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GIUDICE E voi avete osato calunniare vostro zio?

Avete osato scrivere nel vostro tema che questo cittadino

esemplare è, nientemeno, il padre dell'invidia,

dell'avarizia, della gola, dell'ira, e chissà di quali altri

terribili e viziosissimi teddy-boy?

IMPUTATO Ma signor Giudice, è stata tutta colpa di

un apostrofo.

GIUDICE Quale apostrofo? Io qui non vedo apostrofi. IMPUTATO Appunto. Si tratta di un apostrofo

mancante.

GIUDICE Capisco, si è dato alla macchia. Diventerà

un bandito da strada.

AVVOCATO DIFENSORE Signor Giudice,

l'imputato Rossi Alberto aveva intenzione di scrivere:

«l'ozio è il padre dei vizi». Ma l'apostrofo, forse

consigliato dai cattivi compagni, è fuggito dalla penna. LO ZIO Sì, signor Giudice, sono convinto anch'io che

mio nipote, in fondo, è un bravo ragazzo.

GIUDICE Un bravo ragazzo? Dica piuttosto che si

merita la galera.

LO ZIO Capisco, signor Giudice. Ma mi

dispiacerebbe molto vederlo finire dentro. Vede, avevo

fatto dei progetti sul suo conto. Io sono titolare di un

avviato negozio di elettrodomestici. Vendo a rate, faccio

ottimi sconti alla clientela.

GIUDICE Lasciamo perdere gli elettrodomestici. LO ZIO Ecco, io avevo intenzione di assumere mio

nipote in qualità di commesso, appena finite le scuole. Io

non ho figli miei: se non aiuto Albertino, chi dovrei

aiutare?

GIUDICE (commosso) Lei è proprio una persona di

buon cuore. Faremo come dice lei. Imputato, avete

sentito?

IMPUTATO Sì, signor Giudice.

GIUDICE Cercherete di rintracciare l'apostrofo

fuggitivo e di convincerlo a rientrare anche lui sulla retta

via?

IMPUTATO Lo prometto, signor Giudice.

GIUDICE Va bene: per questa volta siete perdonato.

(Zio e nipote si abbracciano. Anzi: s'abbracciano, con

l'apostrofo.)

A sbagliare le storie

- C'era una volta una bambina che si chiamava

Cappuccetto Giallo.

- No, Rosso!

- Ah, Sì, Cappuccetto Rosso. La sua mamma la chiamò

e le disse: Senti, Cappuccetto Verde...

- Ma no, Rosso!

- Ah, Sì, Rosso. Vai dalla zia Diomira a portarle questa

buccia di patata.

- No: vai dalla nonna a portarle questa focaccia.

- Va bene. La bambina andò nel bosco e incontrò una

giraffa.

- Che confusione! Incontrò un lupo, non una giraffa.

- E il lupo le domandò: «Quanto fa sei per otto?»

Niente affatto. Il lupo le chiese: «Dove vai?»

- Hai ragione. E Cappuccetto Nero rispose... - Era

Cappuccetto Rosso, rosso, rosso!

- Sì, e rispose: «Vado al mercato a comperare la salsa

di pomodoro».

- Neanche per sogno: «Vado dalla nonna che è malata,

ma non so più la strada».

- Giusto. E il cavallo disse... - Quale cavallo? Era un

lupo.

- Sicuro. E disse così: «Prendi il tram numero

settantacinque, scendi in piazza del Duomo, gira a destra,

troverai tre scalini e un soldo per terra, lascia stare i tre scalini, raccatta il soldo e comprati una gomma da

masticare».

- Nonno, tu non sai proprio raccontare le storie, le

sbagli tutte. Però la gomma da masticare me la comperi lo

stesso.

- Va bene: eccoti il soldo.

E il nonno tornò a leggere il suo giornale.

Promosso più due

- Aiuto, aiuto, - grida fuggendo un povero Dieci.

- Che c'è? Che ti succede?

- Ma non vedete? Sono inseguito da una Sottrazione. Se mi raggiunge sarà un disastro.

- Eh, via, addirittura un disastro...

Ecco, è fatta: la Sottrazione ha acchiappato il Dieci, gli balza addosso menando fendenti con la sua spada affilatissima. Il povero Dieci perde un dito, ne perde un altro. Per sua fortuna passa una macchina straniera lunga così, la Sottrazione si volta un momento a guardare se è il caso di accorciarla e il buon Dieci può svignarsela, scomparire in un portone. Ma intanto non è più un Dieci: è soltanto un Otto, e per giunta perde sangue dal naso.

- Poverino, che ti hanno fatto? Ti sei picchiato coi tuoi compagni, vero?

Misericordia, si salvi chi può: la vocina è dolce e compassionevole, ma la sua proprietaria è la Divisione in persona. Lo sventurato Otto bisbiglia «buonasera», con un filo di voce, e cerca di riguadagnare la strada, ma la Divisione è più svelta, e con un solo colpo di forbici, zac, ne fa due pezzi: Quattro e Quattro. Uno se lo mette in tasca, l'altro ne approfitta per scappare, torna in strada di corsa, salta su un tram.

- Un momento fa ero un Dieci, - piange, - e adesso guardate qua! Un Quattro! Gli scolari si scansano frettolosamente, non vogliono avere niente a che fare con lui. Il tranviere borbotta: - Certa gente dovrebbe almeno avere il buon senso di andare a piedi.

- Ma non è colpa mia! - grida tra i singhiozzi l'ex Dieci.

- Sì, è colpa del gatto. Dicono tutti così.

Il Quattro scende alla prima fermata, rosso come una poltrona rossa.

Ahi, ne ha fatta un'altra delle sue: ha schiacciato i piedi a qualcuno.

- Scusi, scusi tanto, signora!

Ma la Signora non si è arrabbiata, anzi, sorride. Guarda, guarda, guarda, è nientemeno che la Moltiplicazione! Ha un cuore grosso così, lei, e non può sopportare la vista delle persone infelici: seduta stante moltiplica il Quattro per tre, ed ecco un magnifico Dodici, pronto per contare un'intera dozzina d'uova.

- Evviva, - grida il Dodici, - sono promosso! Promosso più due.

L'omino di niente

C'era una volta un omino di niente. Aveva il naso di niente, la bocca di niente, era vestito di niente e calzava scarpe di niente. Si mise in viaggio su una strada di niente che non andava in nessun posto. Incontrò un topo di niente e gli domandò: - Non hai paura del gatto?

- No davvero, - rispose il topo di niente, - in questo paese di niente ci sono soltanto gatti di niente, che hanno baffi di niente e artigli di niente. Inoltre, io rispetto il formaggio. Mangio solo i buchi. Non sanno di niente ma sono dolci.

- Mi gira la testa, - disse l’omino di niente.

- È una testa di niente: anche se la batti contro il muro non ti farà male.

L'omino di niente, volendo fare la prova, cercò un muro per batterci la testa, ma era un muro di niente, e siccome lui aveva preso troppo slancio cascò dall'altra parte. Anche di là non c'era niente di niente.