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Crucciato com’è per queste cose, Charlie non riesce a muoversi quando Gimpy dice: «Avanti, prova».

Charlie scuote la testa.

«Senti, Charlie, ora lo rifarò, più adagio. Tu sta’ a guardare tutto quello che faccio e ripeti ogni movimento insieme a me. Okay? Ma cerca di ricordare tutto, così potrai rifare ogni cosa da solo. Avanti, incomincia… così.»

Charlie si acciglia mentre osserva Gimpy staccare un pezzo di pasta e arrotolarla e farne una palla. Esita, ma poi prende il coltello e taglia una fetta di pasta e la posa al centro della tavola. Adagio, tenendo i gomiti in fuori, esattamente come fa Gimpy, l’arrotola e forma una palla.

Volge lo sguardo dalle proprie mani a quelle di Gimpy, e sta bene attento a tenere le dita esattamente nello stesso modo, i pollici accostati alle altre dita, le mani lievemente a coppa. Deve fare le cose per bene, come vuole Gimpy. Ci sono echi dentro di lui che dicono: «Fallo bene e piacerai». E vuole piacere a Gimpy e a Frank.

Quando Gimpy ha terminato di lavorare la pasta formando una palla, muove un passo all’indietro, e altrettanto fa Charlie. «Ehi, è magnifico. Guarda. Frank, è riuscito a formare una palla.»

Frank annuisce e sorride. Charlie sospira e tutto il suo corpo trema e la tensione si accumula. Non è abituato a questo raro momento di successo.

«Molto bene», dice Gimpy. «Ora facciamo un panino.»

Goffamente, ma con attenzione, Charlie segue ogni movimento di Gimpy. Di quando in quando, un guizzo della mano o del braccio guastano ciò che sta facendo, ma in breve tempo riesce a intrecciare un pezzo di pasta e a foggiarlo a forma di panino. Lavorando accanto a Gimpy fa sei panini e dopo averli cosparsi di farina li dispone con cura accanto a quelli di Gimpy nel grande vassoio cosparso di farina.

«Benissimo, Charlie.» La faccia di Gimpy è seria. «Ora vediamo se riesci a cavartela da solo. Ricorda tutte le cose che hai fatto dall’inizio. E adesso, avanti.»

Charlie fissa l’enorme pezzo di pasta e il coltello che Gimpy gli ha messo in mano. E una volta di più il panico lo pervade. Qual è la cosa che ha fatto per prima? Come la teneva, la mano? E le dita? In che modo arrotolava la pasta formando una palla?… Mille idee che lo confondono gli esplodono nella mente tutte in una volta e lui rimane lì in piedi a sorridere. Vuole riuscire, vuole accontentare Frank e Gimpy e fare in modo da piacere loro e avere il lucente ciondolo portafortuna che Gimpy gli ha promesso. Gira e rigira sulla tavola il liscio e pesante pezzo di pasta, ma non riesce a indursi a cominciare. Non può tagliarlo perché sa che fallirà e ha paura.

«Ha già dimenticato», dice Frank. «Non attacca.»

Lui vuole che attacchi. Si acciglia e si sforza di ricordare: anzitutto, si comincia con il tagliare un pezzo di pasta. Poi lo si arrotola foggiandolo a forma di palla. Ma come fa a diventare un panino simile agli altri nel vassoio? Questo è un altro paio di maniche. Se gli danno tempo se ne ricorderà. Non appena lo stordimento passerà riuscirà a ricordarsene. Soltanto pochi secondi ancora e ci arriverà. Vuole avvinghiarsi a quel che ha imparato… per breve tempo. Lo vuole tanto.

«Okay, Charlie», sospira Gimpy, togliendogli di mano il coltello. «Non ha importanza. Non stare a crucciartene. Non è il tuo lavoro, del resto.»

Ancora un minuto e se ne ricorderà. Se soltanto non gli facessero tanta fretta. Perché tutto deve essere fatto con tanta fretta?

«Su, va’, Charlie. Mettiti a sedere e guardati l’album a fumetti. Noi dobbiamo riprendere il lavoro.»

Charlie annuisce e sorride e tira fuori dalla tasca posteriore dei calzoni l’album a fumetti. Lo liscia e se lo piazza in testa come una specie di cappello burlesco, Frank ride e Gimpy, infine, sorride.

«Su, su, grosso bamboccio», sbuffa Gimpy. «Va’ a sederti finché il signor Donner non ti chiamerà.»

Charlie gli sorride e torna a mettersi contro i sacchi di farina nell’angolo delle impastatrici. Gli piace appoggiarsi ai sacchi stando seduto sul pavimento con le gambe accavallate e guardando le figure dell’album a fumetti. Mentre incomincia a sfogliare le pagine gli vien voglia di piangere, ma non sa perché. Che ragione c’è di sentirsi triste? La nuvola confusa va e viene, ed ora egli pregusta il piacere delle figure dai colori accesi nell’album a fumetti che ha sfogliato già trenta o quaranta volte. Conosce tutti i personaggi dell’album… ne ha domandato i nomi più e più volte (a quasi tutti coloro che gli sono capitati vicino)… e capisce che le strane forme delle lettere e delle parole nelle nuvolette bianche sopra i personaggi significano che essi stanno dicendo qualcosa. Imparerà mai a leggere quel che c’è scritto nelle nuvolette? Se gli concedessero abbastanza tempo… se non gli facessero fretta e non lo incalzassero troppo… ci arriverebbe. Ma nessuno ha tempo per lui.

Charlie tira su le gambe e apre l’album a fumetti alla prima pagina dove Batman e Robin stanno dondolando su per una lunga corda, di fianco a un edificio. Un giorno o l’altro, decide, imparerà a leggere. E allora potrà sapere che cosa racconta la storia. Sente una mano sulla spalla e alza gli occhi. È Gimpy che tiene tra le dita il disco d’ottone e la catenella e li fa dondolare e ruotare in modo che riflettano la luce. «Prendi», dice brusco, lasciandoli cadere in grembo a Charlie, poi si allontana zoppicando…

Non ci avevo mai pensato prima, ma fu un gesto gentile da parte sua. Perché lo fece? In ogni modo, così ricordo quel momento, più chiaramente e più completamente di qualsiasi altra cosa sperimentata in precedenza. È come guardar fuori dalla finestra della cucina all’alba, quando la luce mattutina è ancora grigia. Ho fatto molta strada, da allora, e devo tutto al dottor Strauss e al professor Nemur e agli altri qui del Beekman. Ma che cosa devono pensare e provare Frank e Gimpy adesso, vedendo quanto sono cambiato?

22 aprile Quelli della panetteria stanno cambiando. Non si limitano a ignorarmi; ne sento l’ostilità. Donner sta preparando i documenti per iscrivermi al sindacato dei fornai ed ho ottenuto un nuovo aumento. Il brutto è che tutto il piacere si è dileguato perché gli altri ce l’hanno con me. In un certo senso, non posso volergliene. Non capiscono che cosa mi è accaduto e non posso spiegarglielo. La gente non è fiera di me come m’ero aspettato… proprio per niente.

Eppure, ho ancora qualcuno con cui parlare. Inviterò Miss Kinnian a venire al cinema con me domani sera per festeggiare l’aumento. Se riuscirò a trovarne il coraggio.

24 aprile Il professor Nemur ha convenuto finalmente con me e con il dottor Strauss che mi sarà impossibile scrivere ogni cosa sapendo come tutto venga letto immediatamente da quelli del laboratorio. Ho cercato di essere completamente sincero in ogni particolare, di qualsiasi cosa stessi parlando, ma vi sono cose che non posso scrivere se non tenendole per me… almeno temporaneamente.

Ora mi è consentito trattenere alcuni di questi rapporti più personali, ma prima del rapporto definitivo alla Fondazione Welberg il professor Nemur leggerà ogni cosa per decidere quali parti di esso siano pubblicabili.

Quel ch’è accaduto oggi al laboratorio è stato molto sconvolgente.

Sono passato presto dall’ufficio, questa sera, per domandare al dottor Strauss o al professor Nemur se ritenevano che potessi invitare al cinema Alice Kinnian, ma prima di bussare li ho uditi discutere. Non mi sarei dovuto trattenere, e tuttavia è difficile rinunciare all’abitudine di origliare perché la gente ha sempre parlato e agito come se io non fossi presente, come se le fosse stato del tutto indifferente che io sentissi.