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Mi ha ricordato che, poiché esercitava come psichiatra e neurochirurgo, gli rimaneva pochissimo tempo da dedicare alle lingue. E le sole lingue antiche che sapesse leggere erano il latino e il greco. Non una delle antiche lingue orientali.

Mi sono accorto che a questo punto avrebbe voluto por termine alla conversazione, ma, non so perché, non potevo tacere. Dovevo scoprire tino a dove arrivava la sua cultura.

L’ho scoperto.

Fisica: niente oltre alla teoria dei quanti. Geologia: niente in fatto di geomorfologia o stratigrafia o anche petrografia. Niente sulla teoria micro o macroeconomica. Ben poco di matematica, a parte le nozioni più elementari di calcolo delle variabili, e assolutamente nulla per quanto concerne l’algebra di Banach o i multipli di Riemann. Era la prima avvisaglia delle rivelazioni che mi aspettavano quella settimana.

Non sono riuscito a restare al ricevimento. Me ne sono andato quatto quatto per passeggiare e riflettere. Impostori… tutti e due. Si erano fatti passare per geni. Ma erano soltanto comuni mortali e lavoravano alla cieca, sostenendo di poter fare luce nelle tenebre. Perché mentono tutti? Nessuno che io conosca è come sembra. Mentre voltavo all’angolo, ho intravisto con la coda dell’occhio Burt che mi seguiva.

«Che cosa c’è?» gli ho detto quando mi ha raggiunto. «Mi sta pedinando?»

Ha alzato le spalle e ha riso, un po’ a disagio. «Reperto A, la stella dello spettacolo. Non posso lasciarla investire da uno di questi cowboy motorizzati di Chicago o aggredire e uccidere in State Street.»

«Non mi va di essere sorvegliato.»

Ha evitato il mio sguardo mentre mi camminava accanto, con le mani affondate nelle tasche. «Non te la prendere. Charlie. Il vecchio è sulle spine. Questo congresso ha una grande importanza per lui; è in gioco la sua reputazione.»

«Non sapevo che lei gli fosse così amico», l’ho punzecchiato, ricordando tutte le volte in cui Burt si era lagnato della pignoleria e dell’arrivismo del professore.

«Non gli sono amico.» Mi ha guardato con un’espressione di sfida. «Ma ha dedicato a questo l’intera esistenza. Non è un Freud o uno Jung, un Pavlov o un Watson, ma sta facendo qualcosa di importante e io rispetto la sua dedizione… forse tanto più in quanto è soltanto un uomo comune che si sforza di compiere l’opera di un grand’uomo, mentre i grandi uomini sono tutti impegnatissimi a costruire bombe.»

«Mi piacerebbe sentirle dire in faccia a lui che è un uomo comune.»

«Non ha importanza quello che pensa di se stesso. È senz’altro egocentrico, ma con ciò? Occorre proprio questa specie di egoismo per far sì che un uomo tenti una cosa simile. Ne ho conosciuti abbastanza di uomini come lui per sapere che, mescolata alla loro pomposità e al loro arrivismo, c’è una dose abbastanza notevole, accidenti, di incertezza e di paura.»

«E di impostura e superficialità», ho soggiunto. «Ora li vedo come realmente sono, degli impostori. Di Nemur lo sospettavo già. Mi è sempre sembrato spaventato di qualcosa. Ma Strauss mi ha stupito.»

Burt si è fermato, alitando un lungo pennacchio di vapore. Siamo entrati in una tavola calda per prendere un caffè, e io non ho potuto vederlo in faccia: tuttavia, il suono di quel lungo sospiro mi ha rivelato la sua esasperazione.

«Crede che sbagli?»

«Penso soltanto che tu abbia percorso una lunga strada troppo rapidamente», ha detto. «Possiedi ora un’intelligenza superba, un’intelligenza che non può neppure essere valutata, e hai assorbito più conoscenze di quante ne acquisiscano la maggior parte delle persone nel corso di una lunga esistenza. Ma sei squilibrato. Conosci molte cose. Vedi molte cose. Però in te non vi è stato un analogo sviluppo della comprensione o, mi dispiace servirmi di questa parola, della tolleranza. Tu li definisci impostori, ma quando mai uno di loro ha preteso di essere perfetto o un superuomo? Sono individui comuni. Il genio sei tu.»

Si è interrotto goffamente, accorgendosi a un tratto che mi stava facendo la predica.

«Continui.»

«Hai mai conosciuto la moglie di Nemur?»

«No.»

«Se vuoi capire perché egli è continuamente teso, anche quando le cose vanno bene al laboratorio e all’università, devi conoscere Bertha Nemur. Lo sapevi che è stata lei a procurargli la cattedra? Lo sapevi che si è avvalsa dell’influenza di suo padre per fargli ottenere il finanziamento della Fondazione Welberg? Bene, ora lo ha indotto a questa prematura presentazione del rapporto al congresso. Finché non sei stato dominato da una donna come lei, non credere di poter capire l’uomo che ha una moglie del genere.»

Non ho detto nulla e ho capito che voleva tornare all’albergo. Durante tutto il tragitto abbiamo taciuto.

Sono un genio? Non credo. Non ancora in ogni modo. Come si esprimerebbe Buri, burlandosi degli eufemismi del gergo scolastico, sono eccezionale… un termine democratico impiegato per evitare le etichette compromettenti di dotato e manchevole (che equivalgono a intelligente e ritardato), e non appena eccezionale incomincerà a rivestire un significato per qualcuno, sceglieranno un’altra parola. L’idea sembra essere: adoperate un’espressione soltanto fino a quando non significa niente per nessuno. Eccezionale si riferisce a entrambi gli estremi della gamma, e di conseguenza io sono stato eccezionale per tutta la vita.

Strana questa faccenda della cultura; quanto più progredisco, tanto più mi rendo conto di non aver mai neppure saputo della sua esistenza. Poco tempo fa credevo stupidamente di poter imparare ogni cosa… tutto lo scibile umano. Ora spero soltanto di poter sapere che esiste e di capirne un solo granello.

Ne avrò il tempo?

Burt è irritato con me. Trova che sono impaziente, e anche gli altri debbono pensare la stessa cosa. Ma mi respingono e cercano di tenermi al mio posto. Qual è il mio posto? Chi e che cosa sono adesso? Sono la somma della mia esistenza o soltanto di questi ultimi mesi? Oh. come si spazientiscono quando cerco di parlare della cosa con loro. Non amano riconoscere che non lo sanno. È paradossale che un uomo comune come Nemur abbia la presunzione di dedicarsi alla creazione del genio negli altri. Gli piacerebbe che si pensasse a lui come allo scopritore di nuove leggi dell’apprendimento… l’Einstein della psicologia. E v’è in lui il timore dell’insegnante di essere superato dai suoi allievi, la paura del maestro che i discepoli gettino il discredito sulla sua opera. (Non che io sia. nel vero senso del termine, lo studente o il discepolo di Nemur come lo è Burt.)

Penso che il timore di Nemur di essere smascherato come un uomo che cammina sui trampoli tra giganti, sia comprensibile. Un insuccesso a questo punto lo distruggerebbe. È troppo anziano per poter ricominciare tutto daccapo.

Per quanto sia sconvolgente scoprire la verità a proposito di uomini che avevo rispettato e ammirato, credo che Burt abbia ragione. Non devo spazientirmi troppo con essi. Sono state le loro idee insieme al loro brillante lavoro a rendere possibile l’esperimento. Devo evitare la tendenza naturale a guardarli dall’alto in basso, ora che li ho superati.

Devo rendermi conto che quando essi mi ammoniscono continuamente a parlare e a scrivere con semplicità, affinché le persone che leggeranno questi rapporti possano capirmi, stanno parlando anche di se stessi. Eppure è spaventoso sapere che il mio destino è nelle mani di uomini i quali non sono i giganti ch’io credevo un tempo, di uomini che non conoscono tutte le soluzioni.

13 giugno Sto dettando questo rapporto in preda a una grande tensione emotiva. Ho piantato in asso tutto e tutti. Sono solo su un aereo diretto a New York e non ho idea di quello che farò una volta arrivalo. A tutta prima, lo ammetto, l’idea di un congresso internazionale di scienziati e studiosi, riuniti per uno scambio di idee, mi incuteva un timore reverenziale. Questa, pensavo, era la sede in cui realmente si compiva il miracolo. Qui tutto sarebbe stato diverso dalle sterili discussioni universitarie, perché costoro erano gli uomini giunti ai più alti livelli della ricerca psicologica e dell’istruzione, gli scienziati che scrivevano libri e insegnavano, le autorità citate dal pubblico. Se anche Nemur e Strauss erano uomini comuni che andavano oltre le loro capacità, gli altri, ne avevo la certezza, sarebbero stati diversi.