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Gimpy mi ha fissato con ira, poi ha scosso la testa disgustato. «Hai una bella faccia tosta», si è messo a urlare. «Puoi andare all’inferno!» Poi mi ha voltato le spalle e se n’è andato zoppicando più del solito.

Ed è finita così. Quasi tutti loro la pensavano come Joe e Frank e Gimpy. Tutto era andato bene finché avevano potuto ridere di me e apparire scaltri a mie spese, ma ora si sentivano inferiori all’idiota. Ho cominciato a capire che con i miei stupefacenti progressi li avevo sminuiti, ponendone in risalto le incapacità. Li avevo traditi e mi odiavano per questo.

Fanny Birden era la sola a non pensare che si sarebbe dovuto costringermi ad andarmene, e nonostante le pressioni esercitate su di lei e le minacce non aveva firmato la petizione.

«Il che non significa», mi ha fatto osservare, «ch’io non pensi che in te c’è qualcosa di molto strano, Charlie. Quanto sei cambiato! Io non so… eri un brav’uomo fidato… un tipo comune, non troppo sveglio, magari, ma onesto… e chissà che cosa hai combinato per diventare così intelligente tutto a un tratto. Come dicono tutti, non è giusto».

«Ma che cosa c’è di male se una persona vuole diventare più intelligente, istruirsi e capire se stessa e il mondo?»

«Se avessi letto la Bibbia, Charlie, sapresti che non è bene per l’uomo sapere più di quanto gli è stato concesso dal Signore, in primo luogo. Il frutto di quell’albero fu proibito all’uomo. Charlie, se hai fatto qualcosa che non avresti dovuto… sai, un patto con il demonio o che so io… forse non è ancora troppo tardi per pentirtene. Forse potresti tornare ad essere l’uomo buono e semplice che eri un tempo.»

«Non si può tornare indietro, Fanny. Non ho fatto niente di male. Sono come un uomo nato cieco al quale sia stata data la possibilità di vedere la luce. Questo non può essere un peccato. Presto ci saranno milioni di uomini come me in tutto il mondo. La scienza può compiere questo miracolo, Fanny.»

Lei ha fissato la sposa e lo sposo sulla torta nuziale che stava decorando e io ho veduto le sue labbra muoversi appena mentre bisbigliava: «Fu male quando Adamo ed Eva mangiarono il pomo dell’albero della conoscenza. Fu male quando si accorsero di essere nudi e impararono che cos’erano la lussuria e la vergogna. E furono scacciati dal paradiso terrestre le cui porte si chiusero per loro. Se questo non fosse accaduto, nessuno di noi dovrebbe invecchiare e ammalarsi e morire».

Non rimaneva più nulla da dire, né a lei né a tutti gli altri. Nessuno di loro voleva guardarmi negli occhi. Ne sento ancora l’ostilità. Prima avevano riso di me, disprezzandomi per la mia ignoranza e la mia ottusità; ora mi odiavano per la mia cultura e la mia capacità di capire. Perché? Che cosa volevano da me, in nome di Dio?

L’intelligenza ha conficcato un cuneo tra me e tutti coloro che conoscevo e amavo e mi ha scacciato dalla panetteria. Ora sono più solo di prima. Mi domando che cosa accadrebbe se rimettessero Algernon nella grande gabbia insieme ad alcuni altri topi. Gli si rivolterebbero contro?

25 maggio Sicché, ecco come una persona può finire con il disprezzare se stessa… sapendo di aver fatto la cosa sbagliata e non essendo capace di smettere. Contro la mia volontà mi sono sentito trascinato verso l’appartamento di Alice. Ella è rimasta sorpresa ma mi ha fatto entrare. «Sei zuppo. L’acqua ti sta scorrendo a rivoli sulla faccia.»

«Sta piovendo. Meglio per i fiori.»

«Su, entra. Aspetta che vado a prenderti un asciugamano. Ti buscherai la polmonite.»

«Lei è la sola con la quale possa parlare», ho detto. «Mi lasci rimanere qui.»

«Ho appena fatto il caffè, è sulla cucina economica. Continua ad asciugarti e poi parleremo.»

Mi sono guardato intorno mentre Alice andava a prendere il caffè. Era la prima volta che mi trovavo in casa sua; ho provato una sensazione di piacere, ma nella stanza c’era qualcosa che mi turbava.

Tutto era in ordine. Le statuine di porcellana si allineavano geometricamente sul davanzale della finestra, tutte voltate dalla stessa parte. E i cuscini sul divano non erano disposti affatto a casaccio, ma intervallati con regolarità sulle fodere chiare di plastica che proteggevano la stoffa. Sui tavolinetti ai due lati del divano si trovavano riviste disposte in pile ordinate, in modo che i titoli fossero ben visibili; su un tavolinetto The Reporter, The Saturday Review, The New Yorker; sull’altro Mademoiselle, House Beautiful e Reader’s Digest.

Sulla parete opposta, di fronte al divano, figurava una riproduzione della «Madre con il bambino» di Picasso entro una cornice scolpita e di fronte a essa, sopra il divano, v’era un dipinto che rappresentava un impetuoso cortigiano del Rinascimento, mascherato, con la spada in pugno, intento a proteggere una spaventata fanciulla dalle gote rosee. Nell’insieme era tutto sbagliato. Come se Alice non riuscisse a decidere chi fosse e in quale mondo volesse vivere.

«Non ti fai vedere al laboratorio da alcuni giorni». ha gridato dalla cucina. «Il professor Nemur è preoccupato a causa tua.»

«Non potevo affrontarli», ho risposto. «So che non ho nessuna ragione di vergognarmi, ma è una sensazione di vuoto non andare al lavoro ogni giorno… non vedere il negozio, i forni, la gente. È troppo per me. Stanotte e l’altra notte ho avuto incubi, ho sognato di annegare.»

Alice ha posato il vassoio al centro del tavolino da caffè… i tovagliolini piegati a triangolo e i pasticcini disposti circolarmente. «Non devi prendertela così a cuore, Charlie. Non ha niente a che vedere con te.»

«Ripetermi questo non mi giova. Quelle persone, per tanti anni, sono state la mia famiglia. È come se mi avessero scacciato da casa mia.»

«Precisamente», ha detto lei. «La cosa si è tramutata in una ripetizione simbolica di esperienze che hai fatte da bambino. L’essere respinto dai tuoi genitori… l’essere mandato via…»

«Oh, Cristo! Lasci stare, non stia ad applicare alla cosa una bella e linda etichetta! L’importante è che prima di sottopormi a questo esperimento avevo amici, persone che si occupavano di me. Ora sono spaventato…»

«Hai ancora amici.»

«Non è la stessa cosa.»

«La paura è una reazione normale.»

«È qualcosa di più. Avevo paura anche prima. Paura di essere preso a cinghiate per non aver voluto cedere con Norma, paura di passare in Howells Street dove la banda di monelli si burlava di me e mi maltrattava. E avevo paura anche della maestra, la signora Libby, che mi legava le mani per impedirmi di giocherellare con gli oggetti sul banco. Ma tutte quelle cose erano reali… e io mi sentivo giustificato nell’averne paura. Questo terrore per essere stato scacciato dalla panetteria è vago, è una paura che non capisco.»

«Controllati.»

«Lei non prova questa sensazione di panico.»

«Ma, Charlie, era prevedibile. Sei un novellino in fatto di nuoto costretto a tuffarti da una zattera e atterrito dall’idea di perdere l’appoggio di solido legno sotto i piedi. Il signor Donner è stato realmente buono con te, e tu hai avuto davvero un rifugio in tutti questi anni. L’essere scacciato così dalla panetteria ha costituito per te un’emozione più grande di quanto tu potessi aspettarti.»

«L’esserne consapevole intellettualmente non serve a nulla. Non posso più rimanere tutto solo in camera mia. Mi aggiro per le strade a ogni ora del giorno e della notte, senza sapere quello che sto cercando… camminando finché non mi smarrisco… e ritrovandomi davanti alla panetteria. Stanotte sono andato a piedi da Washington Square al Central Park e ho dormito nel parco. Che diavolo sto cercando?»