che cretini che siete, è scarico! Tenga” disse a Fantozzi, porgendogli il “trombone”. “Me lo regga.” Mise l'occhio in canna e aggiunse: “Ma non lo vedete che è completamente sca…”. Non finì la frase, la valle fu squarciata da una tremenda esplosione. Lo nascosero con delle frasche confidando nella fionda di Fantozzi.
Verso sera la battuta degenerò in battaglia autentica. I più facoltosi si avvalevano dell'apporto di carri armati pesanti e caccia bombardieri: ma era prevalentemente una guerra statica di trincea. Al calar della notte ci fu una tregua e cominciò il ritorno. Fracchia pregò Fantozzi, che era anche ferito a un braccio, di farsi legare per i piedi sul tetto dell'utilitaria come fagiano, per salvare a faccia. Lui accettò ed ebbe un po' freddo in autostrada.
All'arrivo in città non appena Fracchia aprì la porta dell'utilitaria scappò proditoriamente il “cane” di Fantozzi. Ma, siccome lui non aveva mai pagato la tassa per la moglie, questa fu subito presa da due feroci accalappiacani e con un furgone portata al canile municipale.
Quella notte Fantozzi ne sentì un po' la mancanza, ma dopo una settimana non ci pensò più. Quando gli scrissero che se la rivoleva doveva pagare la tassa, lui non rispose neppure.
QUANDO FANTOZZI PRESE IL TRAM AL VOLO
È da 25 anni che Fantozzi al pomeriggio della domenica in autunno va alla partita di calcio.
La colazione della giornata festiva è tradizionalmente più massiccia, ed è per questo che, dopo, Fantozzi se ne sta a leggiucchiare la pagina dello sport di un quotidiano, sprofondato nella sua poltrona d'ordinanza con la mollezza di un pitone al sole. Poi butta o forse gli cade il giornale per terra, sbadiglia profondamente e il più delle volte si addormenta.
Si tratta di un pisolino di una ventina di minuti. Poi si alza stiracchiandosi, chiede un caffé alla signora Pina che gliene porta uno a tremila gradi, lui lo tracanna e gli parte un urlo selvaggio: ogni volta si ustiona ferocemente, ma si sveglia. Si infila le scarpe, che sembrano due pezzi di ghiaccio, la giacca di un vestito intramontabile, basco, e radiolina per sentire i risultati dagli altri campi Da un po' di tempo si porta allo stadio anche un cuscinetto pieghevole di gommapiuma, con i colori della sua squadra. Quest'ultima attrezzatura si è rivelata l'unico rimedio contro i fenomeni di “cartonatura natiche” cui andava soggetto per il passato.
Scende lentamente le scale di casa alle due e ventotto, alle due e trenta è in strada, a piedi percorre i duecento metri che separano il portone di casa sua dalla fermata del tram. Attende pazientemente fino alle due e trentuno e puntualmente arriva il tram numero 23 barrato che lo porta allo stadio.
Questo da 25 anni.
Domenica scorsa la signora Pina gli ha fatto una lasagnata terrificante e lui se ne mangiò una mezza teglia. Quando si svegliò il caffé era già freddo ed erano, soprattutto, le due e trenta: rischiava di perdere l'inizio della partita più importante della stagione. Tracannò un caffé che non lo svegliò affatto e mentre si infilava il basco disse: “Oggi prenderò il tram al volo!”.
E la signora Pina: “Ma cosa dici! tram al volo, non sei attrezzato…”. “Perché?” rispose lui. “Lo fanno tutti” e fece nel dirlo un gran bel gesto leonino con la testa buttandola all'indietro con violenza e dando così una craniata pazzesca contro lo stipite di mogano di un armadio nella sala di ingresso.
Gli sfuggì una curiosa bestemmia e concluse: “Questo armadio maledetto dovrò pur venderlo un giorno!” e si avventò giù per le scale ululando come un guerriero unno.