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Quando è giunto il momento della riunione, Nemur ci ha guidati attraverso il gigantesco vestibolo con il suo arredamento massiccio e baroccheggiante e su per gli enormi scaloni di marmo; siamo così passati attraverso gruppetti sempre più fitti di persone che ci stringevano la mano, ci salutavano con cenni del capo, ci sorridevano. Due altri professori della Beekman, arrivati a Chicago proprio stamane, si sono uniti a noi. I professori White e Clinger camminavano un pochino a destra e un passo o due dietro a Nemur e a Strauss, mentre Burt e io eravamo in coda.

I curiosi si sono separati per aprirci una strada e consentirci di entrare nel grande salone da ballo, e Nemur ha salutato con la mano i giornalisti e i fotografi venuti ad ascoltare personalmente i risultati stupefacenti ch’egli ha ottenuto in poco più di tre mesi con un adulto ritardato.

Nemur, ovviamente, si era già fatto la pubblicità diramando notizie in precedenza.

Alcune relazioni presentate al congresso sono state importanti. Un gruppo di ricercatori dell’Alasca ha dimostrato come la stimolazione di parti diverse del cervello causi uno sviluppo significativo della capacità di apprendimento, e un gruppo della Nuova Zelanda ha individuato le parti del cervello che presiedono alla percezione e alla ritenzione degli stimoli.

Ma vi sono state anche relazioni d’altro genere… lo studio di P. T. Zellerman sulla diversa durata del tempo impiegato dai topi per imparare a muoversi in un labirinto quando i suoi angoli sono curvi anziché a spigolo, o la relazione di Worfel a proposito dell’effetto del livello di intelligenza sul tempo di reazione delle scimmie rhesus. Le relazioni di questo genere mi hanno irritato. Denaro, tempo ed energie sciupate per analisi particolareggiate del banale. Burt aveva ragione quando aveva lodato Nemur e Strauss per essersi dedicati a qualcosa di importante e di incerto, anziché a qualcosa di insignificante ma sicuro.

Se soltanto Nemur mi considerasse un essere umano!

Quando il presidente ha annunciato la presentazione della relazione dell’università Beekman, abbiamo preso posto sulla pedana, dietro il lungo tavolo… Algernon nella sua gabbia, tra Burt e me. Eravamo l’attrazione più importante della serata e dopo che ci siamo sistemati, il presidente ha incominciato la presentazione. Mi aspettavo quasi di sentirlo tuonare: Signoreeee e signorini. Si avvicinino subito da questa parte per assistere a un numero eccezionale! Quialcosa che non si è mai visto nel mondo scientifico! Un topo e un deficiente trasformati in geni sotto i vostri stessi occhi!

Confesso ch’ero venuto in preda a uno stato d’animo bellicoso.

Invece si è limitato a dire: «La prossima relazione non ha bisogno in realtà di alcuna presentazione. Abbiamo tutti sentito parlare del lavoro stupefacente svolto all’università Beekman, con l’appoggio della Fondazione Welberg e la direzione del preside della facoltà di psicologia professor Nemur, in collaborazione con il dottor Strauss del Centro neuropsichiatrico della Beekman. Inutile dirlo, è questa una relazione che noi tutti abbiamo atteso con sommo interesse. Cedo la parola al professor Nemur e al dottor Strauss».

Nemur ha ringraziato graziosamente con un cenno del capo per la presentazione elogiativa del presidente e, nel trionfo del momento, ha strizzato l’occhio a Strauss.

Il primo oratore della Beekman è stato il professor Clinger.

Incominciavo a irritarmi e vedevo che Algernon, disturbato dal fumo, dal ronzio, dall’ambiente inconsueto, si aggirava nervosamente nella gabbia. Ho provato lo stranissimo impulso di aprire lo sportellino e di lasciarlo uscire. Era un’idea assurda, più un prurito che un pensiero, e ho cercato di ignorarla. Ma mentre ascoltavo la stereotipata relazione del professor Clinger su «Gli effetti delle cassette a mèta sinistrorsa in un labirinto a T rispetto alle cassette a mèta destrorsa in un labirinto a T», mi sono sorpreso a giocherellare con il meccanismo della chiusura a scatto della gabbia di Algernon.

Di lì a poco (prima che Strauss e Nemur rivelassero il loro supremo successo), Burt avrebbe letto una relazione che descriveva le procedure e i risultati dei test di apprendimento e di intelligenza da lui escogitati per Algernon. Questa lettura sarebbe stata seguita da una dimostrazione e Algernon avrebbe risolto un problema per avere il suo pasto (una cosa che non ha mai smesso di esasperarmi).

Non ch’io avessi qualcosa contro Burt. Era sempre stato schietto con me, più di quasi tutti gli altri, ma quando ha descritto il topolino bianco al quale era stata data l’intelligenza, mi è sembrato pomposo e artificioso come Nemur e Strauss. Quasi stesse provandosi la toga dei suoi maestri. Mi sono trattenuto, a questo punto, più per amicizia nei suoi riguardi che per altro. Lasciare uscire Algernon dalla gabbia avrebbe significato provocare il caos, e in fin dei conti questo era il debutto di Burt nella corsa di topi della carriera accademica.

Tenevo il dito sulla chiusura a scatto dello sportello della gabbia e, ne sono sicuro, mentre Algernon fissava il movimento della mia mano con gli occhietti rosa-caramella, sapeva quello che avevo in mente. In quel momento Burt ha preso la gabbia per fare la dimostrazione. Ha spiegato quanto è complicata la serratura e quale capacità di risolvere problemi occorra ogni volta che deve essere aperta. (Sottili chiavistelli di plastica si spostano in modi diversi e debbono essere azionati dal topo, che abbassa una serie di leve nello stesso ordine.) Man mano che l’intelligenza di Algernon si era accresciuta, la sua rapidità nel risolvere i problemi era aumentata… e questo è ovvio. Ma poi Burt ha rivelato una cosa che io ignoravo.

Una volta raggiunto il culmine dell’intelligenza, il rendimento di Algernon era divenuto variabile. V’erano momenti, stando alla relazione di Burt, in cui Algernon si rifiutava completamente di lavorare, anche quando, apparentemente, era affamato, e altri momenti in cui risolveva il problema, ma invece di consumare il cibo che costituiva la ricompensa sì gettava contro le pareti della gabbia.

Quando uno degli ascoltatori ha domandato a Burt se ne deducesse che questo comportamento capriccioso fosse causato direttamente dall’accresciuta intelligenza, Burt ha aggirato la domanda. «Per quanto mi concerne», ha detto. «non esistono prove sufficienti per convalidare tale conclusione. Vi sono altre possibilità. È possibile che tanto l’accresciuta intelligenza quanto il comportamento imprevedibile a questo livello siano stati determinati dall’intervento chirurgico iniziale, anziché essere l’una in funzione dell’altro. È possibile inoltre che questo comportamento capriccioso sia tipico di Algernon. Non lo riscontriamo in nessuno degli altri topi ma, d’altro canto, nessuno di essi è pervenuto a un livello di intelligenza così alto né lo ha mantenuto a lungo come Algernon.»

Mi sono reso conto immediatamente che questo particolare mi era stato nascosto. Ne ho sospettato il motivo, e la cosa mi ha irritato, ma tutto ciò non era nulla in confronto all’ira che ho provato quando hanno proiettato i film.

Non avevo mai saputo che i miei primi test in laboratorio erano stati filmati. Eccomi là, al tavolino accanto a Burt. confuso e a bocca aperta mentre cercavo di seguire il labirinto con lo stilo elettrico. Ogni volta che sentivo la scossa, la mia espressione mutava divenendo una smorfia assurda a occhi sbarrati, per essere poi nuovamente sostituita dal sorriso ebete. Ogni volta che ciò accadeva, tutti i presenti scoppiavano in una risata. Un labirinto dopo l’altro, la situazione si ripeteva, e ogni volta tutti la trovavano ancor più comica di prima.