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«Avevo bisogno di lei», ho detto, «e in un certo senso lei aveva bisogno di me, ed essendo vicini di casa, be’, eravamo a portata di mano, ecco tutto. Ma non direi che si tratta d’amore… non è la stessa cosa che esiste tra noi».

Alice ha abbassato gli occhi guardandosi le mani e si è accigliata. «Non sono sicura di sapere che cosa esiste tra noi.»

«Qualcosa di così profondo e importante che Charlie, dentro di me, è atterrito ogni volta, quando si profila la possibilità ch’io faccia all’amore con te.»

«E con lei no?»

Ho alzato le spalle. «Ecco perché so che con lei non è importante. Non ha un’importanza così grande da far sì che Charlie venga preso dal panico.»

«Magnifico!» ha riso. «E ironico quanto mai. Quando parli di lui in questo modo, lo odio per essersi interposto tra noi. Credi che ti permetterà mai… che ci permetterà…»

«Non lo so. Lo spero.»

L’ho lasciata sulla porta. Ci siamo scambiati una stretta di mano, eppure, strano a dirsi, è stata una cosa più segreta e più intima di un abbraccio.

Sono tornato a casa e ho fatto all’amore con Fay. ma seguitando a pensare ad Alice.

27 luglio Sto lavorando ventiquattr’ore su ventiquattro. Nonostante le proteste di Fay, ho fatto portare una brandina in laboratorio. Fay è diventata troppo possessiva e odia il mio lavoro. Credo che potrebbe tollerare un’altra donna, ma non una dedizione così completa a qualcosa che non riesce a capire. Temevo che saremmo arrivati a questo, ma non ho più pazienza con lei, ormai. Sono geloso di ogni momento trascorso lontano dal lavoro… impaziente con chiunque cerchi di rubarmi tempo.

Sebbene quando scrivo mi limiti quasi esclusivamente ad appunti che conservo in una cartella a parte, di quando in quando sono costretto ad accennare ai miei stati d’animo e ai miei pensieri, per la pura forza dell’abitudine.

Il calcolo dell’intelligenza è uno studio affascinante. In un certo senso è questo il problema al quale mi sono interessato per tutta la vita. È questo il settore al quale possono essere applicate tutte le conoscenze da me acquisite.

Il tempo assume ora un’altra dimensione… è lavoro e assorbimento nella ricerca di una soluzione. Il mondo intorno a me e il mio passato appaiono remoti e deformati, come se il tempo e lo spazio fossero pasta per caramelle stiracchiata e annodata e contorta. Le sole cose reali sono le gabbie e i topi e l’attrezzatura del laboratorio, qui al quarto piano dell’edificio principale. Non esistono né la notte né il giorno. Devo comprimere un’intera vita di ricerche in poche settimane. So che dovrei riposare, ma non posso fino a quando non avrò saputo la verità su quanto sta accadendo.

Alice mi è adesso di grande aiuto. Mi porta panini imbottiti e caffè, ma non chiede nulla.

A proposito della mia percezione: tutto è netto e chiaro, ogni sensazione acuita e illuminata per cui i rossi, i gialli e i blu splendono. Dormire qui mi fa uno strano effetto. Gli odori degli animali da laboratorio, cani, scimmie, topi, mi riportano indietro alle mie reminiscenze, ed è difficile stabilire se sto sperimentando nuove sensazioni o rievocando il passato. Non è possibile stabilire che cosa sia ricordo e che cosa esista nel presente… per cui viene a formarsi uno strano miscuglio di memoria e di realtà; passato e presente; reazione a stimoli accumulati nei miei centri cerebrali e reazione a stimoli esistenti in questa stanza. È come se tutte le cose che ho imparato si fossero fuse in un universo di cristallo che ruota dinanzi a me, per cui posso vederne tutte le sfaccettature riflesse in radiosi sprazzi di luce…

Una scimmia seduta al centro della sua gabbia mi sta fissando con occhi sonnacchiosi e si strofina le guance con mani rattrappite da vecchietto… cii… ciii… ciii… poi si stacca con un balzo dalla rete metallica della gabbia e va a posarsi sull’altalena in alto, dove altre scimmie se ne stanno appollaiate fissando ottuse il vuoto. Urinano, defecano, fanno aria, mi fissano è ridono… ciiii… ciiiii… ciiiii…

E saltellano qua e là, spiccano balzi, capriolano, si dondolano e cercano di ghermire la coda delle altre, ma quella sulla sbarra seguita a spostarla senza fare storie, fuori di portata. Bella scimmia… scimmia graziosa… con grandi occhi e la coda guizzante. Posso darle una nocciolina?… No, il sorvegliante si metterebbe a urlare. Quel cartello dice che è vietato dar da mangiare agli animali. Questo è uno scimpanzé. Posso accarezzarlo? No. Voglio accarezzare lo scimpanzé. Lascia stare, vieni a vedere gli elefanti.

Fuori, la folla di gente illuminata dal sole è vestita come la primavera.

Algernon giace nei suoi escrementi, senza muoversi, e i fetori sono più forti che mai. Che cosa sarà di me?

28 luglio Fay ha un nuovo amico. Sono tornato a casa ieri sera per stare con lei. Volevo prima entrare nel mio appartamento a prendere una bottiglia e poi passare dalla scala antincendio. Per fortuna ho guardato prima di farmi avanti. Erano insieme sul divano. Strano, in realtà me ne infischio. È quasi un sollievo.

Sono tornato in laboratorio a lavorare con Algernon. Vi sono momenti in cui esce dal letargo. Periodicamente, percorre un labirinto mobile, ma quando sbaglia e viene a trovarsi in un vicolo cieco reagisce con violenza. Non appena arrivato in laboratorio ho guardato dentro la gabbia. Era vispo e mi si è avvicinato come se mi avesse riconosciuto. Sembrava smanioso di lavorare e quando l’ho fatto passare per la porticina tra le reti metalliche del labirinto, ha percorso rapidamente i passaggi fino alla cassetta delle ricompense. Per due volte ha percorso il labirinto senza commettere errori. La terza volta è arrivato a metà, si è fermato a una intersezione e poi, con un movimento guizzante, ha imboccato la svolta sbagliata. Immaginavo quel che sarebbe accaduto e avrei voluto chinarmi a prenderlo prima che finisse in un vicolo cieco. Ma mi sono dominato, continuando a guardare.

Quando è venuto a trovarsi in un percorso sconosciuto, ha rallentato e i suoi movimenti sono diventati caotici: partenza, sosta, inversione di marcia, giro su se stesso, poi di nuovo avanti, finché in ultimo è venuto a trovarsi in un cul-de-sac il quale, con una lieve scossa, lo ha informato che aveva commesso un errore.

A questo punto, invece di tornare indietro per trovare una via diversa, ha incominciato a muoversi in circolo, squittendo come una puntina di fonografo che raschi trasversalmente ai solchi. Si è gettato contro le pareti del labirinto più e più volte, balzando in alto, contorcendosi all’indietro, ricadendo e ricominciando. Per due volte le unghie gli sono rimaste impigliate nella rete metallica in alto, ha squittito selvaggiamente, poi si è liberato e ha tentato ancora, senza speranza. Infine si è fermato e si è raggomitolato formando una piccola palla tesa.

Quando l’ho preso in mano non ha tentato affatto di muoversi ma è rimasto in quello stato assai simile a un torpore catatonico. Quando gli muovevo la testa o le zampe, rimanevano nella nuova posizione simili a cera. L’ho rimesso nella gabbia e sono rimasto a osservarlo finché il torpore non è passato e ha ricominciato a muoversi normalmente qua e là.

A eludermi è la ragione del suo regresso… si tratta di un caso speciale? Di una reazione isolata? O esiste una causa fondamentale di insuccesso nell’intera procedura? Devo scoprirlo.

Se riuscirò ad accertarlo, e se ciò aggiungerà anche soltanto una briciola di nuove nozioni a tutto ciò che è già stato scoperto sul ritardo mentale e sulla possibilità di aiutare altri individui come me, mi riterrò soddisfatto. Qualsiasi cosa possa accadermi, avrò vissuto un migliaio di esistenze normali con ciò che potrò dare agli altri non ancor nati.

E questo mi basterà.

31 luglio Sono sull’orlo della scoperta. Lo sento. Pensano tutti che continuando con questo ritmo finirò con l’uccidermi, ma non capiscono ch’io sto vivendo a un culmine di chiarezza e di bellezza delle quali non avevo mai immaginato l’esistenza. Ogni parte di me è accordata con il lavoro. Lo assorbo attraverso i pori di giorno e durante la notte, nei momenti che precedono il sonno, idee esplodono nella mia mente come fuochi d’artificio. Non esiste felicità più grande della soluzione di un problema che si presenta inaspettatamente.