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Vorrebbe fuggire, ma non sa dove andare.

«Perché hai dovuto dirgli proprio questo?» domanda Matt.

«Perché è la verità. Il dottor Guarino può aiutarlo.»

Matt inizia un andirivieni sul pavimento, come chi abbia rinunciato a ogni speranza ma voglia fare un ultimo tentativo di ragionare. «Che cosa ne sai tu? Che ne sai di quell’uomo? Se fosse possibile fare qualcosa, i medici ce lo avrebbero detto già da un pezzo.»

«Non dire così», strilla lei. «Non dirmi che non possono far niente.» Afferra Charlie e si preme contro il petto la testa di lui. «Diventerà normale, qualsiasi cosa dobbiamo fare, per quanto possa costare.»

«Non sono cose che si possano comprare con il denaro.»

«Sto parlando di Charlie. Di tuo figlio… il tuo unico bambino.» Lo dondola da un lato e dall’altro, ormai vicina all’isterismo. «Non voglio sentirti parlare così. Sono ignoranti, e allora dicono che non si può far nulla. Il dottor Guarino mi ha spiegato ogni cosa. Non vogliono appoggiare la sua invenzione, dice, perché dimostrerà che si sbagliano. Proprio come accadde con gli altri scienziati, Pasteur, Jennings e via dicendo. Mi ha detto tutto dei tuoi cari dottori in medicina timorosi del progresso.»

Rispondendo a Matt in questo modo, si distende i nervi e torna ad essere sicura di se stessa. Quando lascia andare Charlie, lui si rifugia in un angolo e rimane in piedi contro la parete, spaventato e tremante.

«Guarda», ella dice, «lo hai sconvolto di nuovo».

«Io?»

«Incominci sempre queste discussioni alla sua presenza.»

«Oh, Cristo! Andiamo, facciamola finita con questa dannata faccenda!»

Durante tutto il tragitto fino allo studio del dottor Guarino evitano di parlarsi. Silenzio sull’autobus e silenzio mentre superano a piedi i tre isolati dalla fermata dell’autobus al palazzo d’uffici in centro. Dopo circa un quarto d’ora il dottor Guarino esce nella sala d’aspetto per salutarli. È grasso, con una calvizie incipiente, e ha l’aria d’essere sul punto di scoppiar fuori del camice. Charlie è affascinato dalle folte sopracciglia bianche e dai baffi bianchi che di tanto in tanto guizzano. A volte sono i baffi a guizzare per primi, seguiti dall’inarcarsi di entrambe le sopracciglia, ma talora le sopracciglia salgono per prime e il guizzo dei baffi viene dopo.

La vasta stanza bianca nella quale Guarino li fa passare sa di pittura recente ed è quasi nuda, due scrivanie a un lato, e all’altro un’enorme macchina con file di quadranti e quattro lunghe braccia simili a trapani da dentista. Accanto ad essa si trova una specie di tavolo operatorio rivestito di cuoio nero, con cinghie spesse e larghe per trattenere i pazienti.

«Bene, bene, bene», dice Guarino inarcando le sopracciglia, «sicché questo è Charlie». Afferra saldamente il bambino per le spalle. «Diventeremo amici.»

«È davvero in grado di fare qualcosa per lui, dottor Guarino?» dice Matt. «Ha mai curato questo genere di disturbi? Non disponiamo di molto denaro.»

Le sopracciglia si abbassano come serrande mentre Guarino si acciglia. «Signor Gordon, ho forse detto qualcosa riguardo a ciò che potrei fare? Non devo prima visitarlo? Forse si può ottenere qualcosa, forse no. Anzitutto dovremo effettuare esami fisici e mentali per accertare le cause della patologia. Avremo tutto il tempo in seguito per parlare di prognosi. In effetti sono occupatissimo in questi giorni. Ho accettato di esaminare questo caso soltanto perché sto eseguendo uno studio speciale su questo genere di ritardi neurali. Ma naturalmente, se lei ha degli scrupoli, allora forse…»

La sua voce si perde malinconicamente nel silenzio, ed egli volta loro le spalle, ma Rose Gordon dà di gomito a Matt. «Mio marito non vuol dire affatto questo, dottor Guarino. Parla troppo.» Di nuovo fissa Matt irosamente per avvertirlo che deve scusarsi.

Matt sospira. «Se lei ha modo di guarire Charlie, faremo tutto quello che vorrà. La situazione economica non è troppo rosea di questi tempi. Io vendo prodotti per barbieri, ma sarò lieto di spendere tutto quello che ho…»

«Devo insistere su una sola cosa», dice Guarino increspando le labbra come per prendere una decisione. «La cura, una volta incominciata, dovrà continuare fino in fondo. In questo genere di casi, i risultati si hanno spesso improvvisamente, dopo lunghi mesi senza alcun indizio di miglioramento. Non che io prometta loro di riuscire, badino. Non c’è niente di certo. Ma devono dar modo alla terapia di agire, altrimenti farebbero meglio a non cominciarla neppure.»

Li fissa accigliato, lasciando che l’ammonimento si imprima nella loro mente, e le sopracciglia sono come bianche serrande di sotto alle quali guardano i vividi occhi azzurri. «E ora, se vogliono uscire e lasciarmi visitare il bambino.»

Matt esita a lasciare Charlie solo con lui, ma Guarino fa un cenno del capo. «È il sistema migliore», dice, conducendoli fuori entrambi nella sala d’aspetto. «I risultati sono sempre più significativi se il paziente e io restiamo soli mentre si eseguono le prove pschiche. Le distrazioni esteriori hanno un effetto deleterio sulle ramificazioni.»

Rose sorride al marito con aria trionfante e Matt la segue rassegnato ed esce.

Rimasto solo con Charlie, il dottor Guarino gli accarezza il capo. Ha un sorriso buono.

«Okay, piccolo. Sul tavolo.»

Poiché Charlie non reagisce, lo prende in braccio, lo pone con dolcezza sul tavolo imbottito di cuoio e lo lega saldamente con le spesse cinghie. Il tavolo sa di sudore, come se il sudore lo avesse impregnato, e di cuoio.

«Mammaaaa!»

«È lì fuori. Non preoccuparti, Charlie. Non sentirai alcun male.»

«Voglio la mia mamma!» Charlie è confuso per essere stato legato in quel modo. Non ha la più pallida idea di quello che gli viene fatto, ma altri medici non sono stati così gentili una volta usciti i suoi genitori.

Guarino cerca di calmarlo. «Sta’ buono, bambino. Non c’è niente di cui aver paura. Lo vedi questo grosso apparecchio? Lo sai a che cosa mi servirà?»

Charlie si fa piccolo, poi ricorda le parole di sua madre. «Mi farà intelligente.»

«Proprio così. Almeno sai per quale ragione ti trovi qui. E adesso chiudi gli occhi e rilasciati mentre io abbasso questi interruttori. Sentirai un gran rumore, come quello di un aeroplano, ma non ti farà alcun male. E staremo a vedere se riusciremo a farti un po’ più intelligente di quello che sei adesso.»

Guarino abbassa l’interruttore che fa ronzare l’enorme apparecchio, mentre luci rosse e blu si accendono e si spengono. Charlie è atterrito. Si fa sempre più piccolo e rabbrividisce, facendo forza contro le cinghie che lo trattengono sul tavolo.

Si mette a gridare, ma Guarino, subito, gli ficca in bocca un bavaglio. «Suvvia, suvvia, Charlie. Non fare così. Fa’ il bravo bambino. Ti dico che non sentirai alcun male.»

Charlie cerca di gridare ancora, ma riesce a emettere soltanto un mugolio soffocato che gli fa venir voglia di vomitare. Sente il bagnato e il viscido intorno alle gambe, e l’odore gli dice che sua madre lo castigherà con una sculacciata e mandandolo in un angolo per essersela fatta addosso. Non ha potuto farci niente. Ogni volta che si sente intrappolato e il panico lo afferra, non sa più controllarsi e se la fa sotto. Una sensazione di soffocamento… di sconvolgimento… di nausea… e tutto si perde nelle tenebre…

Impossibile sapere quanto tempo sia passato, ma quando Charlie riapre gli occhi, non ha più il bavaglio in bocca e le cinghie sono state tolte. Il dottor Guarino finge di non sentire la puzza. «Ebbene, non ti ha fatto male neanche un pochino, vero?»

«N-no…»

«Benissimo, allora perché tremi così? Mi sono limitato ad adoperare questo apparecchio per renderti più intelligente. Che cosa provi essendo più intelligente di prima?»

Dimenticando il terrore, Charlie fissa l’apparecchio con gli occhi spalancati. «Sono diventato intelligente?»