Quanto ero assurdo stando seduto lì, nella sua bottega, aspettando che mi accarezzasse sul capo e dicesse: «Bravo figliolo». Volevo la sua approvazione, l’espressione soddisfatta che gli illuminava un tempo la faccia quando riuscivo ad allacciarmi le scarpe e ad abbottonarmi il maglione. Ero venuto sin lì proprio per vedere quell’espressione, ma sapevo che non l’avrei vista.
«Vuole che chiami un medico?»
Non ero suo figlio. Ero un altro Charlie. Intelligenza e cultura mi avevano cambiato, ed egli mi avrebbe trovato odioso, come mi trovavano odioso quelli della panetteria, perché i miei progressi lo sminuivano. Non volevo che questo accadesse.
«Sto bene», ho risposto. «Mi spiace di averle arrecato disturbo.» Mi sono alzato mettendo alla prova le gambe. «Qualcosa che ho mangiato. Ora potrà chiudere.»
Mentre mi dirigevo verso la porta la sua voce mi ha gridato dietro, aspra: «Ehi, aspetti un momento!» Mi ha guardato negli occhi, insospettito. «Che tiro sta cercando di combinarmi?»
«Non capisco.»
Tendeva la mano, strofinando l’uno contro l’altro il pollice e l’indice.
«Mi deve tre dollari e mezzo.»
Mi sono scusato pagandolo, ma ho visto che non mi credeva. Gli ho dato cinque dollari, gli ho detto di tenere il resto e mi sono affrettato a uscire dalla sua bottega di barbiere senza voltarmi indietro.
21 giugno Ho aggiunto sequenze temporali di crescente complessità al labirinto tridimensionale, e Algernon le impara con facilità. Non v’è alcuna necessità di dargli una motivazione con cibo e acqua; sembra che impari per il piacere di risolvere il problema… e a quanto pare la sua ricompensa è il successo.
Ma, come ha fatto rilevare Burt al congresso, si comporta in modo imprevedibile. A volte, dopo aver percorso il labirinto o anche mentre lo sta percorrendo, si infuria, si getta contro le pareti, oppure si raggomitola rifiutandosi di continuare. Frustrazione? O qualcosa di più profondo?
Ore 17.30 Quella pazza di Fay è entrata passando per la scala antincendio, nel pomeriggio, con una topolina bianca più piccola della metà di Algernon, perché gli tenga compagnia, ha detto, in queste solitarie notti d’estate. Ha sormontato subito tutte le mie obiezioni e mi ha persuaso che avrebbe fatto bene ad Algernon avere una compagnia. Dopo essermi assicurato che la piccola «Minnie» era sana, anche moralmente, ho accettato. Ero curioso di vedere che cosa avrebbe fatto Algernon posto di fronte a una femmina. Ma non appena abbiamo messo Minnie nella sua gabbia, Fay mi ha afferrato per un braccio e mi ha trascinato fuori della stanza.
«Dov’è il suo senso del romanticismo?» ha detto. Poi ha acceso la radio e si è diretta verso di me in atteggiamento minaccioso. «Le insegnerò i passi più recenti.»
Come ci si può arrabbiare con una giovane donna come Fay?
In ogni modo, sono contento che Algernon non sia più solo.
23 giugno Ieri sera tardi uno scoppio di risate nel corridoio e poi qualcuno ha bussato alla porta del mio appartamento.
Era Fay con un uomo.
«Salve, Charlie», ha ridacchiato vedendomi. «Leroy, ti presento Charlie. È il mio vicino di casa. Un artista meraviglioso. Ha eseguito una scultura con un elemento vivo.»
Leroy l’ha sostenuta, impedendole di urtare contro la parete. Mi ha guardato nervosamente, farfugliando un saluto.
«Ho conosciuto Leroy alla sala da ballo Polvere di Stelle», ha spiegato lei. «È un ballerino fantastico.» Ha fatto per entrare in casa sua e poi ha tirato indietro Leroy. «Ehi», ha ridacchiato, «perché non invitiamo Charlie a bere qualcosa e non organizziamo una festicciola?»
Leroy non pensava che fosse una buona idea.
Sono riuscito a inventare un pretesto e a liberarmi. Stando dietro la porta chiusa li ho uditi ridere mentre entravano nel suo appartamento, e sebbene mi sia sforzato di leggere, immagini hanno continuato a penetrare a forza nella mia mente: un grande letto bianco… candide e fresche lenzuola e loro due abbracciati.
Avrei voluto telefonare ad Alice, ma non l’ho fatto. Perché tormentarmi? Non riuscivo neppure a rivederne il viso. Potevo raffigurarmi Fay, vestita o spogliata, a piacere, con i suoi vividi occhi azzurri e i capelli biondi intrecciati e avvolti intorno al capo come una corona. L’immagine di Fay era limpida, quella di Alice avvolta nella nebbia.
Circa un’ora dopo ho udito un alterco nell’appartamento di Fay, poi il grido di lei e tonfi di oggetti scaraventati contro qualcuno, ma mentre stavo per scendere dal letto e andare a vedere se avesse bisogno di aiuto, ho sentito la porta sbattere… e Leroy imprecare mentre se ne andava. Poi, pochi minuti dopo, qualcuno ha bussato alla finestra del mio soggiorno. Era aperta e Fay è entrata e si è messa a sedere sul davanzale, con un kimono di seta nera che le rivelava le belle gambe.
«Salve», ha bisbigliato. «Ha una sigaretta?»
Gliene ho data una e lei è scesa dal davanzale ed è andata a mettersi sul divano. «Auff!» ha sospirato. «Di solito so badare a me stessa, ma ci sono tipi così famelici che ce ne vuole per farli stare al loro posto.»
«Oh», ho detto io, «se l’è portato in casa per farlo stare al suo posto».
Ha alzato gli occhi di scatto al mio tono di voce. «Non approva?»
«Chi sono io per disapprovarla? Ma se lei pesca un tipo in una pubblica sala da ballo deve pure aspettarsi degli approcci. Aveva il diritto di farsi avanti.»
Ha scosso la testa. «Vado alla sala da ballo Polvere di Stelle perché mi piace ballare e non vedo per quale ragione se porto a casa un tizio devo lasciarlo venire a letto con me. Non crederà che sia andata a letto con lui, vero?»
La mia immagine di loro due, l’uno nelle braccia dell’altra, è scoppiata come una bolla di sapone.
«Certo, se il tizio fosse lei», ha soggiunto, «la cosa sarebbe diversa».
«Che cosa intende dire?»
«Né più né meno quello che ho detto. Se me lo chiedesse verrei a letto con lei.»
Ho cercato di conservare la mia compostezza. «Grazie», ho mormorato. «Lo terrò presente. Posso offrirle una tazza di caffè?»
«Charlie, non riesco a capirla. In genere agli uomini piaccio o non piaccio, e lo capisco subito. Ma lei sembra aver paura di me. Non è un omosessuale, per caso?»
«Diavolo, no!»
«Voglio dire che non deve nascondermelo se lo è, perché in questo caso potremmo essere semplicemente buoni amici. Ma preferirei saperlo.»
«Non sono un omosessuale. Questa sera, quando è entrata in casa sua con quel tale, ho desiderato essere lui.»
Si è protesa in avanti e il kimono, aperto sul collo, le ha rivelato il seno. Mi ha abbracciato, aspettando ch’io facessi qualcosa. Sapevo che cosa si aspettava da me e mi son detto che non c’era ragione di non farlo. Avevo la sensazione che non sarei stato preso dal panico adesso… non con lei. In fin dei conti, non ero io a prendere l’iniziativa. E inoltre, sembrava diversa da ogni donna che avevo conosciuta. Forse andava bene per me a quel livello emotivo.
L’ho allacciata alla vita.
«Così è diverso», ha tubato. «Incominciavo a pensare di esserti indifferente.»
«Non mi sei indifferente», ho bisbigliato baciandole la gola. Ma mentre la baciavo ho visto me e lei come se fossi stato una terza persona in piedi sulla soglia. Guardavo un uomo e una donna abbracciati. Ma il vedermi in quel modo, da lontano, mi ha reso freddo. Mancava il panico, questo sì, ma non v’era neppure alcuna eccitazione… non v’era alcun desiderio.
«Da te o da me?» ha domandato Fay.
«Aspetta un momento.»
«Che cosa c’è?»
«Forse sarà meglio non farne niente. Non mi sento bene questa sera.»
Mi ha guardato con un’espressione interrogativa. «C’è qualcos’altro?… Qualcosa che vuoi ch’io faccia?… Non m’importa…»